LETTA DEMOCRISTIANO SULLA CANCELLIERI: “FUGHERÀ OGNI DUBBIO, MA NON DEVONO ESSERCI OMBRE” - I FALCHI PDL VOGLIONO SOSTITUIRLA, MA BRUNETTA LA BLINDA: “NO ALLE DIMISSIONI”

1. "FUGHERÀ OGNI DUBBIO" - MA LETTA ASPETTA L'AULA - PALAZZO CHIGI: MARTEDÌ IL CHIARIMENTO, NON CI DEVONO ESSERE OMBRE
Fabio Martini per "La Stampa"

Enrico Letta è fatto così e non ha cambiato stile neppure davanti alle ombre che si addensavano su una donna che stima: ogni volta che si profila un problema rognoso e che non conosce, il premier prende tempo, studia la pratica e, finché può, non dice una parola. Anche col caso-Cancellieri è andata così: nel corso di due colloqui privati col ministro di Giustizia, il presidente del Consiglio si è fatto spiegare come stessero le cose, ha avuto rassicurazioni che non ci fossero opacità, ha garantito la sua copertura politica, dopodiché però ha preferito non esporsi in prima persona.

E così, ieri mattina Anna Maria Cancellieri ha deciso la controffensiva solitaria. Cambiando stile. Facendo vibrare la corda con la quale si era impelagata, la corda umana.

Prima dalla tribuna del congresso radicale e soprattutto dopo, in una vibrante conferenza stampa nel corso della quale i giornalisti incalzavano il ministro con domande scomode e la Cancellieri rispondeva a tono, senza accorciare i tempi, ma in qualche modo incoraggiando nuovi interrogativi. Lasciando anche trapelare, significativamente, perplessità per alcune affermazioni fatte da Giulia Ligresti e da sua padre. E proprio mentre la Cancellieri provava a prendere il toro per le corna, si faceva vivo Letta, con una nota attribuita a palazzo Chigi e contenente alcuni messaggi.

Il richiamo alla necessaria, massima e tempestiva trasparenza e anche il rispetto delle istituzioni parlamentari: «Il governo ha voluto che il chiarimento in Parlamento avvenisse immediatamente perché non devono esserci zone d'ombra. Siamo sicuri che il ministro fugherà ogni dubbio e che le argomentazioni convinceranno le Camere». Dulcis in fundo: «Le parole del procuratore Caselli hanno peraltro già dato un fondamentale contributo di chiarezza».

Fin qui Enrico Letta. Un comunicato privo di pathos ma «istituzionalmente corretto» che ha dovuto tener conto di tre fattori politici. Il primo riguarda il Quirinale. Nel novembre del 2011 Anna Maria Cancellieri fu richiamata dalla sua pensione su indicazione del Capo dello Stato che la suggerì a Mario Monti per il delicato incarico al ministero dell'Interno. Dopo le elezioni e dopo una prestigiosa, breve candidatura al Quirinale su indicazione di Scelta Civica, la Cancellieri sembrava destinata ad uscire dalla scena politica.

Ma ad aprile, quando è arrivato il momento di attribuire la delicatissima casella della Giustizia, Napolitano e Letta hanno convenuto sul fatto che in quella postazione non potessero andare esponenti del Pdl o del Pd e proprio per questo hanno puntato sull'ex ministro dell'Interno.

Naturalmente in una vicenda pubblica come quella in corso, il Capo dello Stato non ha un ruolo, ma il suo incoraggiamento deve essere stato d'aiuto per Anna Maria Cancellieri. Ma nell'atteggiamento - prima prudente e poi più esplicito - di palazzo Chigi ha giocato la posizione del Pd, nel corso della giornata espressa dal responsabile della Giustizia Danilo Leva che non ha usato perifrasi: «Non consentiamo una minimizzazione di questa vicenda. Le carceri sono piene di migliaia di persone, che non hanno il numero di cellulare del ministro o di altri parlamentari. Per loro c'è bisogno di chiarezza e trasparenza. Il passaggio alle Camere è necessario proprio per tutelare la credibilità delle Istituzioni che tutti insieme rappresentiamo».

Dichiarazione affidata alle tv all'ora di pranzo e di cui ha preso atto Letta, in questi giorni nella sua Pisa, e infatti i concetti espressi dall'esponente Pd venivano assorbiti nel successivo comunicato di palazzo Chigi. E dunque, paradossalmente, in questa vicenda Letta è stato meno condizionato proprio dal partito che dovrebbe avere più a cuore il tema della giustizia: il Pdl da due giorni ha espresso una solidarietà «pelosa» alla Cancellieri, nel tentativo di equiparare Giulia Ligresti a Ruby, la Guardasigilli a Silvio Berlusconi.

