maurizio martina

SUICIDIO PD – ROBERTO FICO OSPITE D'ONORE ALLA FESTA DELL’UNITÀ, PER MARTINA È IL “PRIMO TEMPO PER PASSARE DALL’OPPOSIZIONE ALL’ALTERNATIVA”. MA PERCHÉ IL M5S CHE È AL GOVERNO E VELEGGIA NEI SONDAGGI DOVREBBE ALLEARSI CON UN PARTITO CHE PRATICAMENTE NON ESISTE PIÙ? – LA VICEPRESIDENTE DELL’EMILIA ROMAGNA GUALMINI: “CAMBIAMO NOME O SCOMPARIREMO. LA CHIUSURA AI 5 STELLE? ERRORE GRAVISSIMO. ERO RENZIANA MA…”

1 – FICO ALLA FESTA DELL' UNITÀ RIAPRE IL DIALOGO COL PD E RITORNA ANCHE IL SINDACATO

Estratto dell’articolo di Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”

 

roberto fico

Luigi Di Maio ha dato forfait, ma alla prossima festa dell' Unità di Ravenna arriverà chi aveva forse sperato più di lui in un governo con il Pd, il presidente della Camera - anima della sinistra M5S - Roberto Fico. Insieme al "mediatore" della Lega Giancarlo Giorgetti.

 

Il segretario dem Maurizio Martina ha pensato alla manifestazione che si apre a Ravenna il prossimo 24 agosto come al «primo tempo per passare dall' opposizione all' alternativa».

 

(…)

 

maurizio martina

Roberto Fico arriverà il 3 settembre per un confronto con l' ex ministro Graziano Delrio, rompendo un' epoca di chiusura del Movimento 5 stelle nei confronti delle feste delle altre forze politiche. Il 7 settembre il faccia a faccia sarà invece tra il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti e il presidente pd Matteo Orfini. La presidente del Senato, la forzista Maria Elisabetta Casellati, sarà presente il 5 settembre. Lo stesso giorno in cui è previsto l' intervento dell' ex ministro della Cultura Dario Franceschini.

 

ROBERTO FICO E GIUSEPPE CONTE

L' ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni sarà invece protagonista di un confronto con il presidente del governo portoghese Antonio Costa. Tema: il futuro dell' Europa. Uno dei fil rouge della festa, visto che il prossimo grande appuntamento per il Pd è proprio quello delle europee della prossima primavera.

 

maurizio martina assemblea pd

(…)

 

Un " assolo" è riservato all' ex segretario Walter Veltroni, che la sera del 31 agosto parlerà della «sinistra oggi » . Il giorno dopo ci sarà invece Matteo Renzi, che ancora ieri alcune testate descrivevano come tentato di fondare un nuovo partito macroniano. Ma che in realtà sarebbe intenzionato a restare e dare battaglia, nonostante ci sia chi - come Sandro Gozi o Francesco-Bonifazi - spererebbe nel lancio di una nuova forza sulle orme dell' En marche d' oltralpe.

 

(…)

 

2 – «CARO PD, O CAMBI NOME O PRESTO SPARIRAI»

Luca Telese per “la Verità”

 

roberto fico prima dell auto blu

Professoressa Elisabetta Gualmini, è vero che lei ha sostenuto che il Partito democratico debba cambiare nome?

«Come fa a saperlo? Ne ho parlato solo in Svizzera...».

 

Lei dovrebbe sapere che La Verità ha orecchie ovunque...

«Bene. Allora è importante dire che in quell' occasione, quando ho reso pubblica la mia riflessione, non ho fatto riferimento solo al nome.

 

Ho fatto un ragionamento più complesso che riguarda l' identità del partito».

 

Non parlava in astratto, dunque.

«Si figuri. Io sono convinta che il Pd debba cambiare pelle e volto al più presto, fin dalle prossime elezioni regionali. Oppure rassegnarsi al rischio di scomparire».

 

Addirittura?

