BINDI SODOMIZZA BERSY: “SIAMO PARTITI INCONTRANDO SAVIANO E FINIAMO CHIEDENDO I VOTI A MICCICHÈ”

Federico Geremicca per "La Stampa.it"

Dalla padella di Beppe Grillo alla brace di Silvio Berlusconi. Il conto alla rovescia di Pier Luigi Bersani è all'ultimo giro di lancette ed ormai i termini della questione non potrebbero essere più chiari: il Movimento Cinque stelle non darà mai la fiducia ad uno dei «puttanieri» della Repubblica (Bersani), mentre Silvio Berlusconi potrebbe almeno «permettergli di partire», ma il prezzo che chiede è alto. Molto alto. Forse troppo alto per Pier Luigi Bersani ed il Pd.

Le richieste del Cavaliere, nell'ordine, sono: che possa indicare lui il nome del futuro Presidente della Repubblica; che alla guida della nuova (ennesima) Costituente per le riforme ci sia Alfano; e che il presunto nascente governo-Bersani non sia - per nomi e punti di programma - un pugno nell'occhio del Pdl. Richieste esose, per il Pd difficili da soddisfare e - per di più - non tutto quel che viene sollecitato è nella disponibilità (esclusiva) del Pd. Ed è per questo che, a fine giornata, l'umore nel quartier generale di Bersani era peggiore di quanto lo fosse stato in mattinata.

È proprio in ragione di questo, che in serata uno degli uomini più vicini al leader Pd, sintetizzava con durezza la posizione di Bersani di fronte alle richieste di Berlusconi: «Punto primo, il Quirinale. Non facciamo scambi: su questo non si tratta. E comunque non è immaginabile che siano altri, rispetto al partito di maggioranza relativa in Parlamento, a indicare nomi e personalità per quella carica. Punto secondo: se Bersani fallisse - ma siamo ancora nel pieno del suo tentativo - nessuno immagini che il Pd salti su qualunque altro governo ci venisse proposto. Come ha detto Pier Luigi, qualunque ipotesi venisse dopo, sarebbe più debole...».

Concetto che Luigi Zanda, neo capo dei senatori, traduce cosi: «Credo che la linea sarà: lo facciamo nascere ma non ci piace. Vuol dire che ne staremo più lontani di quanto accaduto con Monti, e voteremo solo quello che ci convince davvero». È possibile che si tratti solo di un irrigidimento tattico, visto che fonti del Quirinale confermano la tesi secondo la quale, se Bersani fallisse, un nuovo incarico verrà comunque affidato: e stavolta, con ogni probabilità, senza nemmeno consultare più i partiti. Ma è un irrigidimento da non sottovalutare comunque: visto che, se non altro, sembra il preludio ad un vivace chiarimento all'interno di un Pd letteralmente in ebollizione.

Il penultimo giorno da presidente pre-incaricato, insomma, per Bersani è stato un altro continuo su e giù per le montagne russe, con momenti di amarezza personale che forse non aveva nemmeno immaginato: la surreale presa in giro della delegazione «grillina» ricevuta ieri («Qui sembra di stare a Ballarò...»), le successive offese di Grillo (la faccenda del «puttaniere» sopra citata), il soqquadro nel partito e l'irrigidimento finale (il ricatto?) del Cavaliere. Ecco, questo è quel che più brucia, in particolare: non solo che il giaguaro sia vivo, non solo che abbia ancora tutte intere le sue macchie, ma che ora detti perfino le condizioni per la «sopravvivenza politica» di Bersani...

Infatti, non sfugge a nessuno che se il tentativo del leader Pd dovesse infrangersi contro il muro di Grillo o affondare nel pantano berlusconiano, i guai per Bersani potrebbero moltiplicarsi. Mezzo Pd, forse di più, lo attende per una resa dei conti che si annuncia aspra. «Siamo partiti incontrando Saviano e finiamo chiedendo i voti a Miccichè», dice Rosy Bindi, lasciando trasparire il clima. Tanto che il più tranquillo di tutti, per ora, pare proprio l'uomo più interessato a questo finale di partita...

