IL FONDO SFONDA LA RENZINOMICS - IL RAPPORTO DEL FMI AVVERTE L’ITALIA: NIENTE CRESCITA NEL 2014, ANZI RECESSIONE. SERVE UNA MANOVRA DA 8 MILIARDI PER CONSOLIDARE I CONTI E UN TAGLIO ALLE PENSIONI
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
Christine Lagarde direttore del Fondo Moneteario internazionale
Il Fondo monetario internazionale rivede al ribasso le stime sulla crescita in Italia, a cui raccomanda rapide riforme strutturali soprattutto nel settore del lavoro, la pubblica amministrazione e la giustizia civile, per far ripartire l’economia. L’istituto di Washington suggerisce poi che «un ulteriore aggiustamento rispetto ai piani delle autorità (fino allo 0,5% del Pil a seconda della forza della ripresa) aiuterebbe a raggiungere un piccolo surplus strutturale nel 2015». In sostanza una manovra compresa fra 7 e 8 miliardi di euro, subordinata però ad una crescita più solida di quella vista finora.
Quindi aggiunge che «ottenere risparmi significativi sarebbe difficile senza intervenire sulla grande spesa pensionistica, che è la più alta d’Europa, pari a circa il 30% del totale».
Questi giudizi sono contenuti nel rapporto pubblicato ieri, sulla base delle consultazioni Articolo IV tenute a giugno, ossia la revisione annuale che il Fondo fa delle economie dei paesi membri. A luglio l’Fmi aveva previsto una crescita dello 0,3% per il 2014, ma nel frattempo la sua stima è scesa ad una contrazione dello 0,1%. L’anno prossimo invece gli analisti dell’Fmi si aspettano una accelerazione dell’1,1%.
Tutte queste stime però erano state fatte prima dell’estate, e quindi dopo gli ultimi dati negativi verranno probabilmente riviste ancora al ribasso, quando in occasione dei meeting autunnali di metà ottobre verrà pubblicato il World Economic Outlook. Lo ha anticipato lo stesso Kenneth Kang, capo della missione del Fondo a Roma, durante un briefing con i giornalisti.
La crescita, comunque, resterà ancorata intorno all’1% o poco più, almeno fino al 2019. La disoccupazione salirà dal 12,2% del 2013 al 12,6% del 2014, cioé ai livelli massimi dal dopo guerra, per scendere poi lentamente al 12% nel 2015, 11,3% nel 2016 e 10,5% nel 2017. Il Fondo, per affrontare il problema del debito che resta minaccioso, suggerisce una manovra fino allo 0,5% del pil, ma la subordina ad un rafforzamento della crescita che al momento non si vede. Kang ha detto che «secondo noi questo intervento sarebbe utile», andando in una direzione diversa rispetto a quella del governo Renzi, che invece sta chiedendo all’Europa di alleggerire la pressione per il consolidamento fiscale.
Il Tesoro però giudica in maniera positiva il rapporto, perché la sollecitazione ad agire in questo senso è meno netta del passato, e riconosce che con la crescita negativa attuale un simile intervento avrebbe ulteriori effetti depressivi. Resta peraltro il nodo delle pensioni, che per l’istituto di Washington prima o poi andrà ancora affrontato, se vogliamo fare risparmi autentici a fronte di una spesa previdenziale che è la più alta d’Europa.
PENSIONATI RITIRANO ALLA POSTA
Per favorire la ripresa, invece, il Fondo insiste sulla necessità di accelerare le riforme, come quella del lavoro, la giustizia civile, il settore pubblico, e quella istituzionale, che aiuterebbe l’applicazione dei provvedimenti decisi. Il rapporto cita la legge elettorale, che implicherebbe la necessità di andare al voto per formare poi un governo con una maggioranza più solida, ma secondo alcune interpretazioni in realtà si riferisce alle modifiche istituzionali utili ad accelerare l’implementazione delle norme approvate.
Il giudizio sulle iniziative prese finora, come il Jobs Act, è favorevole, ma non è sufficiente. L’Fmi riconosce quanto è stato compiuto nel settore del lavoro, ma insiste sull’opportunità di andare verso un contratto unico.
Stesso discorso per la giustizia civile, dove l’attesa di mille giorni in media per risolvere una causa non è accettabile e paralizza le imprese. Il Fondo pone molta enfasi su questo aspetto, che aiuterebbe subito ad accelerare la ripresa, così come su quello del finanziamento dell’economia, dove le banche colpite dalla crisi continuano ad avere un atteggiamento forse troppo prudente.