IL DUCETTO SABOTATORE – LA MOSSA DELLE FINTE DIMISSIONI PER BLOCCARE L’INTESA FRANCESCHINI-GRILLO – RENZI BLOCCA IL NEGOZIATO CON I CINQUE STELLE PER PORTARE ZANDA ALLA PRESIDENZA DEL SENATO – AL NAZARENO NESSUNO CREDE CHE FARA’ IL SENATORE DEL COLLEGIO DEL MOSTRO DI FIRENZE

 

Tommaso Ciriaco per la Repubblica

 

MATTEO RENZI CON MERCEDES

<Ragazzi, ma vi pare che facciamo un accordo con Grillo? Saremmo morti, finiti. Diventeremmo come il Pasok greco, destinati all' estinzione. Mentre loro farebbero Tsipras». Lo studio di Matteo Renzi è insieme bunker per difendersi dai nemici interni e giaciglio improvvisato per superare una notte elettorale insonne. Il leader si circonda di fedelissimi. Discute al telefono con Paolo Gentiloni e Marco Minniti. Cerca sostegno. Incita. Litiga. Si abbatte. Cambia idea.

 

Ma a sera decide di combattere, fino alla fine. «Il punto è la linea politica - ripete ai suoi - L' ho spiegato a Franceschini e agli altri, che lavoravano all' accordo con i grillini: è uno scenario che ci ammazza. Poi capisco che c' era chi voleva ragionare con il Movimento soltanto per ottenere la presidenza di una delle due Camere...». La tesi, così gli hanno sussurrato all' orecchio i suoi, è che il "comitato di salute pubblica" guidato da Dario Franceschini e Luigi Zanda abbia già stretto un patto con i cinquestelle per promuovere alla Presidenza del Senato proprio Zanda. Ecco, è a questo punto che il segretario giura di essersi messo di traverso.

gentiloni renzi

 

I capelli sembrano più grigi del solito. E d' altra parte il quesito che assilla il segretario non conosce scorciatoie: come trasformare la più grave sconfitta della storia del Pd in un rilancio? Serve una notte e un giorno intero per elaborare il piano. Spregiudicato, senza dubbio. Ad alto rischio. Fondato sulla certezza che buona parte dei gruppi parlamentari resteranno fedeli, e che la direzione nazionale non si rivolterà in blocco contro chi soltanto quattro anni fa l' aveva condotta oltre il 40%. «Io caminetti non ne faccio. Reggenti neanche. Facciamo il congresso. Cosa posso fare di più? Sono lineare, tranquillo».

 

renzi franceschini

Non tutti la pensano così, al Nazareno. Pensano che abbia varcato il Rubicone. I suoi centurioni - Luca Lotti e Lorenzo Guerini e Matteo Orfini - lo marcano stretto tutto il giorno. E lo aiutano a tracciare la scaletta: lunedì la direzione, poi i mesi di crisi politica fino al nuovo governo, infine l' avvio del percorso congressuale. Chissà quando, però: «Ma no - si difende in privato - tutti vedranno che i tempi non sono così lunghi. E chi di loro si vuole candidare, si candiderà».

 

Lo accusano di tutto, in queste ore. Anche di aver annunciato dimissioni farlocche, che neanche lunedì saranno sul tavolo della direzione nazionale, ma che diventeranno effettive soltanto all' avvio ufficiale del percorso congressuale. «Io non ho problemi, ho già spiegato a tutti che mi dimetto - sostiene rinchiuso al Nazareno - Lunedì, il giorno prima, il giorno dopo: cosa cambia? Ho detto che farò il senatore semplice di Scandicci. Sono fuori dai giochi, ragazzi».

luigi zanda

 

Ci credono in pochi, per la verità. Non sembra un leader che medita di dedicarsi alla pensione anticipata, ad ascoltalo in conferenza stampa mentre picchia sul Quirinale e sugli «amici dirigenti del Pd». Certo è che sarà lui a gestire la partita delle consultazioni. Con i capigruppo che pescherà tra i renziani più in vista. E forse anche salendo personalmente da Mattarella per discutere del nuovo esecutivo. «Ma guardate che ho detto al resto del partito che ero disposto a costituire una delegazione per andare al Colle. E che posso anche non andare personalmente al Quirinale. Non ho problemi, in un senso o nell' altro».

 

LUIGI DI MAIO CON UNA FAN

Non molla, insomma. Saranno le migliaia di mail che assicura di aver ricevuto in queste ore. Sarà anche che non ha voglia di darla vinta alle trame di quegli «ambienti romani» che aveva denunciato alla vigilia. E poi c' è la volontà di impedire il trionfo dell' arcinemico Di Maio, perché no? «Io l' accordo con quelli che ci insultavano non lo faccio».

 

Deve però affidarsi ancora una volta al pallottoliere. Rifare una conta interna che dopo la sconfitta può diventare pericolosa. Dopo gli attacchi ricevuti da Zanda, prende l' iPhone e inizia a mandare sms fotocopia ai suoi. Chiede un pegno di fedeltà: «Rispondete per me alle accuse che mi stanno rivolgendo». I più fedeli escono allo scoperto, gli altri entrano in un baleno nel libro grigio dei sospetti.

 

Sopravvivenza o defenestrazione, si deciderà tutto in pochi giorni. Ferito, il leader non ha voglia di ritirarsi per sempre. «Forse non hanno capito con chi hanno a che fare...», risponde a chi lo incita alla trincea. A qualcuno viene in mente anche di candidarlo come capogruppo al Senato. «No, almeno questo no...», smentisce categoricamente. Ma in tempi di guerra esiste anche la pretattica.

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…