1. SIMPATICO ANTEFATTO DEL DURISSIMO ATTACCO DI OGGI: QUEST’ESTATE DE BORTOLI MANDÒ UN INVIATO NELL’ALBERGO DI RENZI AL FORTE E PITTIBIMBO S’INCAZZÒ COME UNA BELVA 2. IL PREMIER CAZZARO SPARO' UN SMS AL CURARO LAMENTANDO UNA “INDEGNA” VIOLAZIONE ALLA PRIVACY. FLEBUCCIO GLI RICORDÒ CHE I GIORNALISTI FANNO IL LORO MESTIERE E NON SONO SPIE, PERÒ IL CRONISTA, ATTENZIONATO DALLA SECURITY, LASCIÒ L’ALBERGO 3. GIÀ, PERCHÉ IL SILENTE E MITE DIRETTORE DEL “CORRIERE”, I SUOI EDITORIALI SI CONTANO SULLE DITA DI UNA MANO, HA TIRATO FUORI LE UNGHIE PER FARE STRAME DEL GOVERNO RENZI? 4. L’EDITORIALE SEMBRA CONFERMARE LE VOCI SUL SUO ANTICIPATO ADDIO DA VIA SOLFERINO 5. RE GIORGIO NAPOLITANO HA POCO GRADITO, A QUANTO APPRENDE DAGOSPIA, LA SORTITA DELL’INCURSORE FLEBUCCIO. AL QUALE MOLTI PREFIGURANO POSSA BUTTARSI IN POLITICA E CONCORRERE DOPO L’EXPO A SUCCEDERE A PISAPIA A SINDACO DI MILANO
1. DAGONEWS
C’è un curioso, e poco simpatico, antefatto dell’editoriale di oggi di Ferruccio De Bortoli contro l’ego “ipertrofico” di Renzie. Uno scambio di sms non proprio garbato da parte del premier, innervosito dalle attenzioni di un cronista del Corriere della Sera.
Erano i giorni a cavallo di Ferragosto, quando Renzie scelse un lussuoso hotel di Forte dei Marmi, il “Villa Roma Imperiale”, per qualche giorno di blindatissima vacanza con la famiglia. Il Corriere fa una cosa molto semplice: decide di mandare un suo inviato, Marco Galluzzo, a seguire il premier in Versilia e questi prende una stanza nello stesso albergo dei Renzi. Apriti cielo!
de Bortoli intervista il giovane editore John Elkann Presidente LA Stampa
Pittibimbo la prende malissimo e manda un sms violentissimo a De Bortoli in cui parla di “indegna” volazione della sua privacy eccetera eccetera. Il direttore del Corriere gli risponde con garbo, ma con fermezza, ricordandogli che il giornalista non è una spia, ma sta solo facendo il suo dovere di cronista. Renzi non ci sta e risponde ancora più duramente.
A quel punto De Bortoli abbozza e fa cambiare albergo al proprio inviato. Il quale, nel frattempo, aveva già ricevuto la simpatica visitina della sicurezza personale del premier.
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Un episodio che ovviamente non spiega il duro attacco di oggi, ma che certo non ha contribuito a far crescere la simpatia per Renzie dalle parti di via Solferino.
2. DAGOANALISI
La bomba “a tempo”, inattesa quanto micidiale, è scoppiata nelle vetrine del Corrierone nel giorno in cui era esposta alla visione dei lettori la prima copia del rinnovato (format grafico e non soltanto) dello storico quotidiano di Via Solferino. Una “rivoluzione dolce” che forse rappresenterà pure l’ultimo sigillo impresso da Flebuccio de Bortoli nel corso della sua lunga (e tormentata) direzione.
Il suo mandato, concordato con una proprietà a dir poco riluttante (Fiat) o incarognita (Della Valle), scadrà il prossimo aprile, anche se da giorni si parla di una sua uscita dalle stanze albertiniane ben prima di quella data-capestro.
L’editoriale di Flebuccio-Bakunin, che fa a pezzi (giustamente, verrebbe da aggiungere) il premier-toscocazzaro Matteo Renzi e il suo esecutivo, sembra confermare le voci sul suo anticipato addio dall’amata via Solferino.
Una presa di posizione, la sua, tanto forte e senza precedenti nella storia paludata del Corriere. Si ricorda, per stare nell’arco della cosiddetta prima Repubblica, la pesante querelle (e conseguente querela) tra Alberto Cavallari e Craxi quando Bettino occupava Palazzo Chigi. Ma in via Solferino nessuno ha ricordo che, oltre al premier in carica, sia stato mai brutalmente bocciato in blocco (e senza appello), a parte l’”ottimo Padoan”, l’insieme del governo renziano, come ha fatto invece l’onesto Flebuccio: “una squadra di governo disarmante (…) per non fare ombra” al capo.
La dietrologia non è una scienza esatta, spesso se ne abusa, ma a volte può aiutare a capire perché, ad esempio, l’agnello Flebuccio si trasformi all’improvviso in un leone ferito nell’orgoglio.
