1. FERMI TUTTI! IL FEMMINISMO L’AVVERSARIO PEGGIORE CE L’HA IN CASA: LE DONNE! 2. OGNI ANNO LA RIVISTA ‘’TIME’’ INDICE TRA I SUOI LETTORI IL CONCORSO PER LA PAROLA PIÙ INSOPPORTABILE, PIÙ ABUSATA, QUELLA CHE SI VORREBBE VEDER BANDITA PER SEMPRE DALL’USO COMUNE. QUEST’ANNO LA PIÙ VOTATA È LA PAROLA “FEMMINISMO” 3. NON ABBIAMO NIENTE CONTRO IL FEMMINISMO, HA SPIEGATO “TIME” DOPO AVER SCATENATO L’INFERNO, È LA PAROLA IL PROBLEMA E IL MODO IN CUI È STATA USATA. IN PARTICOLARE DA TUTTE QUELLE CANTANTI, ATTRICI, DONNE FAMOSE A VARIO TITOLO CHE LA SFOGGIANO ORMAI IN OGNI INTERVISTA, ESIBENDO IL PROPRIO IMPEGNO COME UN GIOIELLO. ESPRIMENDOSI SENZA COMPETENZA L’HANNO DISTRUTTA, BANALIZZATA, RESA INSOPPORTABILE 4. SI RIFERISCONO PRIMA DI TUTTO A BEYONCÉ. E POI A TUTTE LE ALTRE - TAYLOR SWIFT, LENA DUNHAM, LADY GAGA, MILEY CYRUS - CHE INALBERANO IL FEMMINISMO CON IL CULO

Elena Stancanelli Elena Stancanelli

1. E ADESSO “TIME” VUOLE BUTTARE LA PAROLA FEMMINISMO

Elena Stancanelli per “la Repubblica”

 

Ogni anno la rivista Time indice il concorso per la parola più insopportabile, più abusata, quella che si vorrebbe veder bandita per sempre dall’uso comune. Pubblica una lista di candidate, e poi chiede ai lettori di votare. Quest’anno nella lista c’è la parola “femminismo”. Non abbiamo niente contro il femminismo, hanno spiegato dopo aver scatenato l’inferno, è la parola il problema e il modo in cui è stata usata. In particolare da tutte quelle cantanti, attrici, donne famose a vario titolo che la sfoggiano ormai in ogni intervista, esibendo il proprio impegno come un gioiello. Esprimendosi senza competenza l’hanno distrutta, banalizzata, resa insopportabile.

BEYONCE E JAY ZBEYONCE E JAY Z

 

Si riferiscono prima di tutto a Beyoncé, che ha campionato le parole del Ted talk di Chimamanda Adiche nella sua canzone, “Flawless”, usandole anche come sfondo dei suoi concerti. Quelle dove la scrittrice nigeriana si chiede perché si insegni ancora alle ragazze a considerare il matrimonio un obiettivo, mentre l’obiettivo che ai maschi si insegna di rincorrere è un buon lavoro, che consenta successo e denaro. E poi a tutte le altre — Taylor Swift, Lena Dunham, Lady Gaga, Miley Cyrus... — che si sono espresse non proprio richieste sull’ortodossia o le specificità del proprio femminismo.

lennox definisce beyonce femminista alla leggeralennox definisce beyonce femminista alla leggera

 

Persino il discorso di Hermione/Emma Watson alle Nazioni Unite è stato incluso in un uso pop, e quindi irritante, del femminismo, tanto irritante da meritare appunto l’ostracismo. La rete si indigna, i social non ci stanno. Roxanne Gay, autrice di Bad Feminist, twitta «In quale universo è un problema che le celebrity supportino il femminismo rendendolo popolare?». E ancora: «Non è che per caso quelli del Time stanno con Woman Against Femminism? (il famoso tumblr nel quale alcune donne si sono fatte fotografare con cartelli che spiegavano perché a loro non serviva il femminismo: perché mi piacciono gli uomini, amo i commenti sul mio corpo, cucinare le torte di mele...).