«C' è un malcontento profondo nella nostra base.

ELISABETTA GUALMINI

 

C' è rabbia, incomprensione, delusione e scontento. Tutti questi sentimenti legati insieme. Questa volta, per salvarsi dal declino, non può bastare un semplice lifting».

 

Perché lo dice in termini così drastici?

«Perché dalla mattina alla sera parlo con i nostri militanti in quella che era la regione più rossa d' Italia.

 

C' è ancora gente che mi chiede perché non abbiamo fatto il governo con il M5s!».

 

ANDREA ORLANDO

E lei cosa risponde loro?

«Non posso rispondere su quale sia stato il motivo della scelta, perché nel partito un serio dibattito politico su questo punto non c' è stato.

 

Adesso si è sterilizzata ogni attività del Pd, nella speranza che passi la tempesta, e nell' interesse esclusivo delle correnti».

 

E questo non le piace.

«Scherza? Io credo che se il Pd resta in stato di catalessi politica non abbia la possibilità di sopravvivere alla crisi. C' è il rischio concreto di una dissoluzione del partito e se vuole le spiego perché».

 

Elisabetta Gualmini è vicepresidente della Regione Emilia Romagna. Ma è anche una studiosa, un' intellettuale che viene dal gruppo del Mulino, una persona che in passato ha studiato la politica con strumenti scientifici. Ma oggi è anche un' amministratrice con antenne sul territorio, angosciata per il futuro del Pd. Sta partendo per pochi giorni di vacanza, ma spiega perché è convinta che al ritorno «non ci sia un minuto da perdere».

 

Lo sa che lei parla come una oppositrice interna?

«E di chi? Vorrei che la si finisse con queste etichette aprioristiche».

 

Sta con Andrea Orlando? Con Gianni Cuperlo? Oppure guarda a Pier Luigi Bersani?

LUIGI DI MAIO

«Veramente io ero una renziana. Ho creduto in Matteo Renzi finché è stato possibile. Ma siccome sono una persona seria, e realista, mi rendo conto che il discorso che sto facendo deve riguardare tutto il gruppo dirigente, nessuno escluso».

 

Pensa che la sconfitta sia stata colpa sua? O che ci sia stato un «errore di comunicazione» nei confronti dell' esterno, come dicono in tanti, a partire dal segretario Maurizio Martina?

«Non penso ci sia stato solo un problema di comunicazione sulle cose fatte. E non penso nemmeno che ci sia stata una colpa ascrivibile esclusivamente alla leadership di Renzi. Anche altri dirigenti di questo partito, probabilmente, al suo posto avrebbero ottenuto lo stesso risultato».

SALVINI DI MAIO CONTE

 

Come mai?

«Perché ci troviamo in uno scenario europeo. Da un lato, sono in crisi tutte le socialdemocrazie, davanti alle conseguenze negative della globalizzazione soprattutto per le fasce deboli, molto difficili e complesse da governare; dall' altro, non sono ancora arrivati gli effetti benefici delle riforme introdotte e della crescita economica che, seppure debole, è ripartita».

 

È stato proprio Renzi, però, a fare le barricate contro l' accordo con il M5s.

«Quella chiusura per me è stato un errore gravissimo. Abbiamo consegnato il paese al connubio M5s-Lega, con i risultati che sono davanti agli occhi di tutti».

 

MATTEO RENZI

Lei pensava davvero che fosse possibile aprire un dialogo con Luigi Di Maio?

«Conosco bene il M5s per averlo studiato a lungo, da accademica. È un movimento molto trasversale e chiaramente composto da persone e militanti provenienti dalla sinistra e da persone provenienti dalla destra. È un "partito" molto duttile e plastico, che tende ad adattarsi anche alle situazioni in cui si trova.

 

Non c' è dubbio che interagire con la parte del M5s più orientata a sinistra sarebbe stata una strategia interessante, soprattutto all' interno di uno scenario proporzionale; il Pd ha invece spinto Di Maio tra le braccia di Salvini: un patto che porterà il Paese allo sfascio».

