ESPOSITO, IL GIUDICE CHE CONDANNO’ BERLUSCONI, SCONFESSATO DAI MAGISTRATI DI NAPOLI – VOLEVA 2 MILIONI DI DANNI PER L’INTERVISTA AL ''MATTINO'' NELLA QUALE ANTICIPAVA LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA, NON PRENDERA’ UN CENTESIMO: NEL 2013 DIEDE L'INTERVISTA CONSAPEVOLMENTE
Stefano Zurlo per il Giornale
IL GIUDICE ESPOSITO A TAVOLA CON AMEDEO FRANCO PRIMA DELLA SENTENZA SU BERLUSCONI
Altro che manipolazione. Nessun fraintendimento. E nemmeno un'abile opera di cucitura a posteriori di frasi astratte. No, Antonio Esposito diede consapevolmente un'intervista al Mattino di Napoli e in quella conversazione lunga ben 34 minuti illustrò i motivi che avevano portato il collegio della Cassazione da lui presieduto a condannare Silvio Berlusconi per frode fiscale. Nessun dubbio.
Per questo il tribunale civile di Napoli ha assolto su tutta la linea il quotidiano napoletano diretto da Alessandro Barbano e non concede al magistrato, ora in pensione, nemmeno un centesimo di risarcimento a fronte di una richiesta di 2 milioni di euro. Quell'intervista, pubblicata il 6 agosto 2013, cinque giorni dopo la sentenza ma prima che fossero rese note le motivazioni del verdetto, provocò un terremoto istituzionale e polemiche a non finire e costò ad Esposito anche un procedimento disciplinare, poi concluso con l'assoluzione davanti al Csm.
VIDEO MESSAGGIO DI BERLUSCONI DOPO LA CONDANNA DELLA CASSAZIONE
Esposito si è sempre difeso sostenendo che lui parlava in termini generali. Sarebbe stato l'autore del clamoroso pezzo, Antonio Manzo, a carpire le sue parole e a trasformarne in modo subdolo il significato, confezionando un prodotto che esplose nel Paese come una bomba. Ma non è così: Manzo non fu scorretto e il tribunale di Napoli sottolinea le frasi chiave di quella chiacchierata, registrata dal giornalista, per arrivare ad una conclusione che sconfessa in pieno Esposito. «Noi - queste le parole esatte di Esposito - non andremo a dire quello non poteva non sapere, no tu, noi possiamo, potremo dire, diremo nella motivazione eventualmente... tu eri, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva».
SENTENZA BERLUSCONI LATTESA DAVANTI LA CASSAZIONE
La questione, decisiva, è se il Cavaliere potesse non sapere quel che accadeva nelle sue aziende. Lucidamente Esposito arriva al cuore del problema: «Le espressioni utilizzate dal dottor Esposito - scrive ora il tribunale - possono essere interpretate... solo come riferite al processo Mediaset e ai giudici che erano stati chiamati a decidere su di essa in Cassazione». I cinque magistrati fra i quali, oltre a Esposito, Claudio D'Isa, citato ieri da siti e agenzie perché il figlio Dario risulta fra i 16 indagati in un'operazione antiusura nella penisola sorrentina.
Gira e rigira, in quel passaggio cruciale Esposito anticipa quel verrà reso noto solo in seguito, nelle motivazioni, anche se il Csm a suo tempo l'ha «perdonato», sostenendo che l'intervista fu sì inopportuna ma non bruciò sul tempo la spiegazione scritta. Può essere che Esposito volesse centellinare le informazioni ma poi si lasciò andare, in un colloquio zeppo di termini dialettali e condito pure con qualche riferimento volgare al Giornale, fino a svelare l'architettura complessiva della sentenza che aveva appena messo fuori gioco il leader del centrodestra, affondato con una pena di quattro anni (tre dei quali condonati) e successivamente espulso dal Senato sulla base della legge Severino.
La verità, nota ora il tribunale civile, è che Esposito deragliò, fino a farsi «scappare considerazioni attinenti a questa decisione», forse per l'amicizia con Manzo. «Ma - è la bacchettata finale del giudice monocratico Piero Lupi - il tentativo di spiegare che il noi riguardava un caso astratto... si infrange nel contenuto della parte precedente dell'intervista in cui il riferimento al processo Mediaset è continuo e permea l'intero colloquio». Nessun equivoco, solo uno scoop.