DUELLO GRASSO-BRUNETTA – COME E’ FACILE FARE LA CRITICA TV CON IL CULO DEGLI ALTRI

1 - LA PAR CONDICIO DI BRUNETTA CHE SI È SCOPERTO CRITICO TV
Aldo Grasso per il "Corriere della Sera" del 7 luglio 2013

Uno non può assentarsi un attimo che subito ti fregano il mestiere. Mi riferisco all'onorevole Renato Brunetta che si è reinventato critico televisivo.
Oggetto della sua spietata analisi il programma «Ballarò»: «Floris è di certo il miscelatore più potente e furbo tra i giornalisti-conduttori della Rai ma non solo. Infila nel suo programma "Ballarò", caposaldo dell'informazione politica di Raitre, ingredienti di ogni tipo, per ricavarne un sapore unico, omogeneizzato al suo pensiero di democratico bersaniano con scivolamenti all'estrema sinistra».

E giù numeri, a dimostrare la faziosità del talk. E giù considerazioni di carattere retorico, a riprova delle manipolazioni insite nel programma. Maurizio Crozza, per esempio, ha il compito iniziale di deridere l'ospite «di destra» in modo che lo spettatore lo viva come una caricatura. Brunetta cita persino Umberto Eco e la sua nozione di «censura additiva» (l'eccesso di informazione è una nuova forma di inquinamento). Vorrebbe imporre una dura par condicio anche alla satira, alla filosofia, alla storia, alla filologia.

Brunetta guida la delegazione del Pdl in Commissione di Vigilanza Rai (un'istituzione tardo sovietica). Così ogni giorno ha modo di intervenire sull'abbagliante mondo della tv. La cosa che più stupisce, però, è che egli mostra una concezione del Servizio pubblico molto vecchia, poco consona alle sue idee liberali: Floris, Fazio, Vespa hanno diritto di invitare chi vogliono.

L'equivoco di fondo è che il Servizio pubblico esiste solo in quanto alibi del pluralismo, il volto nobile della lottizzazione. È proprio in nome del pluralismo che ogni partito continua a reclamare la sua quota, i suoi dirigenti, persino i suoi invitati.
Se la governance di Viale Mazzini fosse scelta per autorevolezza e professionalità, noi dovremmo giudicare le linee editoriali nel loro complesso, non le alchimie dei singoli programmi.

Però, va dato atto a Brunetta di una nobile decisione: non lo vedremo più nei programmi Rai. Perché se ricopri nello stesso tempo il ruolo di controllore e di controllato non sei più credibile.


2 - BRUNETTA: «LA RAI SIA AUTONOMA, MA NON DALLA LEGGE»
Lettera di Renato Brunetta al "Corriere della Sera"

Caro direttore,
il professor Aldo Grasso ha ragione. Ha ragione nel mondo del dover essere. In uno Stato liberale quale il suo collaboratore auspica non c'è spazio per una rete televisiva incatenata a norme che definiscano il pluralismo e la par condicio. Nel mondo reale esiste però una televisione di Stato, esiste un contratto di servizio, ci sono norme che vanno rispettate. Un buon motto liberale credo sia anche il «pacta sunt servanda».

E se un conduttore o giornalista pensa sia un patto leonino, lo dichiari, lo violi e se ne assuma la responsabilità. La Commissione di Vigilanza si occupa di verificare se la Rai si attenga alla sua natura di servizio pubblico, e il criterio è vedere non se rispetta soltanto uno spirito della legge che la retorica può tirare di qua o di là a seconda di simpatie e gusti, ma se banalmente si situi o no nella legalità. La quale sarà senz'altro figlia di un'idea di pluralismo equivalente a lottizzazione, ma "parva lex, sed lex".

Ricordo che Aldo Grasso polemizzando invero molto acidamente con Augusto Minzolini nel momento in cui fu allontanato dalla guida del Tg1, non disse una parola per ricordare che proprio in base al criterio della bilancia delle presenze l'Agcom condannò il suo telegiornale a una multa salata.

Grasso scrisse: «A fazioso succede fazioso, al congenito opportunismo la vanesia disponibilità dei singoli, fino a quando la Rai non troverà una sua autonomia. Se mai la troverà». Io ho dimostrato, analizzando i dati, quello che già balzava agli occhi osservando le trasmissioni di Annunziata, Fazio e Floris. Faziose, faziosissime. La Rai è bene trovi autonomia, ma finché è televisione di Stato non può essere autonoma dalla legge. Purtroppo troppe forze si oppongono alla privatizzazione, che io auspico, di almeno due reti generaliste su tre.

Finché va così Brunetta farà il suo lavoro di controllore. Sia chiaro, controllore, non giudice. A valutare e sanzionare è l'Autorità garante della comunicazione. Il mio compito di controllore deve comportare la rinuncia ad apparire nei programmi della Rai, come auspica Grasso? Comunque vada credo che sia il sottoscritto sia il telespettatore reggeranno il colpo.
Renato Brunetta
Capogruppo Pdl alla Camera

Risposta di Aldo Grasso
Se «pacta sunt servanda», se «parva lex, sed lex», cominciamo a compiere piccoli passi: i membri della Commissione di Vigilanza Rai non possono prendere parte a programmi della stessa Rai. Un bell'esempio, il resto verrà, si spera.

 

 

 

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