L’ULTIMO ORGASMO DEL BANANA: PRODI INSACCATO COME UN BUNGA BUNGA

Adalberto Signore per Il Giornale

«Avanti un altro...». Silvio Berlusconi tira giù un sorriso teso che in realtà è più un sospiro di sollievo. Romano Prodi, il più temuto dei papabili per il Quirinale, si è appena schiantato sotto quota 400 voti, una vera e propria débâcle.

E il Pd incassa la seconda sconfitta in due giorni: la prima giovedì su Franco Marini, votato compattamente dal centrodestra e vittima del fuoco amico dei Democratici; la seconda ieri sull'ex presidente della Commissione Ue, anche lui fatto fuori da ben 101 cecchini interni.

Un risultato - spiega il Cavaliere ai suoi durante una lunga riunione serale a Palazzo Grazioli - che «ci può stare» quando «decidi di celebrare un congresso di partito sulle spalle del Paese». «Invece di votare per il prossimo presidente della Repubblica - insiste l'ex premier - hanno provato a eleggere il nuovo segretario del Pd, una cosa indegna».

Dopo quattro votazioni, dunque, l'impasse è totale. Con un Berlusconi che resta in attesa. «Adesso non dobbiamo toccare niente che tanto fanno tutto loro», la butta lì in Transatlantico un piuttosto divertito Augusto Minzolini. Una frase che dà abbastanza il senso della situazione, visto che in questi due mesi il gioco di rimessa del Cavaliere è stato ineccepibile, senza neanche una sbavatura.

Certo, gli incredibili scivoloni di Pier Luigi Bersani hanno aiutato non poco un Berlusconi che si trova di nuovo con il coltello dalla parte del manico.
E questo dopo aver rischiato Prodi sul Colle, la soluzione più invisa al Cavaliere tanto che il leader del Pdl aveva avuto pochi dubbi a dare il via libera alla manifestazione di protesta davanti a Montecitorio.

Una decisione arrivata durante un pranzo a via del Plebiscito con il solito confronto tra falchi e colombe, con Gianni Letta a predicare inutilmente cautela visto che alla fine è passata senza se e senza ma la linea di Denis Verdini, Daniela Santanché e Daniele Capezzone su cui pure uno non sempre falco come Angelino Alfano si è detto d'accordo. Protesta in piazza e non solo: il Pdl, infatti, alla quarta votazione - quella che può incoronare Prodi - decide di non partecipare.

«Perché se votiamo ci mischiamo con le schede bianche, le nulle, magari con un sostegno alla Cancellieri e tutto s'annacqua», spiega Berlusconi. Invece, insiste con i suoi, «la nostra presa di distanza deve essere chiara persino a mia nonna».

Ed è seguendo questa linea che il Cavaliere è durissimo quando incontra i gruppi parlamentari del Pdl. Attacca Bersani che non mantiene le promesse (quella su Marini) e annuncia battaglia in Parlamento e in piazza, giusto per dare un assaggio di quello che sarà il mood se Prodi andrà al Quirinale. Come è finita la sappiamo, con Berlusconi convinto che il Pd «non sia più un partito ma solo un'accozzaglia di correnti in guerra tra loro». Insomma, secondo il leader del Pdl «a questo punto non sono più in grado di fare nomi» ma dovrebbero iniziare ad «ascoltare anche noi».

Ecco perché a tarda sera Berlusconi è a Palazzo Chigi per incontrare Mario Monti e, probabilmente, ragionare sul nome di Anna Maria Cancellieri (candidata al Colle di Scelta civica). Anche se il Cavaliere non esclude di tornare su Marini («i numeri li aveva», ripete ai suoi) o provare a proporre al Pd nuovamente Massimo D'Alema oppure Giuliano Amato (ieri sera in grande ascesa). La verità, però, è che la partita è complessa e se la notte non porterà consiglio il rischio di restare incastrati è altissimo. Ecco perché in campo rimane anche l'ipotesi Giorgio Napolitano.

Se domani la situazione non si sblocca, infatti, Berlusconi non esclude di chiedere al capo dello Stato il «sacrificio» di restare al suo posto. «Un appello - ragionava ieri in privato - che però non posso fare da solo, ma soltanto insieme al Pd». Un Berlusconi che comunque gongola. «Prima Marini e poi Prodi. Volevano farmi fuori, è finita che si sono eliminati da soli...».

 

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