
L’OMBRELLO NUCLEARE DI MACRON SPACCA L’EUROPA – REAZIONI CONTRASTANTI ALLA PROPOSTA DEL TOY BOY DELL’ELISEO DI METTERE A DISPOSIZIONE DELL’UE L’ARSENALE ATOMICO FRANCESE – IL CANCELLIERE ENTRANTE MERZ HA DATO SEGNALI DI APERTURA. ANCHE POLONIA, SVEZIA, DANIMARCA, I PAESI BALTICI, CHE PIÙ TEMONO LA POTENZA BELLICA DI MOSCA, HANNO VALUTATO LA PROPOSTA CON FAVORE. GIORGIA MELONI RISCHIA DI RIMANERE TAGLIATA FUORI DAI GIOCHI...
Gianluca Di Feo per "La Repubblica" - Estratti
https://www.repubblica.it/esteri/2025/03/07/news/nucleare_scudo_macron_europa-424047316/
VERTICE A PARIGI - GIORGIA MELONI EMMANUEL MACRON
È il grande paradosso: da De Gaulle a Macron, l’ambizione francese è stata sempre il propulsore e il freno della difesa europea. Da Parigi è arrivata la spinta più decisa per creare forze armate comuni ma la volontà di esserne leader ha spento ogni tentativo di concretizzarla.
Questo limite traspare anche nella proposta estendere alla Ue l’ombrello della force de dissuasion, l’unico arsenale nucleare occidentale totalmente indipendente dagli Usa: ieri è stata ribadita la disponibilità di metterlo a disposizione dell’Unione, specificando però «che la decisione finale resterà esclusivamente nelle mani del presidente francese».
(…) In questo mondo nuovo, l’iniziativa di Macron trova un’accoglienza diversa e anche il dibattito aperto a margine del summit di Bruxelles ha illuminato la nascita di un’Europa a due velocità.
Polonia, Svezia, Danimarca, i Paesi Baltici, che più temono la potenza bellica di Mosca, hanno valutato la proposta con favore. «Noi svedesi, come gran parte dei popoli, vogliano avere quante meno armi nucleari possibili – ha dichiarato il premier Ulf Kristersson – ma ora dovremmo essere grati del fatto che due nazioni vicine hanno queste capacità».
A determinare il futuro della Ue sarà la Germania, dove il cancelliere uscente Scholz si è mostrato freddo – «Siamo alleati nella Nato. Esistono regole molto specifiche per questo» – mentre quello entrante Merz ha dato segnali di apertura, sottolineando che bisogna contare meno sul sostegno americano e avviare colloqui con Londra e Parigi per approfondire questa «svolta storica».
Se il prossimo governo di Berlino proseguirà sulla sua linea, tutte le prospettive per la difesa europea avranno un’altra vita in cui la Francia potrebbe prendere la guida di un direttorio di Germania, Gran Bretagna e Polonia, la potenza militare emergente. Per l’Italia il rischio è quello di restare fuori dai giochi.
Rispetto alla partita globale, la questione del nucleare ha un valore solo in apparenza simbolico. Dall’autunno 2022 il Cremlino l’ha più volte sottolineata, evocando spesso le “armi tattiche” con toni minacciosi fino a modificare lo scorso anno le regole di impiego degli ordigni più devastanti. (...)
ursula von der leyen volodymyr zelensky
Bisogna però tenere presente quanto sia debole il confronto tra gli arsenali. Quello britannico conta su sei sottomarini, ciascuno con sedici missili Trident a testata multipla.
Ha però una “sovranità limitata” rispetto alla Casa Bianca: anche i lanciatori sono di produzione statunitense e tutto l’apparato è integrato in quello del Pentagono.
Quello francese invece è figlio di una costosa grandeur – tenerlo attivo richiede sei miliardi l’anno – che lo rende autonomo: è totalmente di produzione nazionale. Ci sono quattro sottomarini con 48 missili M51 che hanno una portata di seimila chilometri. Dall’invasione dell’Ucraina tre sono in immersione: sott’acqua non possono essere individuati e mantengono la possibilità di rispondere a un attacco, concretizzando la dissuasione.
Ci sono poi quaranta cacciabombardieri Rafale con missili Asmpa, che colpiscono a cinquecento chilometri di distanza, e altri dieci imbarcati sulla portaerei De Gaulle. Sembra siano state conservate pure bombe a caduta libera, che però obbligano gli aerei ad avvicinarsi al bersaglio. In tutto si tratta di 290 ordigni nucleari: la Russia ne ha oltre cinquemila.
La centrale di comando si chiama Jupiter e si trova in un bunker sotto l’Eliseo: una creatura della Guerra fredda, dove possono venire ospitati i presidenti e i loro staff in caso di conflitto. Mitterrand chiese di costruirvi una cuccia per il suo labrador, ma i capi di Stato non l’hanno mai amata e la consideravano “la tana della paura”: solo Macron l’ha rivalorizzata, tenendo spesso riunioni di crisi sotterranee sin dalla stagione del Covid. Una circostanza che ha provocato sarcasmo, ma che forse ha anticipato l’evoluzione mondiale.
video su gaza strip in trip creato con ai - ursula von der leyen donald trump
OLAF SCHOLZ - GIORGIA MELONI - - G7 BORGO EGNAZIA
ursula von der leyen e donald trump a davos nel 2020
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