1. ENRICHETTO LETTA MINACCIA QUERELE A TUTTI, MA SONO GLI INDAGATI CHE PARLANO DI LUI: ORA SPUNTA UN ALTRO TESTIMONE CHE LO TIRA IN BALLO SUL CASO MOSE, DOPO LE RIVELAZIONI DI PRAVATÀ SUL PRESUNTO FINANZIAMENTO DA 150MILA EURO 2. IL “COMPAGNO” PIO SAVIOLI, ADDETTO PAGATORE SUL VERSANTE SINISTRO, PARLA DI DUE MILIONI FINITI AL “SECONDO LIVELLO ROMANO” E FA LA LISTA DEGLI AMICI DEL “DOGE” MAZZACURATI A ROMA: TREMONTI, MILANESE, MATTEOLI ED ENRICO & GIANNI LETTA 3. SAVIOLI NON PARLA DI VERSAMENTI DI DENARO A LETTA JR, MA LO AFFIANCA NELL’ELENCO A MATTEOLI, RICORDANDO CHE QUEST’ULTIMO, INVECE, DI SOLDI NE AVEVA RICEVUTI 4. DA QUANDO SONO SPUNTATI ZIO E NIPOTE, L’INCHIESTA SUL MOSE È FINITA NELLE PAGINE INTERNE DEI GIORNALI. ED ENRICHETTO FA GIRARE IL SUO NOME PER LA PRESDIENZA UE

1 - “DA TREMONTI E MATTEOLI AI LETTA: ECCO CHI INCONTRAVA MAZZACURATI”

Da “La Repubblica”

 

Pio SavioliPio Savioli

Ancora Gianni Letta, ancora Enrico Letta. Da quel suk di carte, 18 corposi faldoni, su cui poggia tutta l’inchiesta sul Mose continuano ad uscire spifferi. Pezzi di verbale, annotazioni dei finanzieri del Nucleo tributario veneziano, brandelli di intercettazioni. Un monte di documenti che contengono condotte quasi sempre con un valore più “politico” che investigativo, ma comunque agli atti.

 

A fare il nome dell’ex presidente del consiglio Letta, e dello zio Gianni, entrambi già citati nel memoriale secretato di Roberto Pravatà (ex vicedirettore generale del Consorzio Venezia Nuova), questa volta è Pio Savioli, il compagno Pio, l’uomo della “raccolta” di mazzette per conto di Giovanni Mazzacurati.

 

GIANNI LETTA E ENRICO LETTA GIANNI LETTA E ENRICO LETTA

«Mi sono permesso di fare… — farfuglia Savioli nell’interrogatorio del 12 settembre 2013 — un elenco di nomi e situazioni che…». Non specifica meglio cosa intenda con quel «situazioni», che rimane appeso. Ma attacca con la lista. «Sono i nomi di chi a Roma si incontrava più spesso con Mazzacurati… io mi ricordo Gianni Letta, Tremonti… di tale Milanese, Matteoli, mi ricordo del presidente del Consiglio attuale». In quel momento,a ricoprire la carica era appunto Enrico Letta, nominato il 28 aprile precedente. Di che tipo di incontri si trattasse, Savioli non lo dice. Ma parla di due milioni finiti, non è chiaro a che titolo, a un imprecisato “secondo livello romano”.

 

Savioli rammenta però altri soggetti con il quale il presidente del Consorzio — sostiene lui — si incontrava nella capitale. «Io credo che siano le più interessanti: Incalza, Malinconico, Bargone». E cioè Ettore Incalza, il capo della struttura tecnica di Missione del ministero delle Infrastrutture, Carlo Malinconico, sottosegretario alla Presidenza del consiglio del governo Monti, e Antonio Bargone, sottosegretario ai Lavori pubblici nel primo governo Prodi e nei due D’Alema. Savioli fa nomi, ma non aggiunge dettagli sulla natura di tali contatti.

 

giovanni mazzacurati giovanni mazzacurati

Chi invece descrive meglio il ruolo di uno dei nomi ricorrenti nelle 110 mila pagine, quello di Gianni Letta (che non è indagato), è Mazzacurati stesso durante una conversazione con l’avvocato vicentino Bruno Canella, intercettata il 10 dicembre del 2010 grazie a una cimice nascosta dagli investigatori nell’ufficio del “supremo”.

