IO, PAPA’ BALDUCCI - LA PREMIATA DITTA BALDUCCI-ANEMONE SI È FATTA CONOSCERE ANCHE NEL CINEMA - PER SDEBITARSI DEGLI APPALTI CHE IL COMPARE GLI FACEVA INCASSARE, ANEMONE FINANZIAVA FILM (FRA CUI “ASPETTANDO GODARD” E “IO, DON GIOVANNI”) PER FAR RECITARE IL FIGLIO DI BALDUCCI - TUTTO TRAMITE UNA SOCIETÀ AD HOC, AFFIDATA A IGOR UBOLDI - CON I FINANZIAMENTI DAL MINISTERO DEI BENI CULTURALI DI GAETANO BLANDINI…
Francesco Grignetti per "la Stampa"
Era un bravo papà , Angelo Balducci, il ras dei Grandi Appalti di cui le cronache si sono occupate a lungo un paio di anni fa. La Guardia di Finanza ha scoperto che c'era un filone finora sottovalutato: il costruttore Diego Anemone, che incassava appalti milionari grazie al suo amico Balducci, si sdebitava anche finanziando i film in cui avrebbe avuto un ruolo il figlio del dirigente dello Stato. A questo proposito furono costituite delle società appositamente. Una era la «Edelweiss srl».
Ad amministrarla fu chiamato un uomo di cinema, Igor Uboldi. Il quale pensava di fare sul serio. Organizzò un incontro all'hotel Columbus tra il regista franco-polacco Krysztof Zanussi con Balducci e Anemone. Gli avevano fatto credere di essere pronti a finanziare il nuovo film «Il sole nero» del premiato regista. Finì in una saga familistica.
Ma con tante preoccupazioni di non urtare la sensibilità del pargolo attore. Uboldi subentrò infatti nella società a Rosanna Thau, la moglie di Balducci, «perché non volevano che Lorenzo Balducci potesse in qualche modo venire a conoscenza del fatto che fosse riconducibile ai suoi genitori la società che produceva il film di cui sarebbe stato protagonista».
Con questo meccanismo sono stati finanziati da Diego Anemone alcuni film prodotti da Andrea Occhipinti (per 1,2 milioni) o Sauro Falchi, fratello dell'attrice Anna (300 mila euro). Il grosso, però, oltre 6 milioni di euro, è andato alla società di famiglia, la «Edelweiss Production». E Lorenzo Balducci ha potuto fare carriera.
Il meccanismo dei finanziamenti ora però è stato disvelato: «Tali uscite - scrive il gip Antonella Minunni - non rappresentavano per l'Anemone una perdita, potendo egli attraverso un sistema di fatturazione pilotate richieste ai fornitori e subappaltatori, trasferire il costo dell'operazione alle stesse stazioni appaltanti e quindi alla fine sulla collettività ». E così ieri la magistratura romana ha ordinato il sequestro preventivo di 16 milioni di euro a carico di Balducci e Anemone.
Non solo Anemone, però, era stato «sensibilizzato» affinché si spianasse la strada ai film che interessavano a casa Balducci. Anche Gaetano Blandini, in quanto potente direttore generale del ministero dei Beni culturali, oggi direttore generale della Siae, dava il suo fraterno aiuto.
«Finanziava le seguenti opere cinematografiche, tutte interpretate da Lorenzo Balducci, figlio di Angelo, l'ex presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici: Gas (anno 2005), Last minute Marocco (anno 2007), Ce n'è per tutti (anno 2009), Aspettando Godard (anno 2009) e Io, don Giovanni (anno 2009)», ricevendo in cambio dall'imprenditore Diego Anemone «lavori e la consegna di materiali presso la sua abitazione di via Licopoli 65, a Roma, per un valore di 9.053 euro oltre alla vendita a un prezzo di favore di una Bmw intestata alla moglie». Di conseguenza Blandini risulta indagato e gli è stato sequestrato un conto corrente da 9 mila euro. «Sono profondamente amareggiato, ma nel contempo profondamente sereno», reagisce.
E poi c'è un altro intoccabile del mondo cinematografico che deve tremare. Giancarlo Leone, direttore intrattenimento della Rai, è tra i soggetti «la cui posizione è al vaglio dei pm di Roma». Lo scrive il giudice Minunni, nel citare le dichiarazioni del testimone Uboldi, il quale ha dichiarato ai pm «che Anemone e Balducci gli dissero che avrebbero potuto ottenere ulteriori finanziamenti dal Ministero dei Beni culturali e da Raicinema grazie a contatti personali dello stesso Balducci con Gaetano Blandini e con l'ex amministratore delegato di Raicinema, Giancarlo Leone».
La sorte di Leone è appesa a una questione giuridica: se debba essere considerato un pubblico ufficiale, o comunque un incaricato di pubblico servizio (e allora scatta la corruzione), oppure un manager privato (e la corruzione tra privati ancora non è nell'ordinamento).