beyonce feminist vmasbeyonce feminist vmas

 

Ma mentre l’indignazione su Internet sale, e le giornaliste si affannano a spiegare perché non va bene bannare il femminismo, sia pure per gioco, i lettori di Time votano. Secondo le ultime proiezioni, la parola femminismo ha conquistato la prima posizione in classifica, staccando le avversarie “bae” (il nuovo “baby”), “kale” (fico) “om nom nom nom” (una specie del nostro “mmmmmm”, per significare che si sta mangiando qualcosa di buonissimo) e “literally”.

miley cyrus instagram 8miley cyrus instagram 8

 

miley cyrus instagram 6miley cyrus instagram 6

Il 40% dei lettori di Time pensa che la parola da eliminare nel 2015 sia femminismo. Finora avevano vinto parole oggettivamente orribili, acronimi impronunciabili, neologismi senza alcun significato. Esclamazioni usate come interiezioni negli sms: LOL (Laugh Out Loud, che ridere) OMG (Oh My God) YOLO (you only live once, la vita è una sola). Nel 2014 aveva vinto “twerk”, la danza che consiste nello sbattacchiare il fondoschiena resa celebre da Miley Cyrus, Rihanna e Jennifer Lopez. Parole quindi, e anche bruttine.

 

Femminismo, scrivono gli indignati contro Time, non è una parola, è un’identità, un’ideologia, un credo politico. Non può essere liquidato come un fastidioso modo di dire, finire nel mucchio dei tic linguistici. È vero che quest’anno ha tirato il vento dell’impegno e alcune donne famose, di solito impegnate soprattutto a tener lisci e appuntiti gli zigomi, hanno sproloquiato a caso su pari opportunità e quote rosa. Può essere una cosa scema, ma male non fa. Bisogna accordarsi su un’unica linea di condotta: quelli famosi, aiutano o danneggiano le cause a cui aderiscono?

 

il twerking di miley cyrusil twerking di miley cyrusmiley  cyrus  4miley cyrus 4

È difficile capire perché tirarsi una secchiata di ghiaccio in testa, allo scopo di incrementare i fondi per la ricerca sulla Sla, sia giusto, e che Beyoncè balli di fronte a uno schermo su cui stanno scritte parole intelligenti, dovrebbe essere una catastrofe. Se Jovanotti scrive sul suo account twitter che Open di Agassi è un bellissimo libro, ne fa vendere migliaia di copie. Certo, sarebbe meglio che lo stesso risultato lo ottenesse una dotta recensione, ma anche il risultato e basta è qualcosa. Tra tutte le parole brutte che il nostro vocabolario ospita e la contemporaneità inventa, ci siamo scagliati tutti con insopprimibile violenza contro “femminicidio”.

 

miley cyrus on bangerz tour in buenos aires 10miley cyrus on bangerz tour in buenos aires 10Lena Dunham nudaLena Dunham nuda

Perché lo scontro maschio/femmina è ancora il nodo delle nostre società. Da quella dialettica esplosiva nasce quasi tutta l’arte, la politica, per non parlare delle psico-patologie. È irrisolto, caldo, è la nostra rivoluzione possibile, quella che, nella peggiore delle ipotesi, potremmo ancora mancare. Da qualche giorno è diventato virale (e ha prodotto decine di imitazioni) un video girato in varie città, in cui una ragazza né bella né brutta, in abiti non appariscenti, cammina.

 

E viene sepolta di commenti, fischi, battute, proposte oscene. Chissà se sono quelli gli elettori di Time, i fischiatori da strada che non vogliono essere spernacchiati dalle femministe. O sono invece certe femministe portatrici della vulgata femminista e offese dalla sua banalizzazione, che per eccesso di severità preferiscono far saltare il banco. La politica insegna: gli avversari peggiori ce li hai quasi sempre in casa.

