ECCO I “NUOVI TALEBANI MODERATI”: SONO GLI STESSI TERRORISTI DI 20 ANNI FA (NEL GOVERNO C'E' ANCHE IL FIGLIO DEL MULLAH OMAR MINISTRO DELLA DIFESA) - LI ABBIAMO COMBATTUTI PER 20 ANNI E ADESSO CI DOVREMO SEDERE CON LORO A TRATTARE SE NON VOGLIAMO CHE L'AFGHANISTAN CADA NELLA FAME, CI SOMMERGA ANCORA DI PIÙ DI EROINA E PRODUCA MILIONI DI PROFUGHI PRONTI A BUSSARE ALLE PORTE DELL'EUROPA. SEMPRE SENZA CONSIDERARE LA POSSIBILE RIAPERTURA DELLE SCUOLE PER GLI ATTENTATORI SUICIDI.
Andrea Nicastro per il “Corriere della Sera”
I «nuovi talebani moderati» sono gli stessi intollerabili e terroristi di 20 anni fa. Hanno solo qualche chilo e qualche pelo bianco in più. Li abbiamo combattuti per 20 anni e adesso ci dovremo sedere con loro a trattare se non vogliamo che l'Afghanistan cada nella fame, ci sommerga ancora di più di eroina e produca milioni di profughi pronti a bussare alle porte dell'Europa. Sempre senza considerare la possibile riapertura delle scuole per shahid, gli attentatori suicidi. Il crollo del governo filoamericano di Kabul e, prima, la decisione unilaterale di Washington di ritirarsi dal Paese mostrano il cartellino del prezzo. Ed è salatissimo.
Il governo annunciato ieri è solo provvisorio. Ma l'impianto è evidente. Al di sopra di qualsiasi carica politica c'è il capo del movimento degli studenti del Corano, Mullah Hibatullah Akhundzada. Un leader «religioso» che ha l'ultima parola su tutto perché unica stella polare del governo è la concezione talebana della sharia, la legge islamica, risciacquata in urf, dowd e deen (costumi, tradizione e fede) del Pashtun Wali (il Codice tribale).
Il modello istituzionale sembra simile a quello iraniano. Invece della Guida Suprema della Repubblica islamica di Teheran qui c'è un capo che forse avrà prima o poi il titolo di Emiro, ma che è comunque il vertice di una serie di equilibri tribali e militari che ricalcano quelli di chi ha combattuto per venti anni per tornare al potere.
Avrebbe dovuto essere un governo «inclusivo», aggettivo suggerito dai negoziatori Usa per tranquillizzare le varie minoranze etniche e religiose del Paese, invece, è una sorta di mono colore: una sola etnia, quella pashtun, e un unico gruppo di potere, quello che ha sostenuto la guerriglia, gli attentati e le stragi di civili in tutti questi anni. Non c'è neanche un esponente del governo filoamericano. Neppure il ministro degli Esteri che aveva cantato le lodi dei talebani appena fuggito il suo presidente. Neppure l'ex presidente Hamid Karzai che era rimasto a Kabul per trattare.
Coraggiosamente, bisogna ammetterlo, visti i precedenti degli studenti coranici. L'ultima volta che i talebani avevano incrociato in città un ex presidente era il 1996 e l'ex di turno era il filosovietico Doctor Najib. Andarono a prenderlo nel compound dell'Onu, dove aveva garantita la protezione internazionale, lo castrarono, lo trascinarono attorno al palazzo per tre volte e poi lo appesero a una garitta. Quella piccola costruzione di cemento era ancora lì quando Karzai serviva il Paese da presidente. La vedeva quando rientrava a palazzo scortato dal suo piccolo esercito di guardie del corpo americane.
Chissà quante volte gli saranno venuti i brividi a guardare quella garitta? Eppure Karzai ha deciso di restare. E' stato costretto tre giorni agli arresti domiciliari a casa del suo ex vice e rivale Abdullah Abdullah, altro coraggioso che non è fuggito. Per il momento sono vivi. Vivi, ma esclusi da tutto. Se il nuovo governo voleva essere un segnale di apertura nei confronti della comunità internazionale, ha mancato l'obiettivo. Sarà imbarazzante, di più, umiliante, sedersi a trattare con personaggi che sono nella lista del terrorismo internazionale da 20 anni o più. Ministri che hanno vestito la tuta arancione nelle carceri di Guantanamo o nelle celle segrete di Bagram, ricercati da Fbi, Unione Europea e Nazioni Unite.