Una equiparazione che non ha trovato proseliti e che l'ex ministro della Salute Renato Balduzzi liquida così: «Il paragone dimostra a quale grado di mistificazione possa arrivare la partigianeria politica, mettendo sullo stesso piano la pressione su un pubblico funzionario perché non faccia il proprio dovere e la sollecitazione a svolgere i propri compiti con ancora più attenzione».


2. E ORA IL MINISTRO È NEL MIRINO DEI FALCHI DEL PDL - PUNTANO ALLE DIMISSIONI PER SOSTITUIRLA CON UN "LEALISTA"
Amedeo La Mattina per "La Stampa"

Ora nessuno conosce i Ligresti e molti del Pdl prendono le distanze dal ministro Cancellieri: non è mai stata un tecnico gradito al partito. Eppure quando la signora venne mandata a Bologna come commissario straordinario, il partito le chiese di candidarsi a sindaco dopo la caduta della giunta Delbono.

Adesso una parte dei berlusconiani si attestano sulla linea dei due pesi e due misure. Berlusconi demonizzato e condannato a sette anni di carcere per la telefonata «umanitaria» pro Ruby mentre il ministro Cancellieri viene difesa dal premier Letta e diventa una martire. Un paragone che per la stessa Cancellieri non sta in piedi («quella è un'altra storia, mentre qui ho fatto il mio dovere. Sono il ministro della Giustizia e avevo la responsabilità delle detenute»).

Rimane il fatto che la Guardasigilli rimane nel mirino di quel pezzo del Pdl ascrivibile a falchi e lealisti che colgono l'occasione per attaccare il governo. Non sarà certo questo lo spintono per far cadere l'esecutivo. Il redde rationem arriverà sulla legge di stabilità e sulla decadenza di Berlusconi. È un modo, però, per tenere alta la tensione, indebolirlo ulteriormente e se alla fine dovesse saltare la poltrona di via Arenula, lì potrebbe andarci un esponente del Pdl che «finalmente sollevi la questione giustizia politicizzata in Italia, lo scandalo dei 24 mila detenuti in attesa di giudizio».

Vengono fatti girare (per la verità non dagli interessati che non credono minimamente che ciò possa verificarsi) i nomi di Nitto Palma e di Gelmini. Per evitare tentazioni del genere, oltre e soprattutto perché credere nella correttezza del Guardasigilli, che Letta difende a spada tratta la Cancellieri. E lo fa anche Alfano alle prese con una micidiale lotta nel suo partito dall'esito incerto.

Insomma, pure la scarcerazione di Giulia Ligresti entra in qualche modo nella guerriglia sferrata da una parte del Pdl contro Palazzo Chigi e i governativi di casa propria. Cicchitto parla esplicitamente di «giochi strumentali di chi cerca di servirsi di questa vicenda per tentare di far cadere il governo» (e si riferisce al suo partito). Poi critica il «parossismo giustizialista di alcuni esponenti del Pd che imputano alla Cancellieri l'amicizia con la famiglia Ligresti e un colloquio con la moglie di Ligresti che piangeva per gli arresti: sembra che costoro ci vogliano far vivere in Urss».

Quella di Cicchitto è un modo diverso di trattare la questione e ricorda che Berlusconi non ha mai visto male il ministro della Giustizia. Probabilmente è questo il motivo che spiega toni meno accesi. Il Cavaliere ha chiesto alle truppe di usare maggiore prudenza. Anche Sallusti sul Giornale è passato dal colpo diretto alla Cancellieri «ministro dell'Ingiustizia» all'accusa tutta contro la sinistra che vorrebbe farla fuori.

Rimane sempre il concetto dei due pesi e due misure su cui insistono Gelmini, Santelli, Santanché, Romani e Gasparri. Il quale Gasparri piuttosto rimarca «i lauti compensi» percepiti dal figlio del ministro, Piergiorgio Peluso, ex direttore generale Fonsai, ricevuti dalla famiglia Ligresti. Una famiglia che ha legami storici con molti esponenti del Pdl, anche con chi se n'è andato, come Ignazio La Russa che preferisce non parlare della vicenda.

