DOPO IL VAFFA DELLA MERKEL, MONTI SENTE ARIA DI FALLIMENTO E CERCA AIUTO DALLA FINANZA INGLESE - ANCHE IN CASA, RINCULA. LA NUOVA BOZZA SULLE LIBERALIZZAZIONI E’ PIENA DI BOZZI: SCOMPARE L’ART.18 E LO SCORPORO DI POSTE (PER LA GIOIA DEI SINDACATI E DELL’EX POSTINO PASSERA) - RIMANDATI GLI INTERVENTI SUI POTERI FORTI (VEDI ENI E RETE FERROVIARIA) - IL PAESE SVENDUTO ALLE LOBBY DEI PETROLIERI: TRIVELLAZIONE LIBERA NEL TERRITORIO NAZIONALE E VICINO ALLE COSTE…

Stefano Feltri e Marco Palombi per il "Fatto quotidiano"

È l'ultimo alleato rimasto, l'unico con cui permettersi perfino un sorrisetto ironico quando si parla di Angela Merkel in conferenza stampa. Mario Monti incontra il premier inglese David Cameron e, da Londra, annuncia: "È nell'interesse dell'Inghilterra e dell'Italia, dei due paesi, lavorare insieme per un mercato singolo, unico e credibile. Sarà uno strumento per la crescita economica". Come sempre le missioni europee di Monti hanno un doppio registro, diplomazia finanziaria e marketing.

Nell'incontro con Cameron, Monti cerca la sponda inglese nel costruire un fronte anti-tedesco che consideri l'Europa accomunata più dal mercato unico che dalle lacrime e sangue fiscali imposti dalla Merkel. Ma deve farlo senza irritare il cancelliere: "L'Italia non chiede niente a nessuno.

Noi non chiediamo nulla alla Germania, ma va migliorata la governance dell'Eurozona che non è adeguata alla sfida". Il Financial Times, alfiere del declinante ideale del libero mercato, lo sostiene e ieri ha pubblicato in una paginata la versione estesa del colloquio anticipato il giorno precedente.

Poi c'è il marketing: Monti ha passato più tempo con i referenti della comunità finanziaria della City londinese, lunghi colloqui riservatissimi, che con i politici. Lo scopo è sempre lo stesso: sovrapporre la credibilità personale a quella del debito pubblico italiano. Stesso obiettivo ha la lezione alla London School of Economics, consolidare l'aura professorale di Monti combinata con una popolarità che resiste, come nota lo stesso premier commentando la platea "non del tutto vuota". All'estero tutto bene. Ma è chiaro che questa luccicante immagine internazionale rischia di incrinarsi se i risultati domestici non sono all'altezza delle promesse.

Ieri è circolata una bozza ormai quasi definitiva del decreto liberalizzazioni da approvare domani in Consiglio dei ministri. È cambiato molto rispetto alle prime versioni, non c'è la rivoluzione liberale ma alcune novità sì. È scomparsa la modifica dell'articolo 18, che avrebbe compromesso ogni dialogo con i sindacati.

Ed è svanita pure la privatizzazione del Bancoposta che resta nel perimetro di Poste Italiane con soddisfazione della Cisl, forte tra i dipendenti, e - si dice - dell'ex capo delle Poste, Corrado Passera, ora ministro dello Sviluppo. Le norme sulle professioni sono quelle attese: via tariffe massime e minime per gli avvocati, più notai e con prezzi flessibili, dal lato dei taxi un (possibile) aumento delle licenze e più flessibilità nella gestione.

Non devono pagare solo i più deboli, hanno protestato tutti i partiti difendendo le lobby di riferimento. Qualcosa c'è anche sui grandi interessi: la rete ferroviaria, sempre stando alla bozza, ci sarà (forse) "dopo un congruo periodo di osservazione delle dinamiche dei processi di liberalizzazione". Chissà quando.

Più probabile che si arrivi davvero a scorporare Snam Rete Gas dall'Eni, così da assicurare vera competizione nel settore del gas: il decreto fissa un termine di sei mesi per l'emanazione di un decreto ad hoc. Almeno la volontà politica è chiara (anche se lo era pure nel 2006, quando si è fissato il principio), ma l'operazione è complessa e tocca interessi rilevanti.

Altra novità rilevantissima è quella che riguarda l'attività di ricerca ed estrazione di petrolio e gas: tre articoli che, se troveranno posto nel testo definitivo, faranno assai felici i petrolieri. Nel primo si garantiscono più investimenti infrastrutturali nel settore per aumentare la produzione nazionale e portarla da 80 mila a 104 mila barili al giorno per "consentire nell'immediato di realizzare investimenti di sviluppo pari, nella sola regione Basilicata, a 6 miliardi di euro, garantendo una produzione aggiuntiva di idrocarburi nei prossimi 20 anni per un valore economico di almeno 30 miliardi di euro ed entrate aggiuntive per lo Stato (tra royalties e entrate fiscali) pari ad almeno 17 miliardi".

La sorpresa più sgradita, però, la si incontra nell'articolo successivo : si abbassa il limite per le trivelle off shore, cioè in mare, dalle attuali 12 a 5 miglia marine, praticamente sotto costa. Una decisione particolarmente indigesta, viste le polemiche seguite anche in Italia, all'incidente dell'aprile 2010 sulla piattaforma della Bp nel Golfo del Messico che devastò le coste della Louisiana.

Nella relazione, però, a questo non si fa cenno, mentre invece si sottolinea che le agenzie di rating sono molto sensibili a questo tipo di provvedimenti. L'ultimo articolo sul tema, infine, è la vera liberalizzazione: "L'attività di prospezione (ricerca, ndr) di idrocarburi è libera nel territorio nazionale e nelle zone del mare territoriale", fatti salvi ovviamente i vincoli e i permessi ambientali. Netto il leader dei Verdi, Angelo Bonelli: "Se questo sarà il testo finale, vuol dire che il duo Clini-Passera ha deciso di svendere l'Italia alla lobby dei petrolieri".

 

DAVID CAMERON E MARIO MONTI jpegpassera e forneromerkel monti scaroni susanna camusso

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