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CI VOLEVA IL CASO CROCETTA PER SVEGLIARE INGROIA: “LE INTERCETTAZIONI DA STRUMENTO INVESTIGATIVO SONO DIVENTATE STRUMENTO DI LOTTA POLITICA, ANCHE PER IL MODO IN CUI VENGONO DIFFUSE DAI MEZZI DI INFORMAZIONE”
Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”
Gira voce che nelle ultime ore il governatore della Sicilia Rosario Crocetta abbia rischiato di perdere un altro «pezzo pregiato» della sua amministrazione: il responsabile dell’agenzia Sicilia e-Servizi Antonio Ingroia. L’interessato conferma? «Confermo di aver chiesto garanzie su una vicenda che andava risolta entro oggi (ieri, ndr ) e di aver intimato al presidente Crocetta che altrimenti sarei giunto alle stesse conclusioni di Lucia Borsellino» dice Ingroia seduto al tavolo di un ristorante nel centro di Palermo. «Per adesso pare che la soluzione sia arrivata, poi vedremo».
Mentre parla, un signore si avvicina per stringerli la mano: «Vorrei ringraziarla per tutta la gente che avete messo in galera». Anche se ha cambiato lavoro, nell’immaginario collettivo è rimasto il pubblico ministero antimafia che cominciò la carriera come discepolo di Paolo Borsellino. E allora: che cosa pensa del caso innescato dall’intercettazione-fantasma in cui il suo amico (o ex amico) medico Matteo Tutino, parlando con Crocetta, avrebbe auspicato la fine del padre per la figlia del giudice assassinato da Cosa nostra?
lucia borsellino rosario crocetta
«Che si tratta di una bufala, come ha spiegato in maniera categorica il procuratore Lo Voi», risponde sicuro Ingroia. «Ma dietro dev’esserci una fonte considerata attendibile da L’Espresso, probabilmente istituzionale. Con una precisa finalità. Io non arrivo a immaginare un golpe come Crocetta, ma quella frase, mostruosa ancorché inesistente, ha contribuito ad aumentare la disaffezione e la delegittimazione nei confronti della politica, delle istituzioni e dell’antimafia. Ci siamo abituati a un eccessivo uso politico delle intercettazioni».
Lo dice proprio lui, l’ex pm che nell’indagine sulla trattativa Stato-mafia scatenò il putiferio per i colloqui tra l’ex presidente della Repubblica Napolitano e il senatore Nicola Mancino. Sta facendo mea culpa? «Neanche per idea, noi ci comportammo correttamente». Veramente la Corte costituzionale vi ha dato torto. «Con una sentenza che continuo a considerare sbagliata. Giuridicamente avevamo ragione, ma col senno di poi ammetto che sul piano politico-istituzionale, dopo il conflitto sollevato dal Quirinale, avremmo potuto essere più prudenti».
E sulla strumentalizzazione delle intercettazioni conclude: «Sebbene talvolta sia mancata un po’ di professionalità da parte di qualche mio ex collega, la principale responsabilità è della politica, che con l’inerzia nella moralizzazione al suo interno legittima la supplenza della magistratura. Lasciando che le intercettazioni da strumento investigativo diventino strumento di lotta politica, anche per il modo in cui vengono diffuse dai mezzi di informazione».
BORSELLINO - TUTINO - CROCETTA
Stavolta nel tritacarne sono finiti Lucia Borsellino, che con quel cognome rappresenta un pezzo della storia di Ingroia, e Rosario Crocetta, che l’ha chiamato a lavorare con lui. Inoltre il protagonista delle frasi-scandalo (non solo quella «fantasma») è il medico Matteo Tutino, che dell’ex pm era amico. In questo intreccio un po’ perverso, da che parte si schiera Ingroia?
«Per Lucia Borsellino provo ovviamente grande affetto, ma sinceramente penso che non sarebbe dovuta entrare nella giunta di Crocetta; con un cognome così pesante il rischio di essere strumentalizzata era reale. Quando il governatore mi chiese di fare il suo vice io rifiutai…». Magari perché aveva in mente traguardi politici più ambiziosi. «Non in quel momento, e comunque io non mi pento delle mie scelte politiche; forse sono stato ingenuo e vittima di certi professionisti della politica, ma non ho rimpianti… In ogni caso ho molto apprezzato la dignità, la forza e il coraggio con cui Lucia ha accettato la sfida, e con cui ha implicitamente ammesso la sconfitta dimettendosi».
L’ha fatto anche perché s’è sentita tradita da Crocetta. «Davanti a me il governatore l’ha sempre difesa. Quanto alle intercettazioni in cui Tutino ne parla male, è possibile che Crocetta non abbia replicato adeguatamente per chiudere in fretta le conversazioni. Io Tutino lo conosco, ha un eloquio torrenziale».
Ecco, Ingroia lo conosce; e per molti è un’altra amicizia sbagliata dell’ex pm. Che si giustifica così: «Me lo presentarono una ventina d’anni fa come uno dei “cervelli in fuga” dall’Italia, appena rientrato dalle Americhe. Abbiamo cominciato a frequentarci, ma quando veniva in Procura per presentare denunce lo mandavo da altri.
Al momento della mia scelta politica voleva candidarsi e avere un ruolo di primo piano nella lista, io non l’ho accontentato e i rapporti si sono raffreddati. Quando ho cominciato a lavorare per la Regione l’ho ritrovato molto vicino a Crocetta. All’inizio parlava bene di Lucia Borsellino, mentre nell’ultimo periodo se ne lamentava fino ad auspicarne le dimissioni». E Ingroia come reagiva?
«Con fastidio, nonostante continuassi a pensare che Lucia stesse nel posto sbagliato, per le ragioni che ho detto. Ma le volgarità che ho letto, a parte la frase che non esiste, confermano che Tutino rappresenta un aspetto deteriore della politica». Nel quale Ingroia continua a lavorare, però. «Ma io non sono un pretoriano di Crocetta. Finché ci sarà la possibilità di fare qualcosa di utile continuerò, appena capirò che non è più possibile tornerò al nuovo lavoro di avvocato». Nel ristorante entra un giovane neolaureato in Giurisprudenza, venuto a festeggiare con la famiglia: «Posso fare una foto ricordo con lei?». «Volentieri» .