Antichi legami con Berlusconi fin dagli anni Ottanta quando con il patriarca Salvatore Ligresti avrebbe acquistato la televisione Gbr da regalare all'amante di Craxi Anja Peroni. Acquisto che sarebbe stato curato dall'ex ministro Paolo Romani, che smentisce questa ricostruzione. «Questa è una delle tante leggende metropolitane che girano da anni. Io incontrai una sola volta Salvatore Ligresti a Roma: lo feci risparmiare, gli dissi quella televisione era un pozzo senza fondo, che era meglio starne alla larga. È vero invece - aggiunge Romani - che assunsi Giulia Ligresti come praticante a Telelombardia perché lei voleva diventare giornalista».


3. BRUNETTA: "NON CHIEDEREMO LE DIMISSIONI DELLA CANCELLIERI"
Da www.ilmessaggero.it

Chiederete le dimissioni di Cancellieri? «Certamente no - risponde Renato Brunetta a "L'intervista" di Maria Latella su Sky Tg24 - Ho espresso in una lettera la mia solidarietà al ministro. La stessa solidarietà che esprimerò martedì alla Camera. Ma no a due pesi e due misure, come avviene per Berlusconi».

«Doppiopesismo sul caso Ligresti e sul caso Ruby». Brunetta ha sottolineato che la sua posizione sarà quella ufficiale del Pdl: «Strumentalizzazioni sul caso Cancellieri per la vicenda di Giulia Ligresi? E' vero da sinistra, non dal Pdl. E quindi massima solidarietà al ministro, sottoposta a un attacco insopportabile. Ma perché nessuna solidarietà a Berlusconi? Il problema è il doppiopesismo sul caso Ligresti e sul caso Ruby. Questo paragone non è azzardato farlo, ma è azzardato non farlo, perché non è accettabile «he si condanni Berlusconi a sette anni di carcere senza aver commesso nulla».

«Decadenza Berlusconi? Il Pdl esce dal governo». «Non possiamo accettare il ricatto della governabilità - dice Brunetta - . Il voto sulla decadenza è incompatibile con nostra presenza nel governo. E la responsabilità sarà del Pd». Così Renato Brunetta, intervistato da Maria Latella su Sky Tg24. Il capogruppo Pdl ha ribadito che su Berlusconi «serve il voto segreto» e che quindi la questione sarà riproposta.

«Letta rischia, si è montato la testa». «Letta rischia molto di più sulla legge di stabilità che sul caso Cancellieri - sostiene Brunetta - Letta si è montato la testa dopo una fiducia afferrata per i capelli il 2 ottobre. Bisogna rivedere la manovra a partire dai contenuti sulla casa. Una legge di stabilità che si basa su ipotesi di crescita inverosimili e che quindi produrrà un aumento della pressione fiscale per tutti».

«Il Pd non vincerà, con Renzi si spaccherà». «Il Pd non vincerà le elezioni perché con Renzi segretario il partito si spaccherà, ne sono sicuro - dice Brunetta - L'ultimo giovane democristiano sta conquistando ciò che resta del Partito comunista. E' una storia bellissima, ma non so cosa ne pensano i duri e puri del partito. Renzi è il segno dei tempi, della crisi di un partito che non si sa più cosa sia e che per questo può avere a buon titolo un segretario come Renzi».

«Marina Berlusconi ha detto no, basta con l'accanimento». «Se ha detto mille volte di no perché continuate questo accanimento inutile? Non avete altro di cui parlare?» dice Brunetta replicando a una domanda sull'eventuale leadership di Marina Berlusconi. Schifani delegittimato, come dice Bondi? Il capogruppo del Pdl alla Camera, minimizza: «Noi siamo - scherza - un partito monarchico e anarchico al tempo stesso». Poi, più serio: «Credo che Schifani doveva partecipare all'ufficio di presidenza, come anche Alfano. Rispetto la loro posizione, ma ho detto loro questa mia convinzione».

Siparietto su Giovanardi. Quando Latella accenna una domanda sulle posizioni del parlamentare, Brunetta la interrompe: «Chi è Giovanardi?». Latella insiste: «Giovanardi dice che le leadership finiscono...». «Anche la leadership di Giovanardi si conclude» ironizza Brunetta. «Guardi - aggiunge - Berlusconi la leadership se l'è conquistata sul campo. Come si dice "tutti hanno il bastone di maresciallo nella propria giberna". Vale anche per le leadership. Io attendo che qualcun altro la conquisti. E questo vale anche per Marina».

 

 

 

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