LEGA NON PIÙ LEGA - LE AMMINISTRATIVE SEGNANO LA FINE DEL CERCHIO MAGICO NELLE ROCCAFORTI IN LOMBARDIA: SU 36 SINDACI USCENTI, NE TIENE SOLO 16 - IL CARROCCIO REGGE SOLO NEL VENETO DEI TOSI E MARONI - IL SEGNALE È CHIARO: GLI SCANDALI HANNO MESSO UNA CROCE SULLA VECCHIA LEGA DI BOSSI, CHE PUÒ SOLO SPERARE DI RIPARTIRE DAI “BARBARI SOGNANTI” (MA MARONI NON VUOLE FARE IL LEADER, CI PENSERA’ ZAIA)…

Paola Setti per "il Giornale"

Conta di più Cassano Magnago o Verona? Nella città dove è nato Umberto Bossi, nel varesotto, la Lega è stata scalzata dal ballottaggio. Nell'arena di Roberto Maroni, Flavio Tosi ha stravinto. E a fine giornata in fondo è questa la fotografia. La Lega perde molto Lombardia, ma tiene in Veneto. Non a caso, al viso cupo del milanese Matteo Salvini fa da contraltare il sorriso di Luca Zaia.

Dice l'europarlamentare che «parecchi voti della Lega penso siano rimasti in frigorifero: capisco chi, magari disorientato dalle polemiche e dagli errori commessi, non è venuto a votarci questa volta». Il governatore del Veneto invece gongola per Verona, «la madre di tutte le vittorie», e dal suo paese nel Trevigiano, Godega Sant'Urbano, appena riconquistato da Giorgio Bonet, analizza così il voto da quelle parti: «Possiamo ben dire che a Verona come qui a Godega e in altri comuni dove abbiamo vinto, la Lega sopravvive alla Lega. A vincere è la Lega dei sindaci, del pragmatismo, risposta più concreta alle esigenze della gente. È la Lega del fare, proprio per questo è la Lega del futuro».

In Lombardia la disfatta si sente meno in periferia: nel pavese, nel lodigiano, nella bergamasca. Ma è colossale al centro, fra Milano, Monza e la Brianza: 15 comuni brianzoli su 15 persi, 7 su 8 nel monzese, le roccaforti da Lesmo a Crema, e fanno effetto i luoghi simbolo. Mozzo, la città di Roberto Calderoli, che dice: «Quando i leghisti, o presunti tali, dividono il movimento questo è il risultato». E Sarego, la sede in quel di Vicenza del Parlamento Padano: qui la Lega era al 39,8%, ora è al 13,6.

Pesano le inchieste giudiziarie, dice Salvini: «È stata una campagna elettorale difficile, in cui più che di Comuni, di Imu e dei disastri del governo Monti abbiamo dovuto parlare di diamanti, lingotti d'oro di lauree albanesi». Eppure lo stato maggiore leghista riunito in via Bellerio ha tirato un mezzo sospiro di sollievo. Tiene il Veneto e tiene il Piemonte: «I nostri sindaci uscenti che hanno lavorato bene hanno tenuto alla grande, basti pensare allo straordinario risultato di Varallo e all'ottima vittoria a Serravalle Sesia» commenta il governatore Roberto Cota.

Su 36 Comuni leghisti tornati al voto, la Lega ne ha riconquistati 16: 4 in Lombardia, 10 in Veneto, 2 in Piemonte. In tutto si è presentata in 159 città, conquistandone 25 e vedendo il ballottaggio in 7. Aver perso quasi la metà dei Comuni non è certo un buon risultato, ma,ora si può dire,«ci aspettavamo una resa ben peggiore».

E invece si riparte, da Maroni naturalmente. Diceva di lui alla vigilia del voto Giuseppe Leoni che «è in una posizione facile: se vince è merito suo, se perde è colpa degli altri». La sua personale battaglia, Bobo l'ha vinta. Si era detto «tosiano» chiudendo la campagna elettorale a Verona, e su Verona ieri ha espresso la sua «soddisfazione personale». Portando avanti il progetto di «fare le pulizie» e poi ripartire da una Lega nuova, aveva messo nel conto la batosta elettorale.

L'importante era la vittoria di Tosi, e infatti ieri Maroni lungi dal fare mea culpa («andare senza il Pdl è stato giusto »), ha scaricato gran parte delle responsabilità della sconfitta sulle inchieste, «abbiamo pagato un prezzo alle vicende che hanno avuto grande risalto sui giornali», e ha lasciato intendere che la Lega ripartirà dal «modello Verona, che allarga il consenso al di fuori del bacino abituale della Lega».

Un'indicazione anche in vista del congresso federale del 30 giugno, quando la Lega deciderà il segretario e le alleanze. Per dire il clima, basta il commento di un bossiano: «Tanto di cappello a Bobo. Ora la sua corsa al congresso è inarrestabile». Dicono che solo la candidatura di Bossi potrà fermarlo, non fosse altro che nel giorno del passo indietro del Senatùr, Maroni promise: «Se ti ricandidi, ti voto». Così non è un caso che ieri, subito do¬po la vittoria, Tosi abbia avvertito: «Chi spinge Umberto alla ricandidatura vuole il male di Umberto e della Lega». Presto la resa dei conti finale.

 

ROBERTO MARONI E FLAVIO TOSI RENZO BOSSI CON UMBERTO BOSSI ROSI MAURO IN LACRIME A PORTA A PORTALuca Zaiacalderoli-roberto

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