
COLPO DI GRAZIA(NO) PER IL CAZZONE TOSCANO - STEFANO GRAZIANO PER I PM E’ UNA “IMPORTANTE PEDINA POLITICO-AMMINISTRATIVA NECESSARIA PER L’ESISTENZA E L’OPERATIVITÀ DEL CLAN” - DALLE INTERCETTAZIONI SPUNTA UN RIFERIMENTO AL COMPAGNO DELLA MINISTRA LORENZIN…
Dario del Porto e Conchita Sannino per “la Repubblica”
L’incubo Gomorra sul Pd, alla vigilia delle amministrative. Dalle intercettazioni di un’inchiesta per tangenti, spuntano rapporti tra il presidente campano dei
Democrat, nonché consigliere regionale, Stefano Graziano e un imprenditore ritenuto legato al padrino del clan dei Casalesi Michele Zagaria.
Il caso esplode con nove arresti per corruzione aggravata. Si delinea uno scenario di possibili scambi di favori e voti inquinati nel comune casertano di Santa Maria Capua Vetere. Ora Graziano è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. La Procura ha ordinato ai carabinieri di Caserta e alla Tributaria della Finanza di perquisirne le abitazioni a Roma e in provincia di Caserta e l’ufficio in Consiglio regionale.
Nato ad Aversa, 45 anni, Graziano inizia la sua carriera nel centrosinistra nel solco prima di Ciriaco De Mita e poi di Marco Follini, con il quale dà vita a Italia di mezzo. Dopo la fondazione del Pd, diventa capo del tesseramento nazionale e deputato per una legislatura.
Tra il 2013 e il 2014 approda con una consulenza a Palazzo Chigi con l’allora premier Enrico Letta, incarico poi non rinnovato dal governo Renzi. Graziano ieri si è autosospeso dal partito: «Sono totalmente estraneo a qualsiasi vicenda illecita».
LA TANGENTE SUL POLO LEGALITÀ
Nel mirino dei pm D’Alessio, Giordano, Sanseverino e Landolfi con il procuratore aggiunto Borrelli c’è l’appalto da due milioni di euro per realizzare il cosiddetto Polo della legalità nello storico Palazzo Teti Maffuccini di Santa Maria Capua Vetere. Una gara per la quale sarebbero girate mazzette per circa 100 mila euro, 70 mila dei quali versati.
I VOTI AL PARTITO DEMOCRATICO
L’opera rischiava, però, di perdere i finanziamenti perché lo stanziamento di bilancio imponeva l’inizio dei lavori entro una data, il 30 giugno 2015, ritenuta troppo ravvicinata. Così l’allora sindaco della città sammaritana Biagio Di Muro (ora in cella per corruzione aggravata) si sarebbe mosso presso il ministero dell’Interno per lo spostamento del finanziamento ad un altro capitolo di bilancio, «dalla misura 2.5 al Piano azione giovani sicurezza e legalità», così da guadagnare almeno un anno di tempo.
È qui che entra in scena Graziano, al quale si fa riferimento nelle intercettazioni del 15 novembre 2014 tra Di Muro e Alessandro Zagaria, imprenditore della ristorazione ritenuto legato al boss. I due parlano di politica e di affari. «Ma che c...stai dicendo, io tengo per il Pd», dice Zagaria a Di Muro. E aggiuge: «E già non sta bene... perché noi dobbiamo portare a Graziano (Stefano, precisano gli inquirenti) e tu non ti fai vedere. Ti dovrei allontanare io a te! O no?».
“TENGO UN SANTO IN PARADISO”
In un’altra conversazione, Di Muro fa esplicito riferimento all’appalto e all’aiuto che Graziano avrebbe dovuto fornire affinché il finanziamento venisse trasferito da un capitolato di spesa ad un altro.
Di Muro: «Io tengo un santo in paradiso che mi protegge!... o no?». Zagaria: «Come a me! Quando va bene...hai capito?... in grazia di Dio! Quello domani va a Roma e giovedì siamo qua». Ma su quale interlocutore romano sarebbe intervenuto Graziano? È uno degli aspetti sui quali la Procura vuole fare piena luce.
“LA RICONOSCENZA DOPO IL VOTO”
Zagaria si sarebbe impegnato a «prestare l’appoggio elettorale» contando «sulla disponibilità » di Graziano «quale importante pedina politico-amministrativa necessaria - scrive la Procura - per l’esistenza e l’operatività del clan» di cui Zagaria viene ritenuto «certamente espressione».
La polizia giudiziaria li pedina in periodo preelettorale e «documenta plurimi incontri» fra i due prima delle elezioni. Dopo il voto, Graziano risulta aver avuto «contatti telefonici» con Zagaria, «dai quali emergeva la riconoscenza dell’esponente politico nei confronti di Zagaria».
IL COMPAGNO DELLA MINISTRA
Uno dei professionisti finiti ai domiciliari per corruzione, l’architetto napoletano Guglielmo La Regina, fa riferimento in un’intercettazione con un’altra indagata, la professionista Loredana Di Giovanni, alla sua amicizia con Alessandro Picardi, compagno della ministra della Salute Beatrice Lorenzin, (entrambi estranei alle indagini) «con il quale - annota la polizia giudiziaria - egli andrà in vacanza ».
beatrice lorenzin alessandro picardi
Un viaggio che non sarebbe mai avvenuto. La Regina aggiunge «che la cosa potrebbe interessare il marito di Loredana, che opera in campo sanitario».