ITALIANI BUGGERATI: LE PROVINCE RESISTONO, COSTANO E LOTTANO CONTRO DI NOI

Eduardo Di Blasi per il "Fatto quotidiano"

La circostanza più incredibile è stata, nell'aprile scorso, l'elezione del nuovo consiglio provinciale di Udine. Ma come? In attesa della loro definitiva abolizione, il decreto "Salva Italia" non aveva previsto che non si votasse più per eleggere i presidenti di Provincia? Il Friuli Venezia Giulia, regione a statuto speciale, ha ritenuto di non tener conto della legge nazionale del governo Monti che fino ad allora aveva commissariato Province come: Ancona, Belluno, Cagliari, Caltanissetta, Como, Genova, La Spezia, Ragusa, Vicenza e Ancona nel 2012.

E poi Roma, Agrigento, Asti, Benevento, Catania, Catanzaro, Enna, Foggia, Massa-Carrara, Messina, Palermo, Trapani, Varese e Vibo Valentia nel 2013.
Adesso viviamo una situazione di paradosso: ci sono enti provinciali eletti prima dell'entrata in vigore della legge che continuano fino a scadenza, enti provinciali retti da prefetti e commissari, enti provinciali, segnatamente quello di Udine, che hanno anche rinnovato le proprie cariche elettive.

Su tutto ciò pesa ancora presso la Consulta il ricorso presentato nell'ottobre del 2012 da 8 Regioni che contestavano l'idea di poter normare materie complesse di natura costituzionale (le Province sono espressamente citate al Titolo V, articolo 114) attraverso una decretazione d'urgenza. La corte costituzionale dovrebbe pronunciarsi il 2 luglio - la partita riguarda nello specifico l'elezione diretta di consigli e giunte che sono state "congelate" in attesa degli eventi.

Da luglio in poi, dunque, il governo Letta dovrebbe contribuire a mettere mano a una complessa riforma costituzionale già elencata dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Graziano Delrio nelle sue scadenze ma non nei suoi contenuti. Le linee guida del governo enunciate dal ministro in un'intervista al Corriere della Sera del 26 maggio scorso chiarivano due questioni.

La prima: nessuno dei 53mila dipendenti provinciali sarebbe stato mandato a casa. La seconda: il governo mostrava una fretta che nei fatti non riesce a mantenere. Delrio aveva infatti predetto che "prima dell'estate" si sarebbe dovuta mettere in moto la macchina, non con uno ma con ben due provvedimenti: il primo di natura costituzionale per stralciare le Province dalla Carta.

L'altro di natura amministrativa per redistribuire funzioni e ambiti territoriali delle nuove realtà che andrebbero a sostituire le Province. Al 29 di giugno, con l'estate in casa, la partita è in mano alla commissione dei Saggi il cui orientamento (le riunioni riprenderanno lunedì e continueranno nelle settimane a venire), è quello di far approvare un provvedimento costituzionale per delegare poi le singole Regioni.

Ai singoli governatori sarà chiesto: avete bisogno di quegli enti intermedi o no? E a seconda della modulazione di quella risposta avremo più o meno "Province". Niente abolizione tout court, dunque, ma un processo lungo e anche incerto, poichè legato alle riforme costituzionali appese all'esistenza stessa del governo Letta per un periodo congruo.

Per capirci è il modello che oggi stanno seguendo le Regioni a statuto speciale come la Sicilia, la Sardegna e il Friuli. Non tutte (si veda per l'appunto l'elezione di Udine) potrebbero decidere per la cancellazione degli enti. Così, dopo le promesse pre e post elettorali contro gli "stipendifici" delle Province, ancora una volta i partiti vengono meno a quanto dichiarato.

Con la cancellazione delle Province, al netto della conservazione del personale che andrebbe redistribuito nella macchina pubblica, e delle funzioni che qualcuno dovrà pur sostenere (scuole superiori, strade provinciali, formazione, ambiente e trasporti per citare le maggiori), si stima un risparmio di due miliardi sui 12 che oggi costano.

Per adesso, con il "congelamento" di una ventina di elezioni provinciali, si è riusciti a risparmiare un quinto dei 110 milioni di euro che pesano annualmente giunte e consigli provinciali. Con il timore che la Consulta, martedì, possa decidere di far tornare a eleggere anche presidenti e consiglieri.

 

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