1. “COSA SUCCEDERÀ AGLI ALTRI OSTAGGI STRANIERI? QUESTO DIPENDE DA OBAMA. SE NON LA SMETTE DI BOMBARDARCI, LI UCCIDEREMO TUTTI. CAPITO? LI UCCIDEREMO TUTTI” 2. UN RAPPRESENTANTE DELL’ISIS PARLA CON IL ‘’CORRIERE’’: “ABBIAMO ACCOLTO 23 MILA NUOVI FRATELLI VOLONTARI TRA LE NOSTRE FILE. E 6.000 DI LORO ARRIVANO DALL’ESTERO” 3. “LA NOTIZIA DELLA DECAPITAZIONE È STATA PER NOI MOTIVO DI GRANDE GIOIA. DALL’ALTRO IERI MOSUL E LE REGIONI ATTORNO SONO IN FESTA, LA GENTE CELEBRA QUESTA AZIONE” 4. IL LORO SLOGAN: “DALLE VIE DI LONDRA ALLE STRADE DELL’IRAQ”. LE DIMENSIONI DEL RECLUTAMENTO IN TERRA BRITANNICA TRA GIOVANI E MENO GIOVANI, PRONTI A TUTTO 5. E GLI EFFICIENTI SERVIZI SEGRETI BRITANNICI? POSSIBILE CHE NON SI SIANO RESI CONTO DI QUANTO STAVA MATURANDO IN CASA? SOLO ADESSO SI COMPRENDE QUANTO FOSSE ESTESA LA RAGNATELA. DA PORTSMOUTH, LA PIÙ ANTICA BASE DELLA ROYAL NAVY, LA MARINA MILITARE, ALMENO IN DIECI HANNO RISPOSTO ALL’APPELLO DELL’INTEGRALISMO SUNNITA

FOLEY FOLEY

1.”«GLI ALTRI OCCIDENTALI TENUTI IN OSTAGGIO? LI UCCIDEREMO TUTTI SE NON FINIRANNO I RAID»

Lorenzo Cremonesi per “Il Corriere della Sera”.

 

Pronto Haji Othman?


«Sì, con chi parlo?».

iraq   l'avanzata dei jihadisti 6iraq l'avanzata dei jihadisti 6


Sono il giornalista italiano, ricordi? Ci siamo parlati due settimane fa. Avevo avuto il tuo numero dai cristiani scappati da Mosul e sfollati a Erbil. Posso farti un paio di domande?


«Ancora! Ma non ti avevo detto di non telefonarmi più?».

FOLEY FOLEY


E’ vero. Ma è importante. Solo un paio di domande. Vorremmo capire cosa pensate voi del Califfato.


«Va bene, ma in fretta. Yallah, non ho tempo».


Comincia così la conversazione telefonica avuta ieri mattina con Haji Othman, che i cristiani di Mosul descrivono come rappresentante del «Califfato» per i rapporti con le comunità non islamiche. La prima volta ci eravamo parlati per circa cinque minuti il 10 agosto. Adesso la conversazione non dura più di quattro. La sua voce è più calma. La linea più pulita. Il mio interprete sostiene che ha l’accento iracheno di Mosul. Per evitare che interrompa subito occorre partire con una domanda che in qualche modo lo stimoli a chiacchierare.

James Wright Foley James Wright Foley


Giunge voce che abbiate reclutato oltre 6.300 combattenti tra i musulmani locali a Mosul nelle ultime tre settimane. Come spieghi il vostro successo?


«No, guarda che sbagli. Le tue informazioni non sono corrette. In realtà abbiamo accolto 23.000 nuovi fratelli tra le nostre file. E 6.000 di loro arrivano dall’estero, sono mohajerin (utilizza il termine diffuso nel mondo arabo per indicare i volontari nelle brigate internazionali della “guerra santa”). Sono tanti fratelli arrivati da tutto il mondo per unirsi a noi. Però adesso basta. Devo andare».


Ancora un attimo. L’Europa e in particolare l’Italia hanno promesso che invieranno armi ai curdi. Che ne pensi?

James Wright Foley James Wright Foley


«Lasciate pure che i curdi ricevano tutte le armi che vogliono. Non importa. Noi stiamo ricevendo ancora più armi e di migliore qualità da quegli stessi luoghi da cui partono per i curdi. Per noi non cambia nulla, non costituisce un problema. Restiamo molto più forti».


Perché avete decapitato il giornalista americano James Foley? Cosa volete dimostrare?


C’è un attimo di silenzio, poi la sua voce cambia tono. Prima era come annoiata, frettolosa. Adesso sembra sinceramente entusiasta, quasi allegra. «La notizia della decapitazione è stata per noi motivo di grande gioia. Dall’altro ieri tutta Mosul e le regioni attorno sono in festa, la gente celebra questa azione. Siamo in festa. Ma ora basta, devo andare, chiudo».


Per favore, un ultima domanda: cosa succederà agli altri ostaggi stranieri?


«Ah! Questo dipende da Obama. Se non la smette di bombardarci, li uccideremo tutti. Capito? Li uccideremo tutti. E tu non mi telefonare più».
 

 

2- IL «CALIFFATO» IN EUROPA GLI HACKER CON IL MITRA PRONTI A TORNARE A CASA  - OCCIDENTALI INDOTTRINATI SUL WEB E AL FRONTE

Fabio Cavalera per Corriere della Sera

 

 James Foley James Foley

«Dalle vie di Londra alle strade dell’Iraq». E ritorno. Junaid Hussain ha 19 anni, è uno dei «soldati» di John, il boia del giornalista americano. Chi sia John ancora non si sa: è inglese, è probabilmente londinese. E uno che ha avuto a che fare con lui, sulle colonne del Guardian , lo descrive come colto, intelligente, educato al radicalismo islamico sulle rive del Tamigi.

