IL NUOVO LIBRO DI CECCARELLI SQUADERNA IL DISPREZZO DI COSSIGA VERSO BERLUSCONI - LO CONSIDERAVA "UN MERCANTE POLITICO", UN "COMMERCIANTE”, “UN MALEDUCATO E UN PRESUNTUOSO, TRA LEI E ME C'È UN ABISSO DI INTELLIGENZA, DI CULTURA, DI MORALITÀ E DI STATURA POLITICA CHE IL SUO DENARO, SPORCO O PULITO CHE SIA, NON POTRÀ MAI COLMARE’’ - IL GATTOSARDO METTEVA IN GUARDIA IL BANANA DAI SUOI STESSI CONSIGLIERI: GIANNI LETTA LAVORA IN PROPRIO "E HA ROTTO LE BALLE", GIULIANO FERRARA È "SCORTESE E MALEDUCATO", IL MINISTRO LA RUSSA, "UN SIMPATICO SIGNORE CHE UNA VOLTA ERA UN MENO SIMPATICO PICCHIATORE FASCISTA, E CHI, SPECIE NEL DOPOGUERRA È STATO FASCISTA, FASCISTA RIMANE... " - DECLINANDO L'INVITO A FAR DA TESTIMONE NELLE NOZZE DI BARBARA BERLUSCONI: “LEI FAREBBE BENE A NON SENTIRSI SICURO IN SARDEGNA! UNA MINACCIA? CERTAMENTE SÌ!"
B. UNA VITA TROPPO - FILIPPO CECCARELLI
Estratto dal Libro “B. Una vita troppo” di Filippo Ceccarelli (Feltrinelli editore)
Gli amichevoli consigli di Cossiga
Proprio mentre questo libro stava per essere chiuso, sono state depositate all'Archivio storico della Camera dei Deputati le carte di Francesco Cossiga e, sia pure distratto e trafelato dalle ultime incombenze, sono andato a dare un'occhiata al cospicuo mucchietto di lettere (circa ottantacinque minute) cortesemente apparecchiatemi nella comoda sala di lettura di Palazzo San Macuto, all'Insula Dominicana, già sede dell'Inquisizione.
La corrispondenza abbraccia in modo non regolare gli anni che vanno dal 1994 al 2009 (Cossiga muore nell’agosto del 2010), ma il grosso riguarda il periodo del secondo e del terzo governo Berlusconi (2001-2006). E quasi sempre l'ex presidente della Repubblica a scrivere di sua iniziativa lettere, alcune anche molto lunghe, su elegante e variabile carta intestata.
SILVIO BERLUSCONI E FRANCESCO COSSIGA
Solo in pochi casi Berlusconi risponde, per lo più in modo cortese, ma in modo assai sorvegliato; a occhio potrebbe persino non essere lui a scrivere, limitandosi al "caro Presidente, carissimo Francesco", vergato a mano, come nei saluti, "tuo Silvio", anche se in una delle ultime missive del carteggio compare anche un "ti voglio tanto bene!!"
berlusconi francesco cossiga giulio andreotti
…………………………………………………
Nel vasto fondo, rispetto a Berlusconi, ce n'è quanto basterebbe per un libretto a parte, perché l'ex presidente della Repubblica inquadra bene il Cavaliere, lo fotografa nitidamente, in qualche modo ne intuisce per tempo, si direbbe quasi in modo profetico, i punti deboli e quindi la fine della sua avventura. Ma il vero valore di quelle carte sta nella lontananza, per certi versi addirittura nella vertigine che separa i due personaggi.
……………………………………….
francesco cossiga e silvio berlusconi
Ormai a fine carriera, come non si stancava di mettere in chiaro, ma vigile quant'altri mai sulle più varie questioni della vita pubblica, Cossiga era uno spirito libero, irrequieto, spesso tormentato.
Un uomo "complesso" l'ha definito la figlia Annamaria, ma per chi l'ha conosciuto certamente leale e anche amabile. Il tanto potere esercitato gli aveva lasciato in dote libertà di giudizio e risentimento. Un ex statista generoso e contraddittorio, lo si sarebbe potuto definire, ma nel suo caso non è facile accontentarsi di una formula valida sempre e per intero.
filippo ceccarelli foto di bacco
Resa ancora più lambiccata dalla "sardità", l'amicizia che Cossiga si ostinava a proclamare per iscritto nei confronti di Berlusconi, per quanto designandola ora "faticosa e affaticata" ora tale dada esprimersi in una sincerità “coraggiosa e brutale” “violenta e beffarda”. Ma pur sempre amicizia, e dunque per lui sacra.
