L’ALLEANZA PD-M5S SI E’ INCARTATA IN BASILICATA – I DEM LUCANI, CHE VOLEVANO ANGELO CHIORAZZO VICINO ALL’EX MINISTRO SPERANZA, IN RIVOLTA CONTRO ELLY SCHLEIN PER LA SCELTA DI DOMENICO LACERENZA, CANDIDATO GRADITO AL M5S – CALENDA, INCASSATO IL VETO DI CONTE, MINACCIA DI VOTARE IL CANDIDATO DEL CENTRODESTRA BARDI E SPARA SUI DEM: “STATE FACENDO UNO SCEMPIO PER ANDARE DIETRO AL LEADER M5S”. PS: SENZA I VOTI DEL CALENDIANO PITTELLA, NON ESISTE POSSIBILITÀ DI VITTORIA PER LACERENZA…
Mauro Bazzucchi per la Verità - Estratti
Di fronte a una situazione di questo tipo, anche Franz Kafka, probabilmente, alzerebbe le mani e si ritirerebbe per manifesta inferiorità.
Si parla delle prossime elezioni regionali in Basilicata, previste tra poco più di un mese, per le quali la sinistra, nell’imminenza della presentazione di liste e candidati, è riuscita a combinare l’ennesimo pasticcio, con degli elementi creativi che in questo caso hanno superato l’immaginabile. Andiamo per ordine, anche se non è facile rinvenire nella concatenazione degli eventi delle tracce di raziocinio: a suo tempo il pd regionale individua nell’imprenditore Angelo Chiorazzo il candidato ideale. Chiorazzo è infatti molto vicino all’ex ministro della Salute Roberto Speranza, che a sua volta è gradito al suo ex premier e leader del M5s Giuseppe Conte. Per la proprietà transitiva, dunque, Chiorazzo potrebbe essere l’uomo giusto da far accettare ai grillini.
Solo che, nel frattempo, la pentastellata Alessandra Todde vince a sorpresa in Sardegna e tale exploit galvanizza «Giuseppi», tanto da suggerirgli di alzare la posta per la Basilicata, chiedendo in cambio del campo largo un nome che non provenga dagli iscritti al Pd. Elly Schlein, con in testa la foto di gruppo vittoriosa di Cagliari, accetta le condizioni di Conte, ma deve contenere la comprensibile rivolta del partito lucano, che aveva già fatto partire la campagna elettorale.
A questo punto arriva la prima situazione surreale, che però più che di Kafka sa di commedia anni Settanta con Lino Banfi: per portare Chiorazzo e i suoi a più miti consigli, Schlein invia a Potenza due suoi emissari che si chiamano Taruffi e Baruffi ma la loro missione, che doveva vederli agire come Mr Wolf il risolvi-problemi, si trasforma in una scena degna di Bombolo. I due vengono presi a male parole, rischiando anche i ceffoni: nelle ore successive alla riunione coi dirigenti dem locali comincia a circolare nelle chat whatsapp un audio in cui i lucani ne urlano di tutti i colori e invitano non proprio gentilmente Taruffi e Baruffi a tornarsene a casa, accusando la segretaria di aver svenduto il partito a Conte. Chiorazzo resiste, viene convocato a Roma ma fa sapere di non voler mollare. Alla fine, dopo un’estenuante trattativa, viene estratto dal cilindro un oculista di Barletta che risponde al nome di Domenico Lacerenza e che sembra garantire sia Chiorazzo (che si ritira) che Conte (che comunica il proprio appoggio).
giuseppe conte elly schlein foto di bacco (2)
Tutto risolto? Neanche a parlarne, perché la capitolazione del Nazareno al cospetto di Conte fa andare su tutte le furie il fu Terzo Polo, che si era nel frattempo detto disponibile ad appoggiare Chiorazzo. Ma c’è di più: l’effetto Sardegna si spegne dopo due settimane in Abruzzo, dove il campo larghissimo viene sconfitto nettamente dal centrodestra, gelando gli entusiasmi che avevano portato alla giravolta della Schlein.
A questo punto, arriviamo alla cronaca delle ultime ore, quando l’affare diventa ancor più intricato. Calenda e Renzi, infatti, infuriati per l’estromissione ordinata da Conte al Pd nei loro confronti, fanno sapere di esser pronti ad appoggiare la candidatura del governatore uscente di centrodestra Vito Bardi, ritenuto un moderato e un buon amministratore. «Ma vi rendete conto», scrive il leader di Azione, «dello scempio che state facendo per andare dietro a Conte?», mentre il suo plenipotenziario in Basilicata (il potente ex-Pd Gianni Pittella, titolare di un rilevante pacchetto di voti) fa capire che senza il suo placet non esiste possibilità di vittoria per Lacerenza, «un grande chirurgo, ma non un politico e in questo momento il centrosinistra avrebbe bisogno di mettere in campo un pezzo di classe dirigente, che ha, e che non mette in campo esclusivamente per una serie di veti contrapposti». «Ci vorrebbe», conclude, «un candidato che abbia una marcia in più».
Nel suo stile, Matteo Renzi fulmina Lacerenza con una battuta sul Pd, che «faceva le primarie e ora chiama il primario per andare appresso a Conte». A tutto questo si aggiunge la viva preoccupazione che ha pervaso i vertici dem e pentastellato appena il diretto interessato ha aperto bocca, palesando una sincerità e un’ingenuità apprezzabile ma forse incompatibile con la carica di governatore, soprattutto quando ha ammesso di essere stato «catapultato in un’esperienza nuova». A Roma è caos, tanto che comincia a prendere quota l’ipotesi di un clamoroso dietrofront e di un ritorno di Chiorazzo.
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