Alle cinque del pomeriggio, infatti, Matteo Renzi sorseggia un caffè nella hall di un albergo della capitale dove è per suoi incontri da sindaco, sorride e annota: «Sono stati fatti molti errori, ma lasciamo stare. Pier Luigi l'ho sentito l'altro ieri e gli ho detto quel che già sa: finché sei in campo, tifo per te e niente agguati. Ma quando ci saranno le elezioni, ci sarò anch'io: e questo, caro Pier Luigi, puoi darlo per sicuro». Alle scaramucce, insomma, non pare voler partecipare: ma quando sarà il tempo della guerra vera, Renzi - naturalmente - ci sarà...

 

PIERLUIGI BERSANI bersani luigi ROSI BINDI PIER LUIGI BERSANI RENZI E BERSANI PDRENZI E BERSANI

Ultimi Dagoreport

software israeliano paragon spyware whatsapp alfredo mantovano giorgia meloni peter thiel

DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO SOTTO CONTROLLO I GIORNALISTI COL SOFTWARE ISRAELIANO DI “PARAGON SOLUTIONS” - PECCATO CHE L’AZIENDA DI TEL AVIV, SCRIVE "THE GUARDIAN", NON FACCIA AFFARI CON PRIVATI, MA VENDA I SUOI PREGIATI SERVIZI DI HACKERAGGIO SOLO A “CLIENTI GOVERNATIVI” CHE DOVREBBERO UTILIZZARLI PER PREVENIRE IL CRIMINE - CHI AVEVA FIRMATO IL CONTRATTO STRACCIATO DAGLI ISRAELIANI PER "VIOLAZIONI"? QUAL È "L'ABUSO" CHE HA SPINTO PARAGON A DISDETTARE L'ACCORDO? – ANCHE IL MERCATO FIORENTE DELLO SPIONAGGIO GLOBALE HA IL SUO BOSS: È PETER THIEL, IL “CAVALIERE NERO” DELLA TECNO-DESTRA AMERICANA, CHE CON LA SOCIETA' PALANTIR APPLICA L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE AL VECCHIO MESTIERE DELLO 007…

barbara berlusconi

DAGOREPORT - BERLUSCONI ALLA SCALA SI È VISTO UNA SOLA VOLTA, MA IL BERLUSCONISMO SÌ, E NON AVEVA FATTO MALE CON FEDELE CONFALONIERI, CHE FU PRESIDENTE DELLA FILARMONICA DELLA SCALA E BRUNO ERMOLLI, POTENTISSIMO VICEPRESIDENTE DELLA FONDAZIONE TEATRO ALLA SCALA - INVECE BARBARA B. LA SI VIDE DUE VOLTE, AL BRACCIO DI PATO, L’EX ATTACCANTE DEL MILAN. LA SUA NOMINA NEL CDA DELLA SCALA? DONNA, GIOVANE… E POI CON QUEL COGNOME! LA COMPETENZA? BEH… LA PASSIONE MMM…: PERCHÉ, DA QUEL GIORNO CHE VENNE CON PATO, NON SI È PRESA UN BEL PALCO ANZICHÉ TORNARE ALLA SCALA SOLO QUINDICI ANNI DOPO DA CONSIGLIERE/A?

vincenzo de luca elly schlein nicola salvati antonio misiani

DAGOREPORT – VINCENZO DE LUCA NON FA AMMUINA: IL GOVERNATORE DELLA CAMPANIA VA AVANTI NELLA SUA GUERRA A ELLY SCHLEIN - SULLA SUA PRESUNTA VICINANZA AL TESORIERE DEM, NICOLA SALVATI, ARRESTATO PER FAVOREGGIAMENTO DELL’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA, RIBATTE COLPO SU COLPO: “DOVREBBE CHIEDERE A UN VALOROSO STATISTA DI NOME MISIANI, CHE FA IL COMMISSARIO DEL PD CAMPANO” – LA STRATEGIA DELLO “SCERIFFO DI SALERNO”: SE NON OTTIENE IL TERZO MANDATO, DOVRÀ ESSERE LUI A SCEGLIERE IL CANDIDATO PRESIDENTE DEL PD. ALTRIMENTI, CORRERÀ COMUNQUE CON UNA SUA LISTA, RENDENDO IMPOSSIBILE LA VITTORIA IN CAMPANIA DI ELLY SCHLEIN…

