1- GIANPI TERRORIZZATO DALLA PUBBLICAZIONE DELLE TELEFONATE CERCA DI CONVINCERE I PM DI NAPOLI: “RACCONTO SCENE DI SESSO AVVENUTE CON AMICHE INTIME DI MIA MOGLIE. LEI NON SA NÉ DEI MIEI RAPPORTI COSÌ INTIMI NÉ DEL FATTO CHE IO LE AVESSI PORTATE A CASA DI BERLUSCONI. MIA MOGLIE IL GIORNO DOPO...MI SEPAREREI” 2- INSISTONO WOODCOCK & CURCIO: “LE STESSE CHE PORTA DA BERLUSCONI?”. E TARANTINI: “SÌ, PERÒ IO VADO A CASA SUA, FACCIAMO LA CENA, DOPO LA CENA LE PORTO AL “DE RUSSIE” CON ME IN ALBERGO, IO CHIAMO L’AMERICAN EXPRESS, LA CENTURIUM, LA CARTA, LA NERA, PER FARMI MANDARE DELLE ROSE URGENTEMENTE IN CAMERA. CENTO ROSE ROSSE. FACCIO SESSO CON LORO, POI VADO VIA. IL GIORNO DOPO CHIAMO E COMMENTIAMO. QUINDI, PENSO CHE TUTTO QUESTO NON PIACEREBBE A MIA MOGLIE”
Valentina Errante e Cristiana Mangani per "Il Messaggero"
Si appella all'aiuto di tutti, Giampi, quando sente che le inchieste giudiziarie stanno per accerchiarlo e che ha poche vie d'uscita. Oltre ai soldi, che il Cavaliere gli manda attraverso Lavitola, chiede un lavoro per poter uscire dagli arresti domiciliari, ottenendolo grazie alle intercessioni del premier. E incalza ancora Lavitola perché faccia pressioni su Berlusconi e si occupi della sua vicenda giudiziaria.
Poi cerca di convincere i magistrati di Napoli che non voleva far uscire le carte dell'inchiesta sulle escort perché temeva che avrebbero distrutto il suo matrimonio, visto che dopo le serate ad Arcore era solito portare le amiche della moglie in un albergo romano. E lì, dopo aver ordinato cento rose rosse, le convinceva a continuare la nottata con lui.
IL LAVORO DI GIAMPI E IL COGNATO DEL BOSS. Ã l'avvocato calabrese Vincenzo D'Ascola, il nove settembre scorso, davanti ai pm Curcio e Piscitelli, a smentire in un colpo solo tre persone sulla reale natura del lavoro prestato da Tarantini presso Andromeda.
Fino a due settimane prima, l'avvocato Ghedini, Lavitola e lo stesso Giampi avevano dichiarato che l'impiego era stato trovato dopo aver risposto a una inserzione pubblicata da un quotidiano romano. Ma D'Ascola, che all'epoca aveva assunto la difesa di Tarantini, conferma invece i sospetti dei pm: «Fu Lavitola a trovare lavoro a Tarantini.
Mi riferisco al lavoro cui l'imprenditore barese venne autorizzato durante gli arresti domiciliari. Mi spiego: siccome il Tarantini era alla ricerca di un lavoro, che non riusciva a trovare per la sua notorietà negativa, io ho rappresentato la circostanza all'avvocato Ghedini che, dopo qualche tempo, mi ha presentato Lavitola. Quest'ultimo, nel corso di quell'incontro fra me, Ghedini e lo stesso Lavitola, che ho conosciuto in quella occasione, si è detto disponibile a trovargli un lavoro, cosa che effettivamente fece presentandolo a degli imprenditori calabresi, la famiglia Crea».
Ieri, poi, i pm di Napoli, nell'istanza presentata al Tribunale del Riesame sulla competenza territoriale, hanno confermato che tra le «utilità » ottenute da Tarantini da parte del premier, oltre al denaro, ci sarebbe l'assunzione presso la Andromeda grazie ai «buoni uffici» di Valter Lavitola e dello stesso Berlusconi.
«E tuttavia - da un dato momento in poi, pare a partire dal settembre del 2010 - aggiungono - Tarantini, come dichiarava candidamente, smetteva di lavorare, ma veniva egualmente emessa la busta paga in suo favore. Con la conseguenza che la società milanese in questione veniva ristorata da Berlusconi, per il tramite di Lavitola, delle spese sostenute per i contributi e per le tasse che doveva pagare in conseguenza dell'emissione della busta paga».
LE CONFERME DI GHEDINI E L'ANTIPATIA PER LAVITOLA - La ricerca di un'occupazione e l'impegno del Cavaliere per trovarlo a Giampi è confermato anche da Niccolò Ghedini, nell'interrogatorio del 13 settembre. L'avvocato racconta l'incontro a Palazzo Grazioli: «Mi sono visto lì con Nico (D'Ascola ndr) e ad un certo punto, invece di arrivare il presidente, è arrivato Lavitola, con il quale io ero già in rapporti non buoni.
