I COMPAGNI NON SBAGLIANO MAI - CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO PER IL GOVERNATORE PD VASCO ERRANI - IL “CORRIERE”, CHE SPARA A PALLETTONI CONTRO I VARI FORMIGAZZI & CO., TITOLA: “LINEA DURA DEI PM” - MA COME? CHIEDERE IL PROCESSO È “LINEA DURA”, E NON LA NATURALE CONCLUSIONE DELLE INDAGINI? - L’ACCUSA: FALSO IDEOLOGICO PER AVER DIFESO LA REGOLARITÀ DELL’ILLECITO FINANZIAMENTO PUBBLICO (1 MLN €) AL FRATELLO…

Gianluca Rotondi per "Corriere.it"

Il procuratore capo Roberto Alfonso e la pm Antonella Scandellari hanno chiesto il rinvio a giudizio del governatore della Regione Vasco Errani per la vicenda legata al finanziamento da un milione di euro erogato nel 2006 da viale Aldo Moro alla cooperativa Terremerse, all'epoca presieduta dal fratello Giovanni, per la costruzione di una cantina vinicola a Imola. Un finanziamento pubblico ottenuto indebitamente secondo l'accusa, visto che al 31 maggio 2006, termine ultimo per completare i lavori e rispettare i paletti previsti per l'erogazione, lo stabilimento non era ancora ultimato nonostante quanto (falsamente) sostenuto dalla cooperativa.

L'ACCUSA - Il presidente della Regione risponde di falso ideologico in concorso con i funzionari regionali Filomena Terzini e Valtiero Mazzotti, accusati anche di favoreggiamento, per via della ormai famosa relazione spedita in Procura nell'ottobre del 2009, a pochi giorni dall'articolo de Il Giornale della famiglia Berlusconi che accusava il governatore di aver favorito il fratello.

È proprio quella difesa scritta, nella quale si dà atto della correttezza della procedura seguita dai suoi uffici, che ha inguaiato Vasco Errani, mai coinvolto nell'inchiesta sul finanziamento stesso. In gran segreto Errani si è fatto interrogare a metà giugno ma evidentemente non ha convinto i magistrati. La richiesta della Procura, arrivata nei giorni scorsi nel più assoluto riserbo, attende ora il vaglio del giudice per l'udienza preliminare che presumibilmente arriverà non prima dell'inizio dell'autunno.

L'INCHIESTA - L'inchiesta sull'affaire Terremerse ha coinvolto a sorpresa il governatore Errani, che ha scoperto di essere indagato solo lo scorso 16 marzo, all'indomani della conclusione delle indagini preliminari. Per i magistrati, che hanno coodinato le indagini della Finanza, la cooperativa di Giovanni Errani ha fatto carte false pur di stare nei tempi previsti per l'ottenimento del finanziamento (recentemente revocato dalla Regione). È stato proprio Giovanni Errani, il 31 maggio 2006, ad autocertificare la fine dei lavori, mentre secondo gli accertamenti la cantina non era ancora ultimata.

Lo sarà solo il 15 settembre, oltre cento giorni dopo quella dichiarazione. Per questo, insieme a progettisti e direttore dei lavori, risponde di truffa aggravata. Nella relazione, redatta per l'accusa «su istigazione di Errani», la Terzini scrisse che l'autorizzazione edilizia rilasciata dal Comune di Imola il 23 maggio 2006, otto giorni prima del termine tassativo per finire i lavori, era in realtà una variante in corso d'opera e non un nuovo permesso a costruire come poi è emerso.

LA DIFESA - La difesa del governatore, rappresentata dall'avvocato Alessandro Gamberini, ha sempre sostenuto la buona fede di Errani, che avrebbe deciso di mandare quella relazione per fare chiarezza e non certo per depistare le indagini. Si era in una fase politica delicata, con l'opposizione sulle barricate dopo l'articolo del Giornale e l'affaire Delbono che pareva destinato all'archiviazione.

La linea difensiva è stata ribadita nell'interrogatorio. Il governatore avrebbe detto di aver telefonato al fratello subito dopo l'attacco del Giornale per chiedere lumi sulla vicenda, di cui non si era mai occupato. Giovanni l'avrebbe rassicurato sulla correttezza dell'operazione e pochi giorni dopo il governatore avrebbe riunito la dottoressa Terzini e l'avvocato Mariano Rossetti. In quella sede si decise di inviare la relazione.

L'INTERROGATORIO - Davanti ai pm Errani ha nuovamente negato di aver visto il famoso permesso a costruire che secondo la Regione era una semplice variante. Non essendoci stati stralci, il quadro accusatorio non sarebbe cambiato nemmeno per gli altri imputati, compreso il tecnico del servizio aiuti alle imprese della Regione, Aurelio Selva Casadei, che per l'accusa non si accertò che i lavori fossero effettivamente finiti il 31 maggio.

 

 

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