GRATTA GRATTA, GRATTERI ALLA GIUSTIZIA NON LO VOLEVANO NEANCHE I MAGISTRATI - SABELLI (ANM): “NON BISOGNA CONFONDERE I RUOLI” - RENZI NON L’AVEVA MAI VISTO NÉ CONOSCIUTO (ANNAMO BENE)

Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"

L'inopportunità che un magistrato in servizio vada a ricoprire una funzione apicale del potere esecutivo come quella di ministro della Giustizia deriva dalla necessità di non confondere i ruoli. A prescindere dai nomi e dalle qualità delle persone. Se vogliamo difendere l'autonomia e l'indipendenza della giurisdizione, occorre una distinzione netta con l'ambito dell'attività politica e di governo».

Così il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Rodolfo Sabelli esprime la posizione del «sindacato dei giudici» nel dibattito che s'è aperto (anche tra le toghe) dopo la nomina del Guardasigilli nel governo Renzi. Con l'ovvia premessa che «si tratta di affermare principi generali già espressi, poiché non compete all'Anm commentare né tantomeno interferire con le scelte delle più alte cariche dello Stato».

Quel che è accaduto, ormai è noto. Per la poltrona di Via Arenula Matteo Renzi era entrato al Quirinale con il nome del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri e ne è uscito col nome dell'esponente del Pd Andrea Orlando. Perché il presidente della Repubblica ha fatto notare al neopremier che mai, nell'Italia repubblicana, un magistrato è divenuto ministro della Giustizia arrivando direttamente dal suo ufficio; i pochi che l'hanno fatto erano in pensione o avevano già interrotto l'attività giudiziaria per dedicarsi alla politica.

Evidentemente ci sono delle ragioni, che Sabelli condivide:«Senza precludere niente a nessuno, ci sono problemi da risolvere. Da tempo chiediamo una normativa rigorosa che regoli l'accesso dei magistrati alle cariche elettive e amministrative, disciplinando il rientro in modo da evitare ogni rischio di appannamento della funzione giudiziaria. E qui parliamo addirittura della massima carica del governo in materia».

Quando l'ex pm Nitto Palma fu nominato Guardasigilli, dopo dieci anni trascorsi in Parlamento al fianco di Berlusconi, si dimise dall'ordine giudiziario. Fu una scelta autonoma, che poteva non fare. Pure per Gratteri la decisione sarebbe stata rimessa alla sua sensibilità. «Situazioni così delicate, invece, vanno definite prima per legge», sostiene Sabelli. Considerando che il Guardasigilli è, ad esempio, uno dei titolari dell'azione disciplinare per i magistrati, distinto da quello interno alla categoria che è il procuratore generale della Cassazione.

Problemi evidentemente sfuggiti a Matteo Renzi, che senza averlo mai visto o sentito prima martedì ha telefonato al pm Nicola Gratteri per chiedergli la disponibilità a fare il ministro. Lasciandogli carta bianca sul programma: «Farà quello che ritiene giusto». Del magistrato anti 'ndrangheta (già inserito in una commissione sulla criminalità insediata a Palazzo Chigi dal suo predecessore Enrico Letta) il premier incaricato conosceva le inchieste più famose e gli interventi pubblici a sostegno di una riforma efficientista della giustizia, con la riduzione di tempi e costi attraverso informatizzazione e depenalizzazioni.

Evidentemente Renzi ne è rimasto affascinato, e giovedì ha richiamato Gratteri per confermare la scelta. Ma venerdì, dal Quirinale, l'ha chiamato Graziano Delrio (conosciuto dal pm perché da sindaco di Reggio Emilia gli aveva regalato una copia della prima bandiera italiana) per comunicargli che il presidente Napolitano era contrario alla nomina di un magistrato. Così l'investitura è saltata. Ma chissà che per il pm reggino non arrivino altri incarichi, tra i tanti riservati alle toghe nell'amministrazione della giustizia.

 

 

NICOLA GRATTERIgraizano delrio Rodolfo Sabellinapolitano renzi

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