osama almasri torturatore libico giorgia meloni alfredo mantovano giuseppe conte matteo renzi elly schlein

DAGOREPORT – LA SOLITA OPPOSIZIONE ALLE VONGOLE: SUL CASO ALMASRI SCHLEIN E CONTE E RENZI HANNO STREPITATO DI “CONIGLI” E ''PINOCCHI'' A NORDIO E PIANTEDOSI, ULULANDO CONTRO L’ASSENZA DELLA MELONI, INVECE DI INCHIODARE L'ALTRO RESPONSABILE, OLTRE ALLA PREMIER, DELLA PESSIMA GESTIONE DELL’AFFAIRE DEL BOIA LIBICO: ALFREDO MANTOVANO, AUTORITÀ DELEGATA ALL’INTELLIGENCE, CHE HA DATO ORDINE ALL'AISE DI CARAVELLI DI RIPORTARE A CASA CON UN AEREO DEI SERVIZI IL RAS LIBICO CHE E' STRAPAGATO PER BLOCCARE GLI SBARCHI DI MIGLIAIA DI NORDAFRICANI A LAMPEDUSA – EPPURE BASTAVA POCO PER EVITARE IL PASTROCCHIO: UNA VOLTA FERMATO DALLA POLIZIA A TORINO, ALMASRI NON DOVEVA ESSERE ARRESTATO MA RISPEDITO SUBITO IN LIBIA CON VOLO PRIVATO, CHIEDENDOGLI LA MASSIMA RISERVATEZZA - INVECE L'ARRIVO A TRIPOLI DEL TORTURATORE E STUPRATORE DEL CARCERE DI MITIGA CON IL FALCON DELL'AISE, RIPRESO DA TIVU' E FOTOGRAFI, FUOCHI D’ARTIFICIO E ABBRACCI, HA RESO EVIDENTE IL “RICATTO” DELLA LIBIA E LAMPANTE LO SPUTTANAMENTO DEL GOVERNO MELONI - VIDEO

ursula von der leyen giorgia meloni

URSULA VON DER LEYEN, CALZATO L'ELMETTO, HA PRESO PER LA COLLOTTOLA GIORGIA MELONI - A MARGINE DEL CONSIGLIO EUROPEO INFORMALE DI TRE GIORNI FA, L’HA AFFRONTATA CON UN DISCORSO CHIARISSIMO E DURISSIMO: “CARA GIORGIA, VA BENISSIMO SE CI VUOI DARE UNA MANO NEI RAPPORTI CON TRUMP, MA DEVI PRIMA CONCORDARE OGNI MOSSA CON ME. SE VAI PER CONTO TUO, POI SONO CAZZI TUOI” – LA REAZIONE DELLA SEMPRE COMBATTIVA GIORGIA? DA CAMALEONTE: HA ABBOZZATO, SI È MOSTRATA DISPONIBILE E HA RASSICURATO URSULA ("MI ADOPERO PER FARTI INCONTRARE TRUMP"). MA IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA NON HA ABBOCCATO, PUNTUALIZZANDO CHE C’È UNA DIFFERENZA TRA IL FARE IL "PONTIERE" E FARE LA "TESTA DI PONTE" – IL “FORTINO” DI BRUXELLES: MACRON VUOLE “RITORSIONI” CONTRO TRUMP, MERZ SI ALLONTANA DAI NAZISTI “MUSK-ERATI” DI AFD. E SANCHEZ E TUSK…