A-RABBIA SAUDITA - I NEGOZIATI USA-IRAN POTREBBERO SPINGERE I SAUDITI A FRENARE LA LOTTA CONTRO ISIS E AL QAEDA PER LASCIARE CAMPO LIBERO AI JIHADISTI IN CHIAVE ANTI-SCIITA IN SIRIA, IRAQ E YEMEN - COSA FARÀ ISRAELE?
michelle e barack obama con re salman dell arabia saudita
Renzo Guolo per “la Repubblica”
L’accordo sul nucleare iraniano manda in fibrillazione il sistema di alleanze degli Stati Uniti in Medio Oriente. Israele lo ritiene una minaccia alla sua sopravvivenza e chiede che nel trattato finale Teheran riconosca il suo «diritto di esistere». Richiesta non ricevibile, fanno sapere freddamente gli Stati Uniti, dal momento che Losanna tratta solo del programma nucleare iraniano. I rapporti tra i due paesi, oltre che tra i rispettivi leader, sono davvero critici.
barack e michelle obama john kerry con salman re dell arabia saudita
Ma anche l’Arabia Saudita, in competizione con l’Iran per il ruolo di potenza regionale egemone, è inquieta. A Riad sanno bene che la contropartita ottenuta dagli iraniani per la rinuncia al nucleare militare non è, solo, la fine graduale delle sanzioni. Quello è l’oggetto esplicito dello scambio politico sancito in riva al lago Lemano.
il presidente iraniano rohani si gode l iran ai mondiali
Quello implicito è la fine del cordone sanitario stretto intorno a Teheran dal 1979; è l’agognato riconoscimento dell’Iran come potenza d’influenza. Ciò significa che l’Iran non sarà più un convitato di pietra al tavolo delle crisi mediorientali, ma un attore dal quale sarà difficile prescindere. Prima ancora che la “bomba”, passo assai rischioso per gli iraniani, molto più realisti di quanto si pensi in politica estera, è proprio quel riconoscimento che i sauditi, oltre che gli israeliani, volevano scongiurare.
Perché dal Libano alla questione palestinese, dalla crisi siriana a quella irachena, sino all’assetto del mercato petrolifero, l’Iran farà ora sentire la sua voce più di quanto già faccia oggi. E con una legittimazione assai diversa dal tempo nel quale era una sorta di paria della comunità internazionale.
Per Riad il colpo è durissimo. La stella polare saudita è sempre stata il contenimento dell’Iran, duplice figura del Nemico politico e religioso. Un incubo materializzatosi dopo la rivoluzione khomeinista e simboleggiato dai pellegrini sciiti che nelle strade di la Mecca gridavano “Non ci sono re nell’islam!”. Una minaccia mortale per i Saud e per i puristi wahabiti che concedevano legittimità religiosa alla casa regnante.
Trentacinque anni dopo, quello scontro, attraverso le guerre per procura, è ancora in corso. I sauditi hanno cercato di far crollare in tutti i modi l’asse sciita che va da Teheran alla Beirut di Hezbollah passando per Damasco, affondando nel suo punto più debole: il regime alawita di Assad. Anche non ostacolando le donazioni di “privati” provenienti dal Golfo che hanno inizialmente foraggiato l’Is.
In queste settimane puntano a fermare l’avanzata degli sciiti filo-iraniani nello Yemen. Con la guerra aerea e, soprattutto, con la costituzione di un’alleanza militare sunnita che ha come obiettivo principale, più che la difesa dal terrorismo jihadista, il contrasto alla minaccia iraniana. I sauditi hanno così tentato di parare il contraccolpo dell’accordo sul nucleare, cercando di costruire un sistema di sicurezza che possa fare a meno dell’America.
Israeliani e sauditi, dunque, non accetteranno mai gli esiti impliciti di Losanna. Non è escluso che Libano, Siria, questione palestinese, diventino presto occasione per Israele di misurarsi con i nuovi protagonisti dell’area. Nel tentativo di mostrarne ambiguità, inaffidabilità, divergenze d’interessi con il sistema di alleanze di Washington. In quella che viene considerata lotta per la sopravvivenza nessuna opzione è scartata.
Quanto ai sauditi, la grande tentazione in questo effetto domino reattivo potrebbe essere un nuovo “Great game”. A partire dalla Mezzaluna fertile, dove gli iraniani e Hezbollah contrastano l’avanzata dello Stato Islamico. I sauditi e i loro alleati membri della grande coalizione contro il Califfato, potrebbero frenare tatticamente la lotta contro l’Is e Al Qaeda.
IL MAXI RADUNO DI AL QAEDA NELLO YEMEN IL VIDEO DELLA CNN
Rendendo endemica, anche se controllabile, la presenza in Siria dei jihadisti; sfruttando in Iraq le tensioni generate dalle milizie sciite nel liberare le città sunnite dalla presenza dell’Is: come avvenuto a Tikrit. O mettendo nel mirino nello Yemen solo gli Houthi, lasciando che Al Qaeda controlli una fetta di territorio e colpisca anch’essa gli odiati sciiti. Opzioni che, almeno nelle piane mesopotamiche, mirerebbero a impantanare gli iraniani in una guerra che, se fosse conclusa con il decisivo apporto di pasdaran e del Partito di Dio, segnerebbe davvero l’ascesa al cielo della potenza sciita, ormai liberata dalla gravosa ipoteca del nucleare.
IL MAXI RADUNO DI AL QAEDA NELLO YEMEN IL VIDEO DELLA CNN
Losanna chiude il conflitto tra antichi nemici, quelli che un tempo si dipingevano reciprocamente come il Grande Satana e il cuore dell’Asse del Male, ma apre un fronte, non meno problematico, tra Washington e i suoi quasi ex alleati strategici in Medioriente.