 

«Saranno ventidue anni che conosco Letta e vado a disturbarlo almeno una volta al mese.. e lui poveretto.. a volte lo vedo sfinito. Una volta avevo un’urgenza, c’era una questione gravissima ed ero molto imbarazzato. Mi ha dato appuntamento alle undici di sera, allora io vado e mi riceve alle undici e mezza…quando usciamo (dallo studio di Palazzo Chigi, ndr) c’è la stanza tutta piena… insomma, lui è uno che lavora, di una efficienza».

 

Sappiamo già quello che Piergiorgio Baita, l’ex amministratore delegato della Mantovani, ha raccontato ai pubblici ministeri, e cioè che fu Gianni Letta a chiedere al Consorzio di far lavorare la Technital del costruttore Alessandro Mazzi, arrestato due settimane fa. Ma chi è Bruno Canella, cui Mazzacurati consegna quella e altre confidenze sulla verifica fiscale subita dal Consorzio? Canella, «uomo di Fini», come lo definisce il burattinaio del Mose, è l’ex vicepresidente della regione Veneto, poi nominato coordinatore provinciale di Futuro e Libertà nel 2012. Dalle informative della Gdf viene fuori che Canella aveva anche un piccolo Consorzio da far lavorare, motivo per cui era bene stare vicino al “supremo”.

 

2 - ECCO LA BLACK LIST DI MISTER MAZZETTA: PAGHIAMOLI TUTTI

Dall’articolo di Antonio Massari e Davide Vecchi per “Il Fatto Quotidiano”

 

Giulio Tremonti Giulio Tremonti

È il 12 settembre 2013 quando Pio Savioli – il portatore di bustarelle per conto di Giovanni Mazzacurati – è seduto dinanzi al pm Paola Tonini. I suoi amici di sempre, i colleghi nel Consorzio Nuova Venezia, lo definiscono un tipo “accomodante”, il prototipo dello “yesman”, il braccio destro ideale per mister Mose. E in quel lungo, a tratti drammatico interrogatorio, Savioli si presenta con un foglietto: “Dottoressa… mi sono permesso di fare…”. “Di fare cosa?”, chiede Tonini. “Un elenco di nomi e situazioni…”, risponde Savioli.

 

TREMONTI E MILANESETREMONTI E MILANESE

È l’elenco delle persone che Mazzacurati incontrava “più spesso” a Roma. “Allora”, inizia, “io mi ricordo Gianni Letta, Tremonti… di tale Milanese, poi Matteoli, mi ricordo del Presidente del Consiglio attuale…”. È il settembre 2013, da appena cinque mesi il Presidente del Consiglio si chiama Enrico Letta, e proprio per questo stupisce quell’avverbio – “spesso” – legato agli incontri con Letta junior, che solo da poco ha ottenuto l’incarico.

 

Di Enrico Letta ha parlato ai pm anche Roberto Pravatà, altro collaboratore di Mazzacurati, che ai pm ha dichiarato: “Mazzacurati mi convocò per dirmi che il CVN avrebbe dovuto concorrere al sostenimento delle spese elettorali dell’on. Enrico Letta… con un contributo… di 150 mila euro”. L’ex premier ha smentito categoricamente. Lo stesso Savioli non parla di versamenti di denaro a Letta junior, ma lo affianca nell’elenco a Matteoli, ricordando che quest’ultimo, invece, di soldi ne aveva ricevuti. Poi aggiunge – restando molto vago – i nomi di Incalza, Malinconico e Bargone”.

 

milanese-tremontimilanese-tremonti

Il legame con i Letta, sopra-tutto con Gianni, per Mazzacurati è costante motivo di vanto. Ed è proprio alla corte di Gianni Letta – definito in un’intercettazione il “tessitore straordinario” – che Mazzacurati accresce il suo potere. A sua volta, lo stesso Mazzacurati, vanta una corte di politici e imprenditori – di destra e sinistra – pronti a chiedergli soldi su soldi. Per l’ingegnere, come Letta, non ce n’è: “Berlusconi … però è un uomo strano, quante ne combina? Eh sì e che ha delle persone come Gianni Letta… saranno ventidue anni che conosco Letta e vado a disturbarlo almeno una volta al mese e lui poveretto… a volte lo vedo sfinito…

 