Berlusconi, che amava farsi benvolere da tutti, senz'altro accettava e ricambiava tale sentimento. Certo riconosceva i meriti dell'ex presidente e davvero gli voleva bene, tanto da averlo introdotto in famiglia, come si intuisce dalle lettere: Veronica gli mandava dei dolcetti, lui regalava libri ai figli (fra le sue carte conservava una paginetta in cui il piccolo Luigino ringraziava per un romanzo di Pennac); come una specie di nonno si augurava che Marina chiamasse Silvio il bimbo cui stava per dare la vita.
gianni letta eugenio scalfari francesco cossiga
E però, proprio sulla base di tantissime altre lettere, c'è da credere che il Cavaliere vivesse quell'affetto con qualche comprensibile preoccupazione; come chi considerava il vecchio presidente emerito anche come un bizzoso e pericoloso rompiscatole, una specie di tassa che doveva pagare per il suo quieto vivere, ma spesso tenendosene per quanto possibile a distanza.
Cossiga, che sciocco non era, doveva averlo capito e perciò lo metteva alla prova alzando di continuo il livello e il grado di amicizia con una prosa cui l'allora presidente del Consiglio non era né abituato né preparato.
SILVIO BERLUSCONI E GIULIANO FERRARA
Per esempio: "Solo con grande fatica," gli scriveva Cossiga, "e violentando la crudele tradizione della mia Isola e il carattere personale che mi deriva da essa e dalla storia della mia famiglia, e solo per motivi di fede e carità cristiana (cui anche sono stato esortato dal mio confessore) io credo di poterti perdonare".
Tale stato d'animo era piuttosto frequente perché Cossiga quasi nulla condivideva non solo di quel faceva Berlusconi come premier, ma anche di come era o almeno sembrava ai suoi occhi. Per cui non approvava la mancanza di senso storico, di etica e cultura politica del Cavaliere, gli rinfacciava la diffidenza e la superbia; lo infastidiva quel suo modo di prendersela con il "teatrino della politica"; era seccato dalla superficialità del suo anticomunismo.
Dall'alto in basso, disprezzava le balle di Berlusconi, lo considerava "un mercante politico", in una lettera degradandolo a "commerciante". "Se io fossi Silvio Berlusconi," gli scriveva dopo una sconfitta elettorale, "anzitutto da tempo avrei lasciato la politica e sarei andato a villeggiare alle Bahamas incaricando una banca di staccare le cedole delle mie azioni e di versarmele in un conto presso una banca delle isole medesime."
……………………………………
silvio berlusconi ignazio la russa
Da "oppositore amico" quale sosteneva di essere, ma anche da consumato uomo di Palazzo, Cossiga si consentiva ogni franchezza su fatti e persone, con linguaggio crudo e creativo. L'azione del governo "è da tempo ingessata"; il ministro Lunardi è "tenuto per le palle" da Tremonti; il ministro La Russa, "un simpatico signore che una volta era un meno simpatico picchiatore fascista, e chi, specie nel dopoguerra è stato fascista, fascista rimane... ", stava facendo un sacco di guai alla Difesa; sulla Rai "sei uscito con le ossa rotte".
IGNAZIO LA RUSSA A MILANO NEL 1986 DURANTE UNA MANIFESTAZIONE CONTRO IL TRAFFICO A MILANO
Nulla sfuggiva alla corrosiva critica dell'ex: il conflitto d'interessi esiste sul serio e devi risolverlo se non vuoi fare una pessima figura all'estero, la legge che dovrebbe proteggerti dai processi è venuta fuori "un pasticcio" e "un mostriciattolo", la riforma della giustizia che hai proposto è "piscio tiepido", la mancata soluzione dei problemi di Mediobanca e della Fiat "tiene in fibrillazione continua finanza, banca e industria", è stato un errore andare in guerra con gli americani, sull'Europa è tutto sbagliato, devi impegnarti con il Partito Popolare Europeo, però guardati dall'"infido Aznar" e così via.
Si può immaginare quanto poco il Cavaliere, sommerso di lodi e circondato da yesman, apprezzasse questo tipo di valutazioni, mentre resta difficile stabilire quanto peso desse a quelle franche disposizioni che Cossiga alternava a doni come santini di San Tommaso Moro, protettore dei politici, libri di sapienti gesuiti, testi di Max Weber, una volta anche un coltello a serramanico offerto di persona dalla parte del manico, a stabilire la sacralità barbaricina del dono.
Ignazio La Russa, giovane nostalgico
Ben altro studio, approfondito e introspettivo, meriterebbero queste lettere in cui Cossiga consolava Berlusconi per la "persecuzione giudiziaria" e si lamentava per il non ascolto riservatogli; lo lusingava accennando alle "altre tue destinazioni istituzionali", il Quirinale, e intanto si compativa in quanto vecchio e malato, una volta pure premettendo: "Io non so quanto vivrò: sento interiormente ancora per non molto".