Già, perché il silente e mite direttore del “Corriere della Sera”, i suoi editoriali si contano sulle dita di una mano, ha tirato fuori le unghie per fare strame del governo Renzi?
L’ipotesi (plausibile) che la sua secca presa di posizione possa prefigurare anche il suo congedo pubblico (e fragoroso) dal Corrierone, isolata però dal contesto politico-editoriale attuale non aiuta certo a comprendere il terremoto che da ore sta facendo vibrare i sismografi dei Palazzi romani.
RENZI E NAPOLITANO AL GIURAMENTO
Del resto non è retorico chiedersi anche su chi possa (sempre se c’è) aver armato la penna di Flebuccio-Bakunin. A dare ascolto alla mitica giallista Agatha Crhistie “ogni omicida è probabilmente il vecchio amico di qualcuno”.
Al momento, però, sembra da escludersi che Flebuccio abbia concordato la sua sortita (ripetiamo, benvenuta e correttamente motivata anche rispetto alla segretezza “massonica” del “patto del Nazzareno”) con gli attuali primi azionisti del giornalone dei Poteri marci (o marciti).
I rapporti tra de Bortoli e i torinesi della Fiat americana (Marchionne&Elkann), che puntano ancora a sostituirlo con Mario Calabresi, sono inesistenti. E, nonostante le voci insistenti (raccolte pure da Dagospia), “pulloverino” Marpionne non ha alcuna intenzione di mollare l’osso Rcs che ha in pancia anche la “Gazzetta dello Sport”, considerata strategica per gli interessi della Ferrari (auto) e della Juventus (calcio) di Andrea Agnelli.
A Cernobbio, dove ha messo brutalmente fuori i cancelli rossi di Maranello l’ex cocco dell’Avvocato, il riottoso Cordero di Montezemolo, Marpionne ha fatto intendere chiaramente al sodale-socio di Luchino, lo “scarparo” Della Valle, che non ci sarà alcuna “ritirata” in via Solferino dove le azioni si contano e non si pesano come ai tempi (morti) di Cuccia.
Nel frattempo, e in vista del consiglio d’amministrazione dell’Rcs in programma a metà novembre per il Resoconto intermedio di gestione, sono andati a vuoto tutti i tentativi di Alberto Nagel (Mediobanca) per ricomporre la “frattura insanabile” tra i soci forti dell’holding.
Per tornare al “caso” Flebuccio, ai suoi mandanti (occulti, sempre se ci sono) e soprattutto ai suoi editori litigiosi, è arcinoto poi che l’antagonista accidioso degli eredi Agnelli, Dieguito Della Valle, non ha mai avuto in gran simpatia de Bortoli.
Cinque anni fa Della Valle non ha votato il gradimento al momento della sua successione a Paolino Mieli. L’altro aderente all’allegro ex “Club di Berlino” che ora lo stesso “scarparo” sembra sponsorizzare per la presidenza del gruppo proprio in contrapposizione a quella di de Bortoli, che dalla sua parte gli è rimasto soltanto Abramo Bazoli.
Che il presidente di sorveglianza di Banca Intesa possa condividere il pensiero critico di Flebuccio sul premier-cazzaro Renzi è possibile. Anzi, è probabile per chi ha incontrato recentemente il banchiere bresciano e ascoltato il suo giudizio negativo sull’attuale governo. Da qui a sostenere che abbia armato la mano del bombarolo de Bortoli, però, ce ne passa. Sostenerlo, inoltre, farebbe torto alla onestà intellettuale (sia pure a corrente alternata) del direttore pro-tempore del Corriere.
Né si può immaginare che Flebuccio abbia voluto ingraziarsi Re Giorgio che finora ha difeso a spada tratta i firmatari dell’occulto “Patto del Nazzareno” tra Renzi e Berlusconi. E che appena l’altro giorno ha tirato pesantemente la giacca ai parlamentari (sfiorando anche qualche strappo istituzionale) invece di lodarli (almeno paradossalmente nell’occasione) per aver bocciato ben 14 volte due “avanzi di partito” (Violante e Bruno) per la Corte costituzionale.
sergio marchionne Harald Wester e john elkann
Il “cartaro” del Quirinale appare ormai vittima dei suoi stessi giochi (di prestigio) politico-istituzionali, il cosiddetto “Papocchio Napolitano”.
Così, dopo aver pescato la “scartina” Renzi da giocare in opposizione a Enrico Letta come aveva già fatto con Monti, il capo dello Stato non appare più in grado – almeno nell’immediato -, di effettuare nuovi sparigli politici.
La stessa possibilità di buttare sul tavolo il jolly Mario Draghi sembra ancora prematura. Ecco perché Re Giorgio ha poco gradito, a quanto apprende Dagospia, la sortita dell’incursore Flebuccio. Al quale molti prefigurano possa buttarsi in politica e concorrere dopo l’Expo a succedere a Pisapia a sindaco di Milano.
Certo è che il suo ultimo editoriale, puntuto ed efficace tanto da meritarsi ad honorem il titolo di Principe dei Gufi, politicamente vale cento volte di più del programma anti-renziano di quell’Airone Passera che, invece, continua a volare rasoterra.