Il grande tessitore Intercettato con una cimice Mazzacurati descrive il “tessitore straordinario”, spiegando che il progetto Mose è in difficoltà, perché c’è bisogno di soldi, che la gestione del Ministero del Tesoro è “una cosa un po ‘ ridicola” perché, nel dicastero, non sono competenti come al ministero delle Infrastrutture. E forse è il caso di tornare da Letta: “Lo vedo sempre vado sempre vado nella stanza dal dottor Letta, no?”.

altero matteoli consiglio nazionale forza italia foto lapresse altero matteoli consiglio nazionale forza italia foto lapresse

 

Mazzacurati sembra non avere alternativa, dovrà chiedere nuovamente aiuto a Letta. E descrive la solita scena: “Se poi io quando vado da lui, ci sto dieci minuti perché… perché gli preparo tutto in modo da non fargli perdere tempo. Una volta io avevo un’urgenza pazzesca … mi dice venga alle 11 di sera…. sono andato alle 11 di sera e sono rimasto lì solo 10 minuti, lui poi ti saluta, ti accompagna non è che… in fondo al corridoio… così faccio un po’ di moto perché ci sono delle sale lunghe… e c’era la sala d’aspetto che poi a mezzanotte, le undici e mezza, tutta piena di gente che aspettava”.

 

“Ma come fa?”, chiede l’amico. “Lui – risponde Mazzacurati – quando sta male c’ha un telefono con cui fa su tutto … si prende nota anche ma subito fa … chiama la persona o chiama quello che la deve chiamare….”. Gianni Letta non è indagato, nessuno ha mai dichiarato che abbia preso soldi da Mazzacurati, ma il “tessitore” spinge perché l’imprenditore Alessandro Mazzi lavori, con la sua azienda, all’interno del Consorzio Venezia Nuova guidato da Mazzacurati.

ercole incalzaercole incalza

 

Il punto è che, secondo il “portatore di mazzette” Savioli, Mazzi è perfettamente consapevole che il Cvn costruisce fondi neri. Mazzacurati è invece perfettamente consapevole che la spesa per il Mose, se non viene ben gestita, rischia di affossare il “debito pubblico”, ma questo non gli impedisce di spendere milioni su milioni in mazzette.

 

malinconico malinconico

E lo stesso Savioli, intercettato, dice che è un miracolo realizzarlo con i soldi a disposizione, considerato quanto viene investito in mazzette. Abbiamo fatto tanti regali “Noi siamo benefattori dello Stato, abbiamo fatto le opere gratis, perché abbiamo pagato tutti i politici italiani… tutte le amministrazioni pubbliche italiane … per cui si vede che quelle opere le abbiamo fatte gratis…..”.

 

Savioli quantifica le spese per il “livello romano”: “Senta”, gli chiede il pm, “le voglio fare un’ultima domanda. Lei ha fornito tutta questa indicazione di questo nero che veniva raccolto… Ma, alla fine di tutto questo, tutti quelli che partecipavano al consiglio direttivo del Consorzio Venezia Nuova, avevano conoscenza di questo nero?” “Le dico chi sì e chi no”, risponde Savioli, “Mazzacurati sì, Mazzi sì…”.

 

PIERGIORGIO BAITA PIERGIORGIO BAITA

“Lo sapevano – insite il pm – perché vi erano decisioni che dovevano essere prese di conseguenza alla raccolta di questo nero?”. “Esatto”, risponde Savioli, confermando che il “raccomandato” da Gianni Letta era a conoscenza di tutto il sistema di fondi neri e mazzette.

 

Più tardi spiega: “Solo in questi 4 anni, … ho scoperto che di questi 2 milioni di euro, un milione è restato in tasca diciamo alle persone.. a una persona che gestisce il secondo livello, cioè gestisce il livello romano, per intenderei. La cosa non è che mi ha fatto particolarmente piacere…”. Il riferimento a Luciano Neri, l’architetto delle tangenti, secondo l’accusa, che sono costate, soltanto per “il livello romano”, almeno un milione di euro in quattro anni. Tutto con il sistema del bianco e del nero.

 

2 - ARRIVANO I LETTA-LETTA E IL CASO MOSE FINISCE NELLE PAGINE INTERNE

Da “Il Fatto Quotidiano”

 

Lo strano fenomeno si verifica ormai da qualche giorno. Precisamente, dal giorno in cui i nomi di Gianni Letta ed Enrico Letta sono entrati nello scandalo lagunare: addio titoloni sul Mose nelle prima pagine dei giornali, basta coi servizi lunghi e pervasivi delle tivù pubbliche e private.