 

 

2. LO SHOW DELLE FEMEN A SAN PIETRO E LA MORTE DEL FEMMINISMO

CATERINA SOFFICICATERINA SOFFICI

Caterina Soffici per “il Fatto Quotidiano”

 

   Il settimanale Time sta conducendo un sondaggio online tra i suoi lettori. Propongono di scegliere la parola da vietare per il 2015 in una lista di vocaboli divenuti insopportabili, perché abusati, superati, insulsi o inutili. Il risultato verrà pubblicato sull’edizione del magazine di mercoledì. Ma online la tendenza è già chiara: ieri sera il 49% dei votanti aveva scelto la parola che non vorrebbero più sentire: “femminista”.

 

femen san pietro femen san pietro

   Cosa ha fatto il femminismo per finire nella lista dei “rinnegati”? Chi ha votato dice che non ha nulla “contro il femminismo in sé”, ma contro l’abuso del termine. “Da quando lo hanno fatto diventare una dichiarazione politica, sulla quale ogni celebrità deve prendere posizione e dire se si dichiara femminista o no. Atteniamoci ai problemi e non sprechiamoci in chiacchiere” è il succo della questione.

 

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   Femminista è diventata una parolaccia? Il dibattito è aperto da tempo, ma ultimamente sembra veramente un tema caldo. Solo per restare al Regno Unito, il leader laburista Ed Miliband e il vicecapo del governo Nick Clegg hanno sentito il bisogno di apparire in tv indossando magliette con la scritta “Io sono femminista” (per poi scoprire che erano fabbricate da schiave bambine, con gaffe galattica).

 

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   L’attrice britannica Emma Watson (la Hermione di Harry Potter), 24 anni, nel discorso tenuto all’Onu il mese scorso come ambasciatrice dei diritti delle donne ha sentito la necessità di dire: “Femminismo non è una brutta parola. Io lo sono da quando ho 14 anni e i giornali hanno iniziato a descrivermi come un oggetto sessuale”. Si chiedeva la Watson, di fronte alla platea del Palazzo di Vetro: “Le donne rifiutano di identificarsi come femminista. Perché è diventata una parola tanto scomoda?”.

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   Performance come quella delle Femen ieri a Piazza San Pietro possono essere una parte della risposta. Le Femen si presentano come un “gruppo femminista radicale” che lotta per la liberazione delle donne dalla schiavitù sessuale, dal sessismo, dall’omofobia, in difesa della laicità dello Stato contro le ingerenze del Vaticano. Ieri per difendere questi valori si sono presentate nella solita mise: tette al vento, scritte sul corpo (“Il Papa non è un politico”), hanno mimato un rapporto sessuale con un crocifisso, inginocchiate sul sagrato di San Pietro.

 

femen san pietro  femen san pietro

   Un balletto in stile Miley Cyrus, più pornografico che iconoclasta, per protestare contro la visita del pontefice al Parlamento europeo prevista per il 25 novembre.

 

   Lo show è finito come da copione, con l’arrivo della polizia eccetera eccetera. Niente di nuovo, performance scontata e controproducente, al punto che sulle Femen ormai si dice di tutto, addirittura che siano prezzolate da gruppi di estrema destra, proprio per rinserrare le file tra gli adepti.

femen announofemen announo

 

femen contro putin 1femen contro putin 1

   Il problema è che le Femen nuocciono gravemente alla causa delle donne. Se le istanze femministe devono essere appannaggio di un pugno di svalvolate, che si sentono le sentinelle della militanza contro il potere dei maschi oppressori (Putin, il Papa o chi per loro), meglio seguire il consiglio del sondaggio di Time: cancelliamo il femminismo dal nostro lessico.

 

miley  cyrus  3miley cyrus 3Miley  cyrus sculacciata in MessicoMiley cyrus sculacciata in Messico

   Però non facciamolo. Almeno non finché le donne continuano a essere discriminate, pagate meno, molestate per strada e uccise dai propri partner dentro le mura di casa. Finché non saranno più vendute come spose. Non saranno più vittime di mutilazioni genitali, usate come oggetti sessuali, lapidate, impiccate. Quando le ragazze potranno stare su Internet senza diventare prede sessuali e ricevere minacce di morte, insulti e bullismi. Solo allora si potrà smettere di usare la parola “femminista”.

 

 

 

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