di maio napolitano renzi

L’OMBRA DI KING GEORGE SULL’ALLEANZA PD M5S – GRANDE ATTIVISMO DI NAPOLITANO PER SPINGERE IL NAZARENO NELLE BRACCIA DEI GRILLINI – E’ LUI IL GRANDE BURATTINAIO DIETRO LE MOSSE DI ORLANDO E FRANCESCHINI (ANCHE PER DARE UN ALTRO SCHIAFFONE AL DUCETTO)  

 

Alessandro Da Rold per la Verità

 

il presidente emerito giorgio napolitano (2)

Giorgio Napolitano non molla. Dopo l' intervento a gamba tesa da presidente pro tempore del Senato, ora il novantaduenne presidente emerito della Repubblica ha iniziato a farsi sentire anche all' interno del Partito democratico in vista del secondo giro di consultazioni.

 

Del resto l' apertura del leader pentastellato Luigi Di Maio a tutto il Pd («Non ho mai voluto spaccare il Pd», ha detto ieri dal Colle), compreso quindi l' ex segretario Matteo Renzi, traccia forse un nuovo schema di gioco, dove i dem potrebbero tornare in partita dopo settimane di Aventino. A quanto pare l' obiettivo non dichiarato del vecchio dirigente del Pci è quello di stanare Matteo Renzi dall' ambiguo ruolo di questi ultimi giorni (le dimissioni sono vere o finte?), portando il Nazareno a dialogare con i grillini o con il centrodestra: magari costruire un percorso che possa portare alla formazione di un nuovo esecutivo.

Sergio Mattarella a colloquio con il presidente emerito Giorgio Napolitano

 

È il vecchio schema delle Botteghe Oscure, quello del cosiddetto senso dello Stato e delle istituzioni, ma soprattutto di come quando il Paese ne abbia bisogno sia più importante la sostanza rispetto alla forma. Si tratta di una linea portata avanti in queste settimane dal ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, ma soprattutto dal ministro di Grazia e giustizia Andrea Orlando, da sempre in ottimi rapporti con l' ex capo dello Stato: fu lui a sponsorizzarlo come Guardasigilli nel governo di Enrico Letta.

 

napolitano assad jpeg

Sarebbe proprio Orlando in queste ore a capeggiare la fronda contro i renziani, fermi sulle loro posizioni, con l' ex premier convinto più che mai di restare all' opposizione. La linea è più o meno quella espressa ieri dal segretario reggente Maurizio Martina: «L' esito elettorale per noi negativo non ci consente di formulare ipotesi di governo che ci riguardino». Ma allo stesso tempo il ministro dell' Agricoltura uscente ha anche aperto a quattro punti, tra cui un reddito di cittadinanza rimodulato e a una forte impronta europeista. Il problema resta sempre Renzi.

renzi e napolitano

 

Claudio Velardi, ex Pci, da tempo mente critica all' interno del Pd con la sua Fondazione Ottimisti & Razionali, dopo le aperture di Di Maio con un tweet invitava i dem a sfidare i grillini. «Il Pd metta subito nero su bianco 5-6 punti irrinunciabili di programma coerenti con le cose fatte e dette, e sfidi il M5s. Prima di sedersi a qualunque tavolo». Si tratta di un' ipotesi che potrebbe prendere in considerazione Renzi?

 

Del resto, l' idea di una scissione interna ai democratici, con la possibilità di creare un En Marche nello stile del presidente francese Emanuel Macron, sembra in questo momento accantonata. «Renzi non vuole fare En marche», diceva appunto ieri la deputata dem Alessia Morani. E cosa vuole fare? Si domandano in tanti dentro e fuori il parito. Al momento non si sa, ma dopo il primo giro di consultazioni appare evidente che lo schema di gioco sta cambiando e che il tempo del galateo istituzionale è finito.

CLAUDIO VELARDI

 

Napolitano dovrebbe incontrare per la seconda volta il capo dello Stato Sergio Mattarella la prossima settimana, prima del nuovo giro di colloqui con i partiti che dovrebbe essere decisivo per la formazione di un nuovo governo o per le elezioni anticipate. La visita di Napolitano a Mattarella è da prassi istituzionale, ma segnala il consueto interventismo da parte di Re Giorgio nelle dinamiche della politica italiana. D' altra parte dopo le sciabolate contro Renzi a Palazzo Madama («Il voto ha bocciato l' auto esaltazione dei governi»), nelle poche dichiarazioni rese in pubblico il due volte capo dello Stato ha fatto intendere subito che lo schema di gioco per nominare i presidenti di Camera e Senato, cioè l' intesa tra il leader leghista Matteo Salvini e Luigi Di Maio, non valeva per formare un nuovo governo («No, quella maggioranza é servita per le Camere, punto e basta») e soprattutto ha chiesto responsabilità al Pd.

di maio

 

«In questo momento Renzi è il miglior alleato di Di Maio, perché stando fermo potrà far dire al Movimento 5 stelle che loro ci hanno provato ma non c' è stato nulla da fare. E così potrà addossare al Pd la responsabilità di un governo Lega-M5s», spiega un deputato di centrosinistra fuori dai microfoni.

 

Da sempre interprete del pensiero di Napolitano è il vecchio amico Emanuele Macaluso, storica firma dell' Unità, che da una settimana continua a bombardare il Pd sul ruolo che dovrebbe tenere durante questa fase di costruzione di un nuovo esecutivo. Proprio ieri nel suo consueto corsivo sottolineava quale ruolo avesse in questo momento Renzi, circondato dal suo Gglio magico e alternativo a un partito che ragiona in termini di collegialità. «Renzi c' è o non c' è?», si domanda Macaluso.

 

DI MAIO RENZI

Perché, ragiona, «c' è da chiedersi a questo punto come andranno le cose nel Pd e se sarà veramente in grado di condurre quell' opposizione di cui tutti parlano. Lo dico perché a me pare che la confusione e, soprattutto, le guerriglie tra i vari gruppi continuino senza tregua. E come notano molti che hanno guardato sempre con simpatia il centrosinistra e lo hanno sempre votato, l' anomalia più evidente è quella delle dimissioni date e non date da Matteo Renzi. Se non si chiarisce sino in fondo questa questione, anche nell' assemblea convocata per il 21 aprile, la situazione del Pd resterà confusa e il partito sarà impotente ad affrontare le nuove frontiere della politica così come sono state determinate dalle elezioni».

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