La Cia ha ancora una taglia di cinque milioni sulla testa del novello titolare dell'Interno. Erano il Male e ora sono il governo. Un governo di mullah. Ovviamente, bisogna dirlo?, senza neppure una donna. Non una tra i 33 ministri e vice ministri del nuovo esecutivo. In compenso è ritornato il famoso ministero per la repressione del vizio e la promozione della virtù. Era da quel dicastero che uscivano le regole più assurde del vecchio Emirato.
No alla tv, non ai rasoi da barba, no alle scarpe bianche che occhieggiano da sotto i burqa o quegli erotici richiami che sono i tic tac dei tacchi delle donne quando camminano nascoste sotto al naylon della loro prigione. Per il momento, il nuovo emirato sembra chiedere «solo» donne invisibili con veli anche diversi dal burqa, donne separate dai maschi a scuola o al lavoro e niente musica. Chissà cosa inventerà lo sceicco che ne è il nuovo titolare.
Il nuovo premier afghano è mullah Mohammad Hasan Akhund, discendente in linea diretta da Shah Durrani colui che unì le tribù afghane nel 1700. Fino a ieri, mullah Akund era «presidente» della Rehbari Shura, Concilio supremo, camera di compensazione del movimento. Sostanzialmente non cambierà mestiere, continuerà a fare da pietra di volta nel tenere assieme le diverse fazioni. Durante il primo Emirato (1996-2001) era stato ministro degli Esteri e vice premier.
E' nella lista delle persone sanzionate dalle Nazioni Unite: in teoria non può viaggiare, avere conti in banca e così via. In pratica dovrà comprare un'agenda per decidere quale mediatore internazionale incontrare. Suo vice è un ex galeotto, incarcerato per otto anni in Pakistan su richiesta degli Stati Uniti, mullah Baradar. Era un compagno di giochi del mullah Omar e con lui ha percorso l'intera storia del movimento, dagli esordi come «preti giustizieri» alla gloria del primo Emirato alle fatiche dell'esilio. Appeso il kalashnikov al chiodo, da quando ha responsabilità politiche preferisce sistemare le cose a parole piuttosto che con le bombe.
Per questo gli americani l'hanno tirato fuori di cella e gli hanno chiesto di sondare i suoi sodali in vista di una ritirata dei marines. Mullah Abdul Ghani Baradar è tornato libero nel 2018 e ha firmato gli accordi di Doha nel 2020. Il presidente Trump gli ha parlato al telefono. Il suo commento: «a good man», un brav' uomo. In effetti ha fatto quel che gli è stato chiesto e, ufficialmente, nessun talebano ha sparato alle spalle degli americani in ritirata.
i talebani giustiziano il capo della polizia afgana haji mullah achakzai 1
Vuol dire che mullah Baradar è riuscito a convincere anche i duri ad aderire al patto con gli infedeli occupanti. Un uomo, magari non buono, ma di mediazione. Difesa e Interno, due posti chiave da cui controllare le braccia armate del Paese, vengono spartiti tra i due gruppi più potenti del movimento. La Difesa va alla shura di Quetta, il consiglio del nucleo originario dei talebani fuggiti in esilio. E' fatto dai pashtun del sud, i più tradizionalisti dal punto di vista dei costumi. La loro leadership è passata in via ereditaria dal padre fondatore mullah Omar, al figlio 32enne Yaqub, anche lui ovviamente mullah.
L'Interno va invece al network Haqqani, un gruppo alleato dei primi talebani, ma diventato sempre più potente negli anni grazie al contrabbando, ai finanziamenti dai servizi segreti pachistani e ai legami con il terrorismo internazionale. Sirajuddin Haqqani, il ministro, è nella top list dei ricercati dell'Fbi. I 5 milioni per chi darà informazioni su di lui, oggi, hanno troppi pretendenti.