 

In Renzi, come in tanti altri, c' era l' idea della cosiddetta «strategia dei pop corn»: quella cioè che la nascita del governo gialloblù avrebbe fatto emergere rapidamente le contraddizioni tra i partiti che lo sostenevano.

ELISABETTA GUALMINI

«Non ho condiviso in nessun modo il ritiro sull' Aventino che è stato deciso dai dirigenti nazionali. Il secondo partito in parlamento aveva un obbligo politico».

 

Quale?

«Avrebbe dovuto almeno confrontarsi e scoprire le carte con il Movimento 5 stelle: evitare di fare il tifo per l' alleanza iper-populista tra Lega e grillini».

 

Non pensa che quell' accordo possa essere logorante per Salvini e Di Maio, come credono i dirigenti del Pd che si sono opposti?

«A me pare che ci stiamo logorando noi. Il voto del 4 marzo è stato un urlo, una richiesta di protezione sociale, di sostegno e aiuto alle famiglie. Proporre a gente che chiede altro, dibattiti astratti e fumosi, istituzionali o politologici che siano, mi pare suicida».

 

SALVINI DI MAIO FLINSTONES

Non le è piaciuto il dibattito interno del Pd dopo il voto di marzo?

«Quale dibattito?».

 

Non sia sarcastica...

«No, è una domanda seria. Io vedo solo una cosa, che è stata avvertita anche dai cittadini. Perché nessuno dei dirigenti della prima linea si facesse male, in sostanza, si è deciso di non decidere: questo proprio nel momento in cui non bisognava attendere un solo minuto. Questa è stata la scelta che ha fatto e fa più male al partito».

 

Perché lei invece pensa a un gesto drastico come il cambio del nome?

«Perché vado esattamente nella direzione opposta a quella dei temporeggiatori.

Bisogna cambiare subito, e bisogna dare l' immagine di un cambiamento forte, e radicale».

 

A cosa pensa?

MATTEO SALVINI E MATTEO RENZI

«A un passaggio di rottura che sia paragonabile a quello di una nuova Bolognina. Ad un passaggio di discontinuità simile a quello della svolta di Achille Occhetto. Sono stata renziana, e lo ripeto, perché non amo i trasformismi, ma credo che ora si debba prendere atto che il Pd non è stato quello che noi immaginavamo. Oggi il Pd non viene percepito come un grande partito riformista che sta dalla parte dei più deboli».

 

Le piace più il nuovo gruppo dirigente di Martina o quello «vecchio» renziano?

«Non credo che noi possiamo presentarci con i volti dei soliti noti. E non ho avvertito grandi cambiamenti.

Ma in questo caso sto parlando di identità politiche».

 

Quindi, in che direzione guarda?

RENZI BOSCHI

«Credo che si debba tornare ad ancorare questa nuova identità a sinistra. E che, forse, in questo nuovo nome ci debba essere un moderno riferimento all' idea del socialismo».

 

Lei è convinta che si potrebbe collaudare questo progetto fin dalle regionali dell' Emilia Romagna?

«Assolutamente sì. E credo anche che pure un uomo come Stefano Bonaccini (il presidente della stessa Regione, ndr) condivida, se non tutta l' analisi che sto facendo, almeno queste mie preoccupazioni».

 

Le elezioni regionali sono fra circa un anno. Perché tanta fretta?

d alema boschi renzi dalema

«Perché non abbiamo più molto tempo davanti a noi.

 

Mentre il fattore tempo in politica è decisivo, necessario perché qualsiasi cambiamento non sembri un processo trasformistico. Bisogna che il cambiamento sia vero».

 

Ha già in mente il nome e il simbolo che le piacerebbe adottare?

(Sorriso). «No, le ho già detto troppo. Non sono decisioni che si possono prendere da soli, deve essere un percorso condiviso. E fin lì non sono ancora arrivata».

 

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