1. FERMI TUTTI! RE GIORGIO RESPINGE LA MOSSA ELETTORALISTA DEL PAROLAIO DI FIRENZE 2. IL PRESIDENTE HA CONVOCATO AL COLLE PADOAN PER "ULTERIORI CHIARIMENTI" SUL DECRETO IRPEF, QUELLO DEGLI 80 EURO PER 10 MILIONI DI ITALIANI, APPROVATO DAL GOVERNO, PRIMA DI FIRMARLO, COME ERA PREVISTO OGGI, E FARLO DIVENTARE LEGGE 3. RENATO BRUNETTA AVEVA CHIESTO AL COLLE DI NON FIRMARE IL DECRETO: "LE NORME DEVONO ESSERE COPERTE, SECONDO MODALITÀ CHE NON LASCINO DUBBIO ALCUNO, SE NON SI VUOL FAR RIPIOMBARE L'ITALIA NELL'INCUBO DI UNA NUOVA PROCEDURA D'INFRAZIONE"
Non è una scelta usuale: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha convocato al Colle il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan per "ulteriori chiarimenti" sul decreto Irpef, quello degli 80 euro, approvato dal governo, prima di firmarlo, come era previsto oggi, e farlo diventare legge.
Napolitano l'ha ricevuto in tarda mattinata per quello che si apprende essere "uno scambio di opinioni" e chiedere appunto informazioni. Non è noto al momento su cosa volesse chiarimenti il capo dello Stato. Il provvedimento è cruciale per il governo Renzi, che ne ha chiesto una rapida approvazione.
Il decreto, che tra le altre cose prevede un bonus di 80 euro per 10 milioni di italiani, ha scatenato un dibattito politico soprattutto sulle coperture. Stamattina, il presidente dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta, aveva chiesto al presidente di non firmare il decreto: "Rinnoviamo, pertanto, il nostro appello, per la verità l'ultimo, affinché - ha detto Brunetta - non si compia un atto che potrebbe avere conseguenze estremamente gravi per il nostro Paese. Le norme devono essere coperte, secondo modalità che non lascino dubbio alcuno, se non si vuol far ripiombare l'Italia nell'incubo di una nuova procedura d'infrazione".
2. PRECISAZIONI AL DECRETO? UNA LUNGA LISTA
Paolo Baroni per La Stampa
Se si vogliono cercare criticità al decreto fiscale il presidente della Repubblica non ha che l'imbarazzo della scelta. La più evidente è che per ora l'intervento di riduzione fiscale - il bonus da 80 euro - è una tantum e non strutturale, cosa che fa dire alle opposizioni che si tratta di una manovra di puro stampo elettorale. In più è stata coperta soprattutto con nuove tasse e non con i tagli come annunciato in un primo momento dal governo e auspicato dalle buone regole che dovrebbero governare una sana gestione dei conti pubblici.
Se poi si vuole entrare nel dettaglio proprio delle misure fiscali l'aver aumentato il prelievo sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia, facendo pagare alle banche un importo maggiorato ed in un'unica rata (mentre la legge originaria approvata alla fine dell'anno scorso parlava di tre), sfiora l'incostituzionalità .
Mentre la norma che si vuole imporre alle imprese, che a loro volta dovranno saldare in un'unica rata anziché in tre le tasse sulle plusvalenze generate dalla rivalutazione dei loro beni, certamente è come minimo una violazione dello statuto del contribuente. Che predica, spesso inutilmente, l'invarianza delle norme fiscali. Mentre invece così le imprese interessate dovranno, non si sa come, rifare i bilanci già approvati.
Se questi punti venissero impugnati dai soggetti interessati il castello di carte del governo sarebbe seriamente a rischio. Nel decreto, come sappiamo, ci sono poi risparmi messi in conto agli organi costituzionali, un tetto agli stipendi dei manager, che di fatto taglia il compenso dei presidenti di cassazione e pure quello dei vertici di Bankitalia (istituto che godrebbe di una sua autonomia): tutte norme comprensibili che però non possono essere buttate dentro al decreto basta che sia.
E ancora, sul fronte dei tagli i 700 milioni tolti alle Regioni e gli altri 700 sottratti ai comuni, non è detto che siano ben visti agli occhi dell'inquilino del Colle e dei suoi esperti. Come i tagli ai ministeri, a cominciare dalla Difesa (F35 ma non solo). E si potrebbe continuare così, ancora per molto.
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