Mario Monti and Jean Claude Juncker c Mario Monti and Jean Claude Juncker c

 

Magicamente, allo scoccare dei nomi (e dei cognomi) giusti, l’affare da 5 miliardi di euro può tranquillamente retrocedere nelle zone più interne e impervie dell’informazione: chi mai vuole offendere l’immagine candida del veterano Gianni e del già esperto Enrico? Nessuno, e l’ex premier incalza: “Ho dato mandato ai miei legali di far partire le querele per chi inventandosi fatti inesistenti ha associato il mio nome alle indagini # Mose”. Esattamente come lo zio Gianni.

 

3 - ENRICO LETTA IN CORSA PER LA GUIDA DEL CONSIGLIO UE

Da “Il Corriere della Sera”

 

C’è anche il nome di Enrico Letta per la successione di Herman Van Rompuy alla presidenza del Consiglio europeo. Sono state fonti del Ppe a spiegare come proprio dall’Italia potrebbe arrivare la «soluzione ideale» nella delicata partita delle nomine Ue. E non solo per le doti di negoziatore e per la conoscenze delle istituzioni europee di Letta.

 

JEAN CLAUDE JUNCKER CON ANGELA MERKELJEAN CLAUDE JUNCKER CON ANGELA MERKEL

Ma anche perché l’ex premier democratico, già presidente dei giovani democristiani europei dal 1991 al 1995, sarebbe un «compromesso perfetto» tra popolari e socialisti. Ieri Van Rompuy ha aperto ufficialmente le consultazioni con i gruppi al Parlamento europeo. Dalla «grande coalizione» europeista (popolari, socialisti e liberali) è arrivato il «pieno sostegno» a Jean Claude Juncker per la Commissione europea: «Basta con le perdite di tempo» e con «le minacce» del premier David Cameron (contrario alla nomina del lussemburghese) perché si rischia una «crisi istituzionale», è il messaggio dei gruppi di Ppe, S&D e Alde.

 

Ultimi Dagoreport

cecilia sala giorgia meloni alfredo mantovano giovanni caravelli elisabetta belloni antonio tajani

LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO- CARAVELLI. IL DIRETTORE DELL’AISE È IL STATO VERO ARTEFICE DELL’OPERAZIONE, TANTO DA VOLARE IN PERSONA A TEHERAN PER PRELEVARE LA GIORNALISTA - COSA ABBIAMO PROMESSO ALL’IRAN? È PROBABILE CHE SUL PIATTO SIA STATA MESSA LA GARANZIA CHE MOHAMMAD ABEDINI NON SARÀ ESTRADATO NEGLI STATI UNITI – ESCE SCONFITTO ANTONIO TAJANI: L’IMPALPABILE MINISTRO DEGLI ESTERI AL SEMOLINO È STATO ACCANTONATO NELLA GESTIONE DEL DOSSIER (ESCLUSO PURE DAL VIAGGIO A MAR-A-LAGO) - RIDIMENSIONATA ANCHE ELISABETTA BELLONI: NEL GIORNO IN CUI IL “CORRIERE DELLA SERA” PUBBLICA IL SUO COLLOQUIO PIENO DI FRECCIATONE, IL SUO “NEMICO” CARAVELLI SI APPUNTA AL PETTO LA MEDAGLIA DI “SALVATORE”…

italo bocchino maria rosaria boccia gennaro sangiuliano

DAGOREPORT - MARIA ROSARIA BOCCIA COLPISCE ANCORA: L'EX AMANTE DI SANGIULIANO INFIERISCE SU "GENNY DELON" E PRESENTA LE PROVE CHE SBUGIARDANO LA VERSIONE DELL'EX MINISTRO - IL FOTOMONTAGGIO DI SANGIULIANO INCINTO NON ERA UN "PIZZINO" SULLA PRESUNTA GRAVIDANZA DELLA BOCCIA: ERA UN MEME CHE CIRCOLAVA DA TEMPO SU INTERNET (E NON È STATO MESSO IN GIRO DALLA BIONDA POMPEIANA) - E LA TORTA CON LA PRESUNTA ALLUSIONE AL BIMBO MAI NATO? MACCHE', ERA IL DOLCE DI COMPLEANNO DELL'AMICA MARIA PIA LA MALFA - VIDEO: QUANDO ITALO BOCCHINO A "PIAZZAPULITA" DIFENDEVA L'AMICO GENNY, CHE GLI SUGGERIVA TUTTO VIA CHAT IN DIRETTA...

meloni trump

DAGOREPORT - NON SAPPIAMO SE IL BLITZ VOLANTE TRA LE BRACCIA DI TRUMP SARÀ UNA SCONFITTA O UN TRIONFO PER GIORGIA MELONI - QUEL CHE È CERTO È CHE DOPO TALE MISSIONE, POCO ISTITUZIONALE E DEL TUTTO IRRITUALE, LA DUCETTA È DIVENUTA AGLI OCCHI DI BRUXELLES LA CHEERLEADER DEL TRUMPISMO, L’APRIPISTA DELLA TECNODESTRA DI MUSK. ALTRO CHE MEDIATRICE TRA WASHINGTON E L’UE - LA GIORGIA CAMALEONTE, SVANITI I BACINI DI BIDEN, DI FRONTE ALL'IMPREVEDIBILITÀ DEL ''TRUMPISMO MUSK-ALZONE'', È STATA COLTA DAL PANICO. E HA FATTO IL PASSO PIÙ LUNGO DELLA GAMBOTTA VOLANDO IN FLORIDA, GRAZIE ALL'AMICO MUSK - E PER LA SERIE “CIO' CHE SI OTTIENE, SI PAGA”, IL “TESLA DI MINCHIA” HA SUBITO PRESENTATO ALLA REGINETTA DI COATTONIA LA PARCELLA DA 1,5 MILIARDI DI DOLLARI DELLA SUA SPACE X …

cecilia sala mohammad abedini donald trump giorgia meloni

DAGOREPORT - A CHE PUNTO È LA NOTTE DI CECILIA SALA? BUIO FITTO, PURTROPPO. LA QUESTIONE DELLA LIBERAZIONE DELLA GIORNALISTA ITALIANA SI INGARBUGLIA – IL CASO, SI SA, È LEGATO ALL’ARRESTO DELL’INGEGNERE-SPIONE IRANIANO MOHAMMAD ABEDINI, DI CUI GLI AMERICANI CHIEDONO L’ESTRADIZIONE. L’ITALIA POTREBBE RIFIUTARSI E LA PREMIER NE AVREBBE PARLATO CON TRUMP. A CHE TITOLO, VISTO CHE IL TYCOON NON È ANCORA PRESIDENTE, SUGLI ESTRADATI DECIDE LA MAGISTRATURA E LA “TRATTATIVA” È IN MANO AGLI 007?

elisabetta belloni cecilia sala donald trump joe biden elon musk giorgia meloni

DAGOREPORT – IL 2025 HA PORTATO A GIORGIA MELONI UNA BEFANA ZEPPA DI ROGNE E FALLIMENTI – L’IRRITUALE E GROTTESCO BLITZ TRANSOCEANICO PER SONDARE LA REAZIONE DI TRUMP A UN  RIFIUTO ALL’ESTRADIZIONE NEGLI USA DELL’IRANIANO-SPIONE, SENZA CHIEDERSI SE TALE INCONTRO AVREBBE FATTO GIRARE I CABASISI A BIDEN, FINO AL 20 GENNAIO PRESIDENTE IN CARICA DEGLI STATI UNITI. DI PIÙ: ‘’SLEEPY JOE’’ IL 9 GENNAIO SBARCHERÀ A ROMA PER INCONTRARE IL SANTO PADRE E POI LA DUCETTA. VABBÈ CHE È RIMBAM-BIDEN PERÒ, DI FRONTE A UN TALE SGARBO ISTITUZIONALE, “FUCK YOU!” SARÀ CAPACE ANCORA DI SPARARLO - ECCOLA LA STATISTA DELLA GARBATELLA COSTRETTA A SMENTIRE L’INDISCREZIONE DI UN CONTRATTO DA UN MILIARDO E MEZZO DI EURO CON SPACEX DI MUSK – NON È FINITA: TRA CAPO E COLLO, ARRIVANO LE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI DA CAPA DEI SERVIZI SEGRETI, DECISIONE PRESA DOPO UN DIVERBIO CON MANTOVANO, NATO ATTORNO ALLA VICENDA DI CECILIA SALA…