IRAQ - JIHADISTI DELL' ISISIRAQ - JIHADISTI DELL' ISIS

 

È volato in Siria per la guerra santa ed è diventato capo di una squadra dell’Isis, quel piccolo esercito (dicono i servizi segreti di Sua Maestà) che riunisce nell’area della città di Raqqa tutti gli estremisti di nazionalità britannica, prima di inviarli al fronte. Ha scalato i ranghi e assieme ad altri tre suoi sottoposti ha costituito un gruppo di fuoco che si è autodefinito «i Beatles».


Estremisti. Combattenti. Terroristi. John è un nome di fantasia. È l’ufficiale che organizza la rete dei jihadisti cresciuti a Londra, a Manchester, a Cardiff, a Portsmouth, a Brighton, a Bristol, nel Sussex. Pianifica le «trasferte». È pure un sorta di agente di viaggio. E Junaid Hussain, hacker che ha violato la privacy di Tony Blair e della sua fondazione, lo ha seguito.

 

James Wright Foley James Wright Foley

Lo avevano identificato e sospettavano che fosse caduto nella rete dei predicatori musulmani più fanatici. Ma lui ha beffato la sicurezza ed è partito in giugno. Ora si firma Abu Abdullah al Britain. Su Twitter scrive: «Dalle vie di Londra alle strade dell’Iraq». E inneggia alla decapitazione del giornalista americano. Imitato da Reyaad Khan che a 20 anni ha mollato Cardiff per imbracciare il kalashnikov e inveire su Internet: «Un messaggio dell’Isis a Obama. Ritiratevi o il caos decapiterà il vostro cammino».


Nel Galles, proprio a Cardiff, c’era una cellula. Al fianco di Reyaad Khan, un diciassettenne e un ventenne: i fratelli Aseel e Nasser Muthana, studenti, il secondo di medicina. Il più grande ha prodotto un video di propaganda per l’Isis quando ancora stava nel Regno Unito. Il padre Ahmed è disperato: «Gli hanno lavato il cervello».

IRAQ - JIHADISTI DELL' ISISIRAQ - JIHADISTI DELL' ISIS


Passano i giorni e le dimensioni del reclutamento in terra britannica diventano chiare. Polizia e servizi segreti si erano lasciati sfuggire il fenomeno. O lo avevano sottovalutato? Cercano di correre ai ripari ricostruendo l’identità e la personalità di questi fanatici, giovani e meno giovani. Pronti a tutto. Che sanno usare i social network e il mitra. Che riescono a fare proselitismo spacciandosi per combattenti, per eroi, per partigiani della fede. Che si lasciano fotografare in Siria e in Iraq con la Nutella e con le armi in mano.

IRAQ - JIHADISTI DELL' ISISIRAQ - JIHADISTI DELL' ISIS


Alla scuola del radicalismo appartengono le «spose della guerra santa» (così si sono definite), due gemelle sedicenni di Manchester, Salma e Zahra Halane. Hanno preso il diploma superiore. Dicevano di volere iscriversi alla facoltà di medicina. Nessuno si era accorto che il loro fratello maggiore, ventenne, era già sparito per unirsi all’Isis. Lo hanno raggiunto.

isisisis


Queste schiere di infervorati jihadisti si concentrano a Raqqa. Secondo i servizi segreti è la città della Siria dove i «soldati» britannici dell’Isis terrebbero prigionieri gli ostaggi occidentali. Sedicenne è pure Jaffar. Studiava a Brighton e se ne è andato col fratello Amer e col fratello Abdullah che è stato ucciso. Organizzati, accolti, indottrinati da John il boia.

ISIS ABU BAKRISIS ABU BAKR


E gli efficienti James Bond? Possibile che non si siano resi conto di quanto stava maturando in casa? A Londra operava Aine Davis, trafficante di droga convertito all’Islam. Sua moglie Amal è stata colta mentre, attraverso un’amica «corriere», stava trasferendo 16 mila sterline in contanti al consorte ormai al fronte in Siria e in Iraq sotto i vessilli dell’Isis. Solo adesso si comprende quanto fosse estesa la ragnatela. Da Portsmouth, la più antica base della Royal Navy, la marina militare, almeno in dieci hanno risposto all’appello dell’integralismo sunnita.

abu bakr al-baghdadi E TRUPPE ISISabu bakr al-baghdadi E TRUPPE ISIS


Muhammad Rahman, venticinquenne, era dirigente supervisore a Primark, colosso britannico dell’abbigliamento di bassa qualità. Un giorno suo padre che lavora in un ristorante indiano ha ricevuto un messaggio sul telefonino: «Muhammad ha voluto diventare un martire per amore di Allah». Era andato a Gatwick, volato in Turchia e poi in Siria. L’intelligence, che legge tutto, che spia tutto, che vede tutto, non aveva intercettato questo sms.

peluche pro isispeluche pro isis


Qualcuno è morto. Come Abdul Waheed Majeed, del Sussex, che si è fatto saltare in aria su un camion carico di esplosivi ad Aleppo (decine di morti). Molti partono. E molti ritornano: è allarme rosso. I servizi di sicurezza hanno stimato, nell’ultima riunione del «Cobra», il comitato guidato dal premier per le emergenze nazionali, che 500 hanno preso la via della Siria e dell’Iraq. Ma altri 250 sono rientrati. È il cambio della guardia. «Dalle vie di Londra alle strade dell’Iraq». E ritorno. Per combinare che cosa?
 

maglietta pro isismaglietta pro isis

 

 

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