Lavitola ci ha detto che il presidente gli aveva chiesto se lui aveva qualcuno che poteva trovare un lavoro per Tarantini e che lui probabilmente aveva una persona, una cooperativa, un qualche cosa, una società che poteva dargli lavoro. Perché il presidente mi aveva detto: mi ha scritto molteplici lettere chiedendomi di aiutarlo a trovare un lavoro».
Quelle lettere, documenta l'inchiesta, venivano portate da Nicla Tarantini, direttamente nelle mani de maggiordomo del premier, Alfredo Pezzotti, davanti ad un'edicola nelle vicinanza di Palazzo Grazioli.
LE PRESSIONI SUL PREMIER - Giampi prova a respingere l'accusa di aver esercitato pressioni sul premier per farsi dare attenzione e soldi. Tenta di giustificarsi davanti ai pm che lo incalzano e gli chiedono perché con Lavitola al telefono facesse riferimento agli atti e alle intercettazioni e gli contestano le telefonate. E sostiene che fosse un modo per stimolare il suo amico giornalista perché aveva paura di essere abbandonato dal premier: «Quando invece io a Lavitola dico guarda che quelle telefonate, diciamo, per motivarlo, gli dico, guarda che sono scabrose anche per Berlusconi, allora lui quando sente quel nome, lui si rivitalizza».
E ai pm che gli chiedono la ragione, spiega: «Perchè Lavitola diceva che Berlusconi voleva abbandonarmi, diceva che non mi avrebbe più seguito, che non mi voleva ricevere». à il pm a concludere: «Quindi lei utilizzava, diciamo, il contenuto scabroso presunto di queste telefonate per mantenere vivace l'interesse di Lavitola e dunque di Berlusconi? Questa è la prospettiva, voglio dire?» E Giampi: «Sì, ma anche se a me non mancava niente in quel momento».
SPUNTA IL COGNATO DEL BOSS CALABRESE - Nella caccia a un'occupazione, Lavitola sembra proprio non andare per il sottile. Serve un posto di lavoro, non importa chi può darlo. Ci si rivolge a Bruno Crea, calabrese, titolare di Andromeda, la società che poi impiega Tarantini. Nell'interrogatorio del 14 settembre l'imprenditore insiste sul fatto che Tarantini avesse risposto a un'inserzione.
Anche se, in quello stesso verbale, dopo le domande dei pm, spunta l'ombra della criminalità organizzata: «Vi rispondo che Andromeda mise un'inserzione sul quotidiano romano dal momento che avevamo bisogno di un responsabile commerciale addentrato nel mondo imprenditoriale; a tale inserzione rispose la signora Devenuto, moglie del Tarantini che telefonò in ufficio e parlò con me personalmente.
La signora mi disse che lei era interessata all'annuncio e fissammo l'appuntamento presso l'ufficio di viale Castro Pretorio. In quella occasione la Devenuto mi disse che il marito era agli arresti domiciliari e solo allora io collegai Tarantini alla nota vicenda di cui avevo letto sui giornali».
Poi, a domanda specifica del pm sui rapporti con un esponente della 'ndrangheta, Crea dichiara: «Natale Alvaro è mio cognato, il marito di mia sorella, era dipendente delle Ferrovie ed è attualmente detenuto perché condannato per un reato di associazione a delinquere di stampo mafioso».
E ancora: «Pietro D'Ardes è un imprenditore romano mio amico, sono stato io a presentarlo a mio cognato Alvaro, ha rilevato una società fallita che lavorava nel porto di Gioia Tauro, è attualmente detenuto, in quanto anche lui condannato nel processo di mio cognato».
CENTO ROSE ROSSE PER LE AMICHE DELLA MOGLIE - Negli atti dell'inchiesta depositati per il Tribunale del riesame ci sono anche i rapporti che Giampi intratteneva con le amiche della moglie, i suoi continui tradimenti. Ai pm lo conferma: «Lo ho detto un giorno, chiamo Lavitola al telefono, dico a Lavitoia: guarda che se vedo che queste benedette telefonate sono sui giornali, quindi escono, io sono rovinato perché ci sono delle telefonate a... con me ad alcune amiche intime di mia moglie che potrebbero uscire sul giornale e mia moglie il giorno dopo...mi separerei.
Racconto scene di sesso avvenute con amiche intime di mia moglie, e il giorno dopo commentiamo. Lei non sa l'esistenza di queste cose: né dei miei rapporti così intimi né del fatto che io le avessi portate a casa di Berlusconi».
Insiste il pm: «Le stesse che porta da Berlusconi?». E Tarantini: «Sì, però io vado a casa sua, facciamo la cena, dopo la cena le porto al "De Russie" con me in albergo, io chiamo l'American Express, la Centurium, la carta, la nera, per farmi mandare delle rose urgentemente in camera. Cento rose rosse. Faccio sesso con loro, poi vado via. Il giorno dopo chiamo e commentiamo. Quindi, penso che tutto questo non piacerebbe a mia moglie».
Valter LavitolaGHEDINI GIANPIERO TARANTINI ALLA FINESTRAAngela Devenuto moglie di TarantiniDADDARIO Began