SILVIO BERLUSCONI ANTONIO TAJANI
In una pungente lettera dell'aprile 2002 in questo modo si porgeva all'amico: "Sono un uomo intelligente, molto intelligente; sono un uomo colto, molto colto; sono un uomo tenace e duro, molto tenace e duro, fino alla 'violenza' e alla 'crudeltà'; conosco come pochi, secondo forse solo ad Andreotti, lo Stato e la 'macchina amministrativa'; sono uno dei pochi sopravvissuti della Prima Repubblica che conoscono l'Europa e il Mondo e si intendono di politica estera. Ma, ne sono ben consapevole, non conto politicamente ed economicamente nulla!".
Per poi congedarsi definendosi "ipocondriaco farmacologicamente colto e gioioso" e suggerendo al suo interlocutore, in caso di fastidio, ansia o angoscia per aver ricevuto questo suo scritto, "dieci gocce di Lexotan o Noan".
Di tanto in tanto lo punzecchiava assecondando quello spiritello ludico che pure taceva parte del suo carattere; per cui metteva in guardia Berlusconi dai suoi stessi consiglieri, Gianni Letta lavora in proprio "e ha rotto le balle", Giuliano Ferrara è "scortese e maleducato" , per Tajani avendo coniato il nomignolo di "Barone di Ciociaria" .
CIAMPI SCALFARO COSSIGA E NAPOLITANO
Come pure si riservava il vezzo di chiamare i due presidenti delle Camere Casini e Pera "i Re Magi", il segretario generale del Quirinale Gifuni "il Flauto Magico"; ma a volte con una certa veemenza certamente cercava di aizzare il Cavaliere contro Carlo Azeglio Ciampi: "Egli Ti è 'nemico' e i 'suoi' Ti disprezzano: so quel che dico! In un momento grave, Tu puoi aspettarti dal Quirinale qualunque, dico qualunque iniziativa ostile: ed i momenti gravi, purtroppo, arriveranno!"
Ma soprattutto, missiva dopo missiva, Cossiga offriva consigli con tale insistenza da non rendere più tanto chiaro dove finisse il consiglio e iniziasse la richiesta, o la pretesa.
ciampi casini letizia berlinguer
Con motivazioni anche sensate e spesso incalzanti l'ex presidente della Repubblica proponeva i suoi candidati alla presidenza della Repubblica, ministri degli Esteri, Generali comandanti dell'Arma dei carabinieri, consiglieri della Corte dei Conti, presidenti della Lottomatica, fino al presidente del Consiglio del porto di Cagliari e a un qualche assessorato per due suoi amici, consiglieri e protetti, l'ex senatore Valentino Martelli e l'ex onorevole Paolo Naccarato, della cui carriera riteneva suo esplicito impegno d'onore farsi carico. Dal carteggio non si capisce come reagisse Berlusconi, forse prendeva tempo, forse lo accontentava, forse no.
piervirgilio d astoli pier ferdinando casini paolo naccarato foto di bacco
Per cui Cossiga si offendeva e si arrabbiava di brutto. Fra le varie carte si trova una lettera del febbraio 2008, per la verità priva di firma e di cui non saprei dire se effettivamente spedita, nella quale rompeva l'amicizia con il Cavaliere. "Egregio Signore", lo chiamava, dandogli del Lei: "Prima di scriverLe la presente, ho lasciato passare del tempo: si è trattato di prudenza, non certo di timore, perché Lei non può pensare che io, che combattevo il terrorismo mentre Lei faceva soldi (in che modo, pulito o sporco non mi interessa!)..."
Ancora: "Lei è un maleducato e un presuntuoso, che non ha capito che tra Lei e me c'è un abisso di intelligenza, di cultura, di moralità e di statura politica che il Suo denaro, sporco o pulito che sia, non potrà mai colmare. Forse ha temuto che io volessi insistere con Lei per qualche candidatura; e sciocco sono stato io a proporglieLe, non trattandosi di 'veline', di 'troiette' o di leccaculi da quattro soldi! Se nei prossimi mesi dovesse incontrarmi nei corridoi di qualche palazzo del potere, Lei è invitato di farsi da parte e di non salutarmi neanche, perché io sarei capace di trattarla in pubblico molto, ma molto male!".
E declinando l'invito a far da testimone nelle nozze di Barbara Berlusconi, così si congedava, con significativi riferimenti alla lingua sarda: "Lei per me ora è soltanto un estranzu (estraneo, ndr); ancora un passo, e Lei diventerà per me un inimigu, e cioè un 'nemico': e Lei allora farebbe bene a non sentirsi sicuro in Sardegna! Una minaccia? Certamente sì! Con profonda disistima". Però poi successive lettere testimoniano che una qualche rappacificazione ci fu - a conferma che le amicizie complicate resistono anche alla prova degli archivi.
cossiga moroFRANCESCO COSSIGA HENRY KISSINGER giuliano amato francesco cossiga francesco cossiga assunta almirante foto ansa CIRIACO DE MITA E FRANCESCO COSSIGAcossiga donat cattinfrancesco cossiga aldo morogiulio andreotti francesco cossiga cossiga andreottiSERGIO MATