TORNA MUBARAK, TUTTO è PERDONATO! - LO SCONTRO TRA LAICI E ISLAMISTI RADICALI INFIAMMA L’EGITTO - IL “GOLPE” DI MORSI SOSTENUTO DAI FRATELLI MUSULMANI FA TRABALLARE IL GOVERNO - EL BARADEI A CAPO DELLA RIVOLTA: “MORSI DEVE PROTEGGERE I MANIFESTANTI” - LA NUOVA COSTITUZIONE PREVEDE CHE L’ULTIMA PAROLA SULLE LEGGI SPETTI ALL’UNIVERSITÀ ISLAMICA DI AL AZHAR - LAICI, CRISTIANI E LIBERALI NON VOGLIONO LA TEOCRAZIA…

1-LO SCONTRO DI CIVILTÀ? ADESSO È IN MEDIO ORIENTE

Maurizio Stefanini per "Libero"

La piazza islamista in Egitto cerca di riprendere il sopravvento sulla piazza dei Fratelli musulmani, e il presidente Mohammed Morsi ha potuto così rientrare in un palazzo presidenziale di Heliopolis. Però il suo governo traballa: ieri tre suoi consiglieri si sono dimessi: si tratta di Amr El- Lithy, Ayman al-Sayyad e Seif El Din Abd al-Fattah. Salgono così a sei i consiglieri del presidente egiziano, fra cui un cristiano e una donna, che hanno lasciato l'incarico da quando e' iniziata la crisi.

Morsi intanto sta pensando di sospendere il decreto con cui si è dato i pieni poteri, mentre il vicepresidente Mahmoud Mekky propone di concordare con l'opposizione emendamenti al testo della contestata Costituzione, prima del referendum fissato per il 15 dicembre. «Ci deve essere consenso», ha detto in una conferenza stampa. «C'è la reale volontà politica di superare il momento attuale e di rispondere alle richieste del pubblico».

Ma nel frattempo questa volontà aperturista era messa in dubbio dagli islamisti che hanno attaccato le tende dei manifestanti laici e tirato sassate, cercando di rompere l'assedio al palazzo presidenziale al grido di «la gente vuole pulire la piazza» e «Morsi ha la legittimità». Già venuti alle mani con i venditori ambulanti preoccupati per la prospettiva di un'altra giornata senza affari, i manifestanti hanno risposto con altre sassate, e poi sono seguite molotov e addirittura rivoltellate: gli islamisti dicono di aver fermato tre persone con pistole e proiettili.

Si parla di almeno 14 feriti, di cui uno in coma. Almeno due i morti di ieri, fra cui una ragazza di nome Mirna Emad. Neanche la denuncia depositata dal nuovo procuratore generale Tallat Abdullah alla Suprema Corte per la sicurezza dello Stato, secondo cui i leader dell'opposizione starebbero complottando in combutta con Israele, va esattamente nel senso della riappacificazione.

«Il presidente Mohammed Morsi deve proteggere i manifestanti riuniti di fronte al palazzo presidenziale, se vuol mantenere quel che resta della sua legittimità », ha allora risposto il Nobel per la Pace Mohamed El Baradei. «I manifestanti hanno richieste che devono essere rispettate e delle quali occorre tenere conto», ha convenuto Mekki.

Peraltro, quel che è accaduto sembra dimostrare da un lato che esercito e polizia non intendono più esporsi come cani da guardia del potere allo stesso modo che ai tempi di Mubarak; dall'altro che il fronte anti-islamico è tutt'altro che limitato a gruppuscoli senza rilevanza. Indubbiamente, si tratta di un fronte ancor più eterogeneo di quello che fece cadere Mubarak, e in cui sinistra, liberali e cristiani sono ormai collegati a quel che resta della nomenklatura mubarakiana.

Ma ciò permette un gioco di sponda tra piazza e ampi settori dello Stato di fronte a cui Morsi e i suoi si trovano chiaramente disorientati. «C'è necessità urgente di un dialogo» è l'esortazione di Hillary Clinton, mentre gli islamisti chiamano i simpatizzanti dei Fratelli musulmani a manifestare anche venerdì prossimo. Ma le televisioni si stanno unendo allo sciopero dei giornali contro il presidente Morsi, e i social network stanno raccolgono risorse per permettere alla protesta di andare avanti a oltranza.

Nè solo in Egitto alla Primavera Araba sta seguendo un regolamento di conti tra islamisti e antiislamisti. Le piazze si affrontano infatti anche in Tunisia, dove da una settimana i sindacati dell'Ugtt sono in sciopero contro il governo a guida musulmana. Dopo che già nella città di Silana 200 scioperanti erano stati feriti negli scontri con la polizia, adesso anche i militanti di Allah hanno attaccato i sindacalisti a Tunisi, con coltelli e
bastoni. Anche in Marocco ci sono state il mese scorso proteste sindacali contro il governo a guida islamista, mentre in Turchia i laici hanno manifestato contro il governo islamista lo scorso 29 ottobre.

