IN ATTESA DELL’ENDORSEMENT DI DIO, TRA I MONTICIANI SI LITIGA SUL LOGO DELL’ETERNO SCUDO CROCIATO - IL VECCHIO SIMBOLO DEMOCRISTIANO, DA SOLO, VALE ALMENO L’1,5 PER CENTO E CASINI NON VUOLE RINUNCIARCI – MONTI VUOLE UNA LISTA UNICA E “PULITA” DEI VARI CESA. E INVECE PIERFURBY, PREOCCUPATO DAVVERO DI PERDERE VOTI, PUNTA I PIEDINI - LE LISTE “BAD COMPANY” PER ARRUOLARE I REIETTI…

1. MONTI
Jena per La Stampa -
Manca solo l'endorsement di Dio.

2- NELLA TRATTATIVA TORNA LO STEMMA DELLO SCUDO CROCIATO
Francesco Grignetti per La Stampa -

C'è una variabile inattesa, sul tavolo di Mario Monti. Alle prese con il rebus lista unica/liste apparentate, il premier ha scoperto il valore della tradizione politica italiana. Ovvero quanto pesa ancora, nei sondaggi, il glorioso simbolo dello scudo crociato. Secondo gli analisti, ancora oggi, venti anni dopo la fine della Prima Repubblica, il «marchio» dello scudo crociato vale l'1,5% del voto. A prescindere.

Si comprende allora perché attorno alla proprietà dello scudo crociato sia stata ingaggiata una furibonda lite giudiziaria tra le varie anime ex democristiane. E siccome alla fine il vincitore in tribunale è stato l'Udc, ecco che Pier Ferdinando Casini ha fatto sommessamente notare al Professore che il suo partito non si priverebbe dello scudo crociato a cuor leggero.

Monti, si sa, tenderebbe a una lista unica. E invece Casini, un po' per cautelare la sua autonomia, un po' perché preoccupato davvero di perdere voti, gli ha girato la questione e ora aspetta le decisioni del Professore.

In effetti Casini ha combattuto duramente per tenersi quel simbolo. È arrivato fino in Cassazione. La sentenza è di un anno fa, stabilisce che l'Udc è «l'unico soggetto» che può usare il simbolo e può farlo solo perché usa quel simbolo con continuità. Con la medesima sentenza, la Cassazione ha negato l'uso del simbolo al Partito della Democrazia Cristiana, rappresentata dal segretario nazionale Giuseppe Pizza, uno di area berlusconiana.

Ma è certo - ha spiegato Casini a Monti - che se alle prossime elezioni l'Udc rinunciasse spontaneamente al simbolo, con brutto colpo al radicamento sul territorio, è pressoché certo che il berlusconiano Pizza rimarcherebbe la discontinuità e la querelle giudiziaria riprenderebbe.

Un problema assai simile se lo pongono dalle parti del Pdl. Dopo i proclami di Angelino Alfano sul «partito degli onesti», che fare di alcuni notabili meridionali, carichi di guai giudiziari ma portatori anche di robusti pacchetti di voti? Che sorte avrà, ad esempio, Nicola Cosentino, potente ras del Pdl in Campania, imputato di corruzione e di reimpiego di capitali illeciti a favore di clan camorristici, che il 23 gennaio, in piena campagna elettorale, dovrà presentarsi in tribunale? E che fine farà Marcello Dell'Utri? G

ianfranco Micciché ha smentito che la lista Grande Sud si trasformerà nel contenitore per traghettare in Parlamento tutti quelli che il Pdl considera impresentabili nelle sue liste. E però l'ipotesi del «contenitore» c'è eccome. Tra l'altro, Cosentino si porta dietro una sfilza di altri deputati uscenti della Campania, tutti titolari di pacchetti di voti, tutti alle prese con guai giudiziari: Marco Milanese, Alfonso Papa, Mario Landolfi (rinviato a giudizio con le accuse di concorso in corruzione e truffa aggravata agendo per favorire il clan dei Casalesi), Massimo Nicolucci (indagato nel procedimento Finmeccanica) e Vincenzo Nespoli (sindaco di Afragola, indagato per reimpiego di denaro illecito).

 

Vecchio simbolo della Dc (democrazia cristiana)monti casini chi03 lorenzo cesa casinigiuseppe pizzaAngelino Alfano

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