UN GOVERNO SENZA (NOVECENTO): NESSUN POST-FASCISTA E SOLO UN EX COMUNISTA NEL MISCHIONE DI LETTA

Mattia Feltri per "La Stampa"

L'esemplare unico della specie in via d'estinzione è Flavio Zanonato. Sessantaquattro anni a luglio, ex sindaco di Padova, ha fatto in tempo ad iscriversi al Partito comunista di cui fu consigliere comunale e segretario provinciale. Divenne celebre per ragioni diverse, quando nel 2006 fece edificare il muro di via Anelli, una barriera antispaccio che finì col creare un ghetto per immigrati e consegnare a Zanonato il soprannome di sceriffo.

Ogni tanto saltava su e diceva a Silvio Berlusconi che i problemi andavano risolti assieme, e saranno stati questi tentativi ante litteram di larghe intese, insieme coi sospetti di paraleghismo, a fare di Zanonato un uomo buono per il governo. E però quello che qui conta è che comunista fu. Ed è l'unico sopravvissuto all'improvvisa moria.

A destra è andata anche peggio: non ce n'è uno, nella squadra di Enrico Letta, proveniente dal Movimento sociale. Il tragico destino unisce i duellanti di sempre (gli ormai annacquati eredi delle idee assassine del Novecento) perché hanno perso tutto. «Ora vedremo come si ricomporrà l'assetto del Pd», osserva il senatore Nicola Latorre, una volta indicato come dalemiano. Ma intanto Pierluigi Bersani è dimissionario e molto difficilmente il successore sarà uno di medesima tradizione.

Il capogruppo alla Camera è Roberto Speranza, che nei giorni della Bolognina, quando Achille Occhetto seppelliva il Pci, aveva diciassette anni. Il medesimo ruolo al Senato lo ricopre Luigi Zanda, uno dal percorso politico più complicato e centrista, e spesso vicino a Francesco Cossiga. I loro omologhi nel Pdl sono Renato Brunetta e Renato Schifani, socialista il primo e democristiano il secondo (che ha preso il posto di Maurizio Gasparri). Pressoché una strage. Andrea Augello, cresciuto nelle sedi toste del Msi romano, pensa sia essenzialmente provocata «da due scissioni ridicole, la prima compiuta contro Berlusconi e la seconda da Berlusconi pilotata».

La prima era quella di Gianfranco Fini, scomparso; la seconda quella di F.lli d'Italia che, per paradosso, ha in Ignazio La Russa e Giorgia Meloni i leader, ma il segretario è Guido Crosetto, un altro cresciuto nella Dc e al fianco di Giovanni Goria.

Mentre Augello sottolinea i guasti puramente tattici, visto che gli ex missini «sul territorio hanno una classe dirigente che funziona e quindi prima o dopo ritornerà», Luigi Compagna, senatore pidiellino di sponda radicale, si chiede («ma sono consapevole che la considerazione, riferita alla vicende domestiche, è un pochino sproporzionata») se il Novecento non sia infine tramontato. Può essere, sostiene, che il crepuscolo sia sopraggiunto lentamente ma per programmazione «specie nel Pdl che non nacque da fusione fra Forza Italia e An ma come Ppe italiano». E però la natura del governo appena battezzato farebbe pensare (e Compagna lo dice ridendo) «a un ritorno al Novecento, dove comunisti e fascisti erano irrimediabilmente all'opposizione».

Nonostante Carlo Giovanardi, altro pidiellino democristiano, avverte sull'eccezionalità della situazione: «Non è normale una maggioranza che comprenda il 90 per cento dei parlamentari e una minoranza ridotta al dieci. L'emergenza passerà e vedremo un nuovo quadro». Se non altro per questioni generazionali, secondo l'opinione del ministro Dario Franceschini, del Pd, poco persuaso dall'ipotesi dell'estinzione dei comunisti. La scuola prosegue anche in chi nel Pci non c'è cresciuto: «Il ministro Andrea Orlando ha 40 anni e fu nel Pds».

In effetti la generazione dei cinquantenni lì non c'è: sotto Massimo D'Alema, Walter Veltroni, Piero Fassino e Bersani si vede il vuoto. Si passa dritti ai trenta-quarantenni. «E poi c'è stato un rimescolamento dovuto al lungo percorso della Seconda repubblica», dice Latorre.

Come Franceschini, invita però a non dare per chiusa la questione: «Ora per motivi evidenti era giusto che avessero spazio i "nativi", come si fanno chiamare quelli venuti su soprattutto col Pd. Ma - aggiunge con un po' di infastidita ironia - presto vedremo se essere stati comunisti è ancora reato o è sopraggiunta l'amnistia». Non è distante da Giovanardi per il quale «un governo come questo ha bisogno di persone che non siano divisive, come per esempio lo sarei io che ho combattuto anche duramente le mie battaglie. Oggi c'è bisogno di altro. Quando l'emergenza sarà superata, torneremo a contrapposizioni giuste e forti».

È un po' il tempo che passa, dunque; un po' il momento che è così; un po' una questione puramente strategica. Un po', dice Deborah Bergamini, ex di Forza Italia, «è che la dialettica destra-sinistra non ha più senso, da molto, e lo sappiamo bene. Ormai la dialettica è fra politica e antipolitica, e infatti abbiamo fatto un governo dell'anti-antipolitica».

 

ENRICO LETTA E GIORGIO NAPOLITANOFLAVIO ZANONATOVELTRONI E DALEMA GIANFRANCO FINI jpegMASSIMO DALEMA NICOLA LATORRE Guido Crosetto

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