Confronti armati tra islamisti e laici ci sono in effetti anche in Libia, anche se si confondono con le faide tribali. Persino nell'Iran degli Ayatollah, i giovani sono scesi per le strade a manifestare contro la Repubblica Islamica. Altrove, come in Libano o in Iraq, il regolamento di conti interminabile è invece piuttosto quello tra sunniti e sciiti. Mentre in Siria la guerra a Assad si confonde al confronto tra sunniti e alawiti: ma è presumibile che anche lì il cambio di regime sarà seguito da bruschi riallineamenti.


2-LA COSTITUZIONE CHE DIVIDE IL PAESE

Bernardo Valli per "la Repubblica"

Nelle rivoluzioni il compromesso, soluzione principe della politica, tarda ad arrivare. È quel che accade in queste ore in Egitto dove due forze si contendono in aperta tenzone, a muso duro, la «primavera» cominciata nel gennaio dell'anno scorso in piazza Tahrir, nel cuore del Cairo. Entrambe rivendicano di fatto, separatamente, il diritto di esercitare il potere, poiché ciascuna si considera appunto l'unica autentica rappresentante della rivoluzione da cui quel potere deriva.

DA UN lato i laici, i liberali, i cristiani, raccolti in un Fronte nazionale di salvezza dai confini incerti, accusano il presidente Mohammed Morsi, espressione di un vago, ampio fronte islamico, di essere un usurpatore; dall'altro i Fratelli musulmani difendono la legittimità di Morsi e delle prerogative che si attribuisce, in quanto capo dello Stato eletto al suffragio universale.

L'esercito avrebbe gli strumenti per decidere la sorte della rivoluzione contesa. Ma a parte l'inevitabile impegno di alcune unità d'élite, incaricate della protezione del capo dello Stato, rafforzate per l'occasione da qualche carro armato parcheggiato davanti alla presidenza, nel quartiere di Heliopolis, al fine di tenere a distanza i manifestanti, a parte queste essenziali precauzioni, i militari sono rimasti fuori dalla mischia. Si sono ben guardati dall'intervenire in appoggio di una delle parti a confronto.

In agosto i generali più giovani hanno esautorato i loro colleghi anziani, compromessi col vecchio regime, hanno concluso un'alleanza con i Fratelli musulmani, e quindi hanno appoggiato Mohammed Morsi appena eletto alla presidenza della Repubblica. In cambio hanno conservato, e conserveranno, i privilegi riservati da più di sessant'anni alla società militare. Ma non hanno venduto del tutto la loro anima.

Un'anima tutt'altro che omogenea, poiché nel corpo ufficiali prevale un tradizionale spirito laico, risalente ai primi anni Cinquanta, quando fu proclamata la repubblica; mentre la truppa, in cui sono in maggioranza i coscritti provenienti dalle diseredate periferie urbane, e dalle province ancora rurali, è sotto una forte, altrettanto tradizionale influenza religiosa. Quindi i soldati sono tendenzialmente per i Fratelli Musulmani, o per i salafiti, più estremisti. Insomma l'esercito, per ora, resta un enigma.

E' invece evidente che la «primavera araba» data per morta, sommersa dall'ondata islamica, è ancora rovente, e non solo nella sua versione egiziana. La Tunisia, che ha conosciuto la prima rivolta contro i raìs, e che poi è rimasta prigioniera di un prepotente, inquietante risveglio islamico, sarà influenzata, come altre società arabe, dagli avvenimenti del Cairo, principale capitale mediorientale.

Dove i laici, i liberali, i progressisti, all'origine della insurrezione di piazza Tahrir, dopo essere stati emarginati dalla tardiva ma incontenibile irruzione sulle sponde del Nilo dei Fratelli musulmani, sono adesso riemersi in forza per far valere le loro esigenze democratiche. E contrastare la svolta autoritaria di Mohammed Morsi. Il quale, in attesa di una Costituzione, si è aggiudicato poteri definiti dai laici «uguali o superiori a quelli che aveva Mubarak», il raìs destituito.

Adesso i promotori della «primavera araba» vorrebbero ridarle i colori iniziali. Il loro programma è vasto e di difficile applicazione. E' tuttavia la prova che la rivoluzione continua. La posta in gioco è la futura Costituzione. Vale a dire la natura politica dell'Egitto di domani. I due fronti, il laico e l'islamico, non usano le stesse armi. I primi, i laici, all'inizio chiedevano libere elezioni, ma si sono accorti molto presto che essendo frantumati in numerosi movimenti sarebbero stati facilmente sopraffatti nelle urne dai Fratelli musulmani, dotati di un partito ben organizzato (Libertà e giustizia), e di una rete sociale che abbraccia l'intero Egitto.

