FUTEBOL INDIGNADO – IL PALLONE IN BRASILE È PIÙ FORTE DELLE PROTESTE: OLTRE IL 70% DELLA POPOLAZIONE VUOLE VINCERE IL MONDIALE

Rocco Cotroneo per il "Corriere della Sera"

Alla fine è andata, e non è andata male. Nonostante un Paese in fiamme, per motivi in buona parte estranei al calcio; le dure pressioni della Fifa, che esige standard svizzeri; l'affanno con il quale sono stati ultimati gli stadi e la logistica traballante. Il torneo che rischiava di non terminare in Brasile - secondo qualche velata minaccia di una settimana fa - si è concluso bene e ha promosso il Paese ospitante, per il quale si trattava soprattutto di una prova generale in vista del Mondiale 2014.

Due pullmini (vuoti) della Fifa presi a sassate a Salvador sono l'unico episodio degno di nota in quindici giorni nel capitolo «incolumità a rischio per ospiti e giocatori» di cui tanto si è parlato in Brasile. La vicenda del furto denunciato dai giocatori spagnoli a Recife è sfociata nel nulla: la versione a luci rosse di quella notte allegra si è rivelata la più corretta. «È stato un test andato a buon fine - ha ammesso alla fine Joseph Blatter -. Ma non dimentichiamo che nel Mondiale saranno coinvolte 12 città, 32 squadre e 64 partite».

Chi è arrivato da fuori è rimasto più impressionato dal traffico, dalle enormi distanze da coprire all'interno della città e dal clima caldo e umido di alcune sedi. Problemi risolvibili solo in parte, nei prossimi dodici mesi.

Impossibile comunque separare il calcio da quello che sta avvenendo nella società brasiliana. Se ne parlerà ancora a lungo, una volta spenti i riflettori della Confederations Cup. Oltre il 70 per cento della popolazione è d'accordo nell'ospitare i Mondiali, ma le spese sostenute con denaro pubblico o assai agevolato resteranno un tema forte di accusa per la classe politica.

Lo slogan più fortunato nelle marce che da due settimane percorrono tutto il Paese è «Vogliamo scuole e ospedali con standard Fifa!», per sottolineare l'abisso tra un Brasile potenza mondiale nel futebol e appena fuori dal sottosviluppo per i servizi offerti alla popolazione, soprattutto la più umile. Fifa e governo si sgolano in questi giorni per spiegare che un Mondiale di calcio non è fatto solo di spese per un divertimento, ma può anche lasciare un segno per la popolazione.

Schiacciato tra l'indignazione popolare e il pressing della Fifa, il governo non avrà mesi facili, aggravati dal fatto che a breve il Paese entrerà in campagna elettorale per le presidenziali (ottobre 2014).

Appena un mese fa la rielezione di Dilma Rousseff era data per scontata, adesso la Presidente se la passa piuttosto male. Proprio nelle ore in cui decideva di non venire a Rio per assistere alla finale, con paura che si ripetessero i fischi di Brasilia, un sondaggio indicava il crollo della sua popolarità: dal 57 al 30 per cento di approvazione del suo operato.

Dentro al Maracanà l'ultima notte è stata di festa, bel calcio, coreografie spettacolari. In un altro momento sarebbe stata una consacrazione per il Brasile davanti al mondo. Ma la polizia e le forze speciali in assetto di guerra (ben 20.000 agenti) attorno allo stadio facevano impressione.

Un gruppetto di manifestanti, al lato di un lungo corteo, ha iniziato a lanciare lattine di birra agli agenti, che hanno risposto con i lacrimogeni. Ma è finita dopo pochi minuti. Fuori dallo stadio tifosi con la maglietta verdeoro facevano la coda per farsi fotografare davanti ai blindati che si vedono in tv quando la polizia invade le favelas. Anche questo faceva parte della festa.

 

 

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