FINITI I MORSI, INIZIANO I BOCCONI AMARI: L’EGITTO NON RIESCE A TROVARE UN PREMIER PER LA TRANSIZIONE (TUTTO IL POTERE AI GENERALI)

Fabio Scuto per "La Repubblica"

Un'Alleanza che ha rovesciato in 48 ore il regime di un presidente islamista da 4 giorni non riesce a trovare un premier in grado di guidare il Paese verso quella transizione "davvero" democratica della quale si sono dichiarati garanti i militari che mercoledì sera hanno arrestato Morsi e abrogato la Costituzione.

Quella sedia vuota, dopo il veto posto sul nome di Mohammed El Baradei all'ultimo minuto dai due partiti islamisti che hanno accettato il dialogo con il neo-presidente Adly Mansor, è il segno più evidente delle divisioni che lacerano l'opposizione laica e musulmana moderata, unita nel chiedere la cacciata di Morsi ma divisa sul futuro del Paese più influente e popoloso del Medio Oriente.

Ieri notte è stato "bruciato" anche il nome del 'liberale' Ziad Bahaa El-Din, economista, fondatore del Partito socialdemocratico e presidente della Consob egiziana. Prima la tv di Stato ha annunciato la sua nomina, poi il partito salafita "Al Noor", che partecipa a queste trattative, avrebbe posto il veto anche su El-Din rinviando tutto ad oggi, ultimo giorno di Ramadan.

Questa seconda rivoluzione non ha ancora un "timoniere", solo un regista occulto nella persona del generale Abdel Fattah al Sissi, che appare sempre di più come il nuovo "uomo forte" dell'Egitto. Il premier ideale dovrebbe fare da collante a formazioni
politiche molto diverse fra loro, dai salafiti di Al Noor al movimento dei Ribelli di Tamarod, mentre la Fratellanza musulmana continua a chiamarsi fuori da qualsiasi trattativa, continuando a gridare al golpe militare e giurando di rimanere nelle piazze fintanto che Morsi non tornerà al suo posto.

Anche ieri in decine di migliaia si sono ritrovati a Nasr City, quartiere poco distante dalla "cittadella" del potere a Heliopolis. Con la bocciatura della candidatura dell'ex direttore dell'Aiea e premio Nobel per la pace con l'accusa «di essere uomo Usa», si è eliminata la persona che più ha identificato l'opposizione prima al raìs Mubarak e poi a Morsi e alla Fratellanza musulmana, una figura in grado di fornire quelle "garanzie" internazionali necessarie per gli aiuti di Usa e Ue all'Egitto.

Le decine di migliaia che ieri sera hanno invaso Piazza Tahrir a sostegno della "nuova rivoluzione" vogliono una risposta alle loro aspirazioni e quelle di milioni di egiziani scesi in strada in questi giorni.

Il sorvolo degli elicotteri con le bandiere e le acrobazie dei jet militari con scie fumogene al tramonto su piazza Tahrir non basta a rassicurare. Questo "vuoto" può trascinare l'Egitto verso uno scontro aperto, «uno scenario siriano » lo ha definito ieri il presidente russo Vladimir Putin.

I segnali vengono dal Sinai dove ci sono stati nuovi attacchi di gruppi islamisti e un soldato è stato ucciso a Al Arish, e la pipeline che attraversa la Penisola per portare il gas in Israele e in Giordania è stata fatta saltare in aria: le fiamme erano visibili a 50 km di distanza.

 

 

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