Sono stati dunque gli islamici, non per vocazione democratica ma per motivi tattici, ad adottare le elezioni come armi politiche. Ed infatti hanno vinto tutte le consultazioni, quelle parlamentari annullate, come quelle presidenziali che hanno portato Mohammed Morsi alla massima carica dello Stato.

Morsi è tuttavia un presidente senza Costituzione, poiché quella del vecchio regime è stata annullata, e quella nuova dovrebbe essere sottoposta il 15 dicembre a un referendum. Al quale il fronte laico si oppone; e sul quale i giudici, indignati dai poteri giudiziari che il presidente si è attribuito, non vogliono soprintendere come la legge esigerebbe. Non è dunque sicuro che lo si possa tenere.

Il testo costituzionale preparato dai Fratelli musulmani, nel caso si dovesse votare tra una settimana, non correrebbe comunque troppi rischi, perché sul terreno elettorale i Fratelli musulmani sono imbattibili. I numeri sono per loro. Per questo i laici, i progressisti, i cristiani si oppongono a un voto che renderebbe legittima la svolta islamica del paese attraverso la nuova Costituzione. Secondo Human Rights Watch il progetto di
magna charta presentato da Morsi è difettoso e contraddittorio, ma non catastrofico. È ambiguo. Si presta a varie letture. La nuova Costituzione non disegna uno Stato teocratico, ma lascia aperte molte porte a un'evoluzione conservatrice rigorosa.

Le libertà individuali sono garantite, ma al tempo stesso si affida a un'autorità religiosa, l'università islamica di Al Azhar, le decisione di interpretare, senza appello, i principi della sharia (le leggi coraniche) da applicare. Viene così esclusa curiosamente da questo compito qualsiasi altra autorità, giuridica o legislativa. E abbandonata alle variabili tendenze teologiche, agli umori religiosi, la facoltà di regolare le libertà dei cittadini. Per il capitolo essenziale delle donne è stata abbandonata una prima versione salafita, che puntava sulla lettura più intransigente del Corano. Ed è stata adottata la generica formula che riconosce «l'uguaglianza tra tutti gli egiziani».

Anche se poi si esplicita che la donna «deve trovare un equilibrio tra i suoi doveri familiari e professionali». La libertà di culto è assicurata alle tre religioni monoteistiche, ma non è estesa a tutte le religioni. Mohammed Morsi non può agire come i vecchi raìs. Lui è condizionato dai salafiti, ala radicale dell'islamismo e concorrenti dei Fratelli musulmani. Non può disporre liberamente, almeno per ora, dell'esercito che vuole tenersi fuori dalla mischia.

Non può usare con spregiudicatezza la polizia e annessi per reprimere le manifestazioni perché è sotto sorveglianza del Fondo Monetario internazionale dal quale aspetta quattro miliardi e mezzo di dollari, che dovrebbero impedire il fallimento economico del paese. E deve tener conto dello sguardo, sia pur non troppo severo degli americani, che danno un miliardo e mezzo all'anno alle forze armate.

Il 22 novembre Mohammed Morsi ha tuttavia compiuto quel che può essere considerato un colpo di Stato. Ha proibito qualsiasi tipo di ricorso contro le sue decisioni e contro la Costituente, assumendosi così tutti i poteri. Compreso quello di scrivere una Costituzione su misura. Si è messo al di sopra delle leggi e ha eliminato via via tutti gli ostacoli alla conquista del potere da parte dei Fratelli musulmani. L'operazione ha colpito anche numerosi uomini del vecchio regime, in particolare nell'amministrazione della giustizia, spingendo verso l'opposizione funzionari epurati perché un tempo al servizio del deposto raìs. Questo non favorisce l'immagine del movimento laico e liberale.

 

PROTESTE IN EGITTO CONTRO MORSI PROTESTE IN EGITTO MORSI COME MUBARAK MUBARAK HILLARY CLINTON E MOHAMMED MORSI MORSIPROTESTE IN EGITTO CONTRO MORSI POLIZIA EGIZIANA PROTEGGE IL PALAZZO PRESIDENZIALE DI MORSI scontri al cairo contro morsiscontri al cairo contro morsiscontri al cairo contro morsiscontri al cairo contro morsitantawi e morsiIL PRESIDENTE EGIZIANO MOHAMMED MORSI SUPPORTER DI MORSI PROTESTE CONTRO MORSI Mohammed Morsi

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