FACILE FARE I GIORNALI CON LE NOTIZIE DI DAGOSPIA - “LA STAMPA” DEDICA UN ARTICOLO AGLI INCONTRI DI CARLO FUORTES CON DI MAIO E SALVINI, MA SI DIMENTICA DI CITARE QUESTO DISGRAZIATO SITO, CHE LI HA RIVELATI - IL FLOP DELLA RAIDUE SOVRANISTA E L’INCAZZATURA DELL’AD CON DI MEO (ANCHE QUELLA NOTIZIA, GUARDA CASO, ERA UN DAGO-SCOOP)
carlo fuortes foto di bacco (3)
1 - FLASH - CHE CI FACEVA FUORTES ALLA FARNESINA DA LUIGINO DI MAIO? AH SAPERLO… - VISTO CHE, COME HA RACCONTATO A “REPUBBLICA”, I PARTITI NON BUSSANO ALLA SUA PORTA, TOCCA ALL’AD DELLA RAI ANDARE DI PERSONA A INCONTRARE I POLITICI. UNA DECINA DI GIORNI FA AVEVA INCROCIATO SALVINI…
2 - TROPPO FUORTES! – L’AD DELLA RAI È FURIBONDO CON LUDOVICO DI MEO, COMMISSARIA RAI2 E ORDINA LA CHIUSURA DI 14 PROGRAMMI, TRA PRODUZIONI INTERNE E ESTERNE, GIÀ SPALMATI NEL PALINSESTO INVERNALE – L’ATTENZIONE DI FUORTES SI È CONCENTRATA ANCHE SULLA “STANDBYME” DI SIMONA ERCOLANI, DALLA QUALE DI MEO HA ACQUISTATO (A COSTI FARAONICI) “VOGLIO ESSERE UN MAGO” – “POSSIBILE CHE SI DEBBANO BRUCIARE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI EURO OGNI GIORNO PER FARE L’UNO PER CENTO DI SHARE? E’ INCONCEPIBILE!”, AVREBBE TUONATO FUORTES CON I SUOI STRETTI COLLABORATORI…
3 - RAI, FLOP SOVRANISTI E CRISI DI NERVI M5S. FUORTES VEDE DI MAIO
Ilario Lombardo e Michela Tamburrino per “La Stampa”
Nell'autunno dello scontento Rai nessuno si aspetti la fine della lottizzazione. Viale Mazzini è una creatura che perpetua se stessa, nelle patologie politiche, nei rituali di carriera, nell'eterna spartizione. A quanto pare, la Rai di Carlo Fuortes non farà eccezione.
Il manager messo da Mario Draghi alla testa della tv pubblica ha incontrato l'ex capo grillino Luigi Di Maio e il leader leghista Matteo Salvini. Se c'è una cosa che accomuna l'amministratore delegato Rai al premier-banchiere che lo ha scelto per risanare «la più grande azienda culturale del Paese», è la capacità di fare i conti con la politica.
Che vuol dire sapere quando si può fare a meno dei partiti, e quando no. I colloqui con Di Maio e con Salvini, gli indiscutibili registi dell'era gialloverde, sono la certificazione che delle rovine di quel governo è rimasta un'eredità in Rai di cui Fuortes - sospettato da M5S, Fratelli d'Italia e Lega di avere un ascendente a sinistra - ha difficoltà a liberarsi. Le nomine per le principali poltrone di reti, Tg e le nuove direzioni dei generi, già slittate a inizio novembre, non si faranno prima di metà mese.
Troppi i malumori, i desideri da soddisfare e le caselle che non si incastrano. Ma a emergere come le grane che più assillano l'ad sono il Tg1 e Raidue. Gli ascolti della rete finita in quota ai sovranisti hanno fatto sbarrare gli occhi a Fuortes. Programmi che galleggiano tra l'uno e il due per cento di share trattati da uffici di collocamento di Lega e di Fdi con costi di produzione sproporzionati rispetto ai risultati: fallimenti che il manager addossa all'ex direttore della rete Ludovico Di Meo, nel frattempo finito alla sede di San Marino.
Sono almeno una decina i programmi in palinsesto che dovrebbero finire sotto la scure. Nelle informazioni raccolte da Fuortes, Di Meo viene descritto come in balia della leader di Fdi Giorgia Meloni, e si parla di cene dove sono state decise le sorti dei talk show e dei relativi conduttori. Tra questi Alessandro Giuli, fratello di Antonella Giuli, portavoce di Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera e cognato di Meloni.
Il giornalista, ex Foglio, oggi Libero, è passato da un programma sovranista all'altro, da «Povera Patria» a «Seconda Linea» fino ad «Anni 20», considerati dei flop, e chiusi o ricollocati in seconda serata, con il loro carico di «prime utilizzazioni» (un costume che Fuortes ha detto di voler stroncare) e di autori affiliati alla destra.
gennaro sangiuliano foto di bacco
È il caso di Anni 20, dove lavora la moglie di Marcello De Angelis, ex estremista di destra di Terza Posizione, ex deputato e già direttore del Secolo d'Italia, e dove a condurre è rimasta Francesca Parisella, voluta da Giampaolo Rossi, ex membro del Cda indicato da Meloni e fatto fuori alle ultime nomine dei vertici.
Poi c'è il caso Tg2. Nei primi quindici giorni di ottobre il crollo, rispetto allo stesso periodo del 2020, è stato di oltre mezzo milione di telespettatori. I consiglieri Rai hanno chiesto a Fuortes di fare chiarezza sullo share dei Tg prima delle nomine. Ma Salvini ha detto chiaramente al manager che il direttore Gennaro Sangiuliano non si tocca.
giovanna botteri foto di bacco (1)
Una complicazione non da poco, visto che è intenzione dell'ad cambiare il direttore del Tg1 Giuseppe Carboni che invece sugli ascolti si è difeso. E qui veniamo alla seconda grossa grana. Carboni è alla guida del telegiornale per volontà del M5S. La visita dell'ad a Di Maio, non apprezzata dai nuovi vertici del Movimento, e le telefonate a Giuseppe Conte sono servite a sondare gli umori.
La reazione era prevedibile: senza più il Tg1 i grillini rischiano di rimanere tagliati fuori dalla nuova Rai. Lo schema di Fuortes prevederebbe Raidue al centrodestra, Raitre ai giallorossi (a trazione Pd), mentre Raiuno, rete-guida dell'azienda, conserverebbe un'anima più istituzionale, come proiezione mediatica del «draghismo». Da Palazzo Chigi è giunta a Fuortes una richiesta, sopra tutte: il direttore deve essere donna. Da settimane è candidata quasi in solitaria Monica Maggioni, ex presidente Rai ai tempi di Matteo Renzi. Nelle ultime ore sono emersi anche i nomi di Lucia Goracci e Giovanna Botteri, preferite anche dai 5 Stelle.
Carboni pagherebbe la debolezza proprio del M5S ma anche il fatto di aver minimizzato la sua sconfitta alle amministrative. Un'accusa che gli ha mosso per primo Michele Anzaldi della commissione di Vigilanza. Era stato il deputato di Iv - che ha anche attaccato Lucia Annunziata per aver ospitato Conte e i suoi cinque vicepresidenti a «In Mezz' ora» - ad avvertire Fuortes, dopo l'audizione in cui l'ad denunciò il buco da 300 milioni. «Gli dissi di ridurre e non di moltiplicare gli spazi».
Il piano di Fuortes invece ha confermato le dieci direzioni dei Generi, ereditate dal predecessore Fabrizio Salini, che di fatto esautorano le reti e offrono nuove poltrone agli appetiti dei partiti. Nel domino degli spostamenti Carboni finirebbe al Giornale Radio al posto di Simona Sala, che a sua volta sostituirebbe Mario Orfeo al Tg3. Ma non è chiaro dove andrebbe Orfeo: a un tg, a una rete o a un genere. E quindi non è improbabile che rimanga dov' è, in quota centrosinistra. Il puzzle è incompleto e la Vigilanza ha già convocato Fuortes per conoscere i profili per le nuove direzioni e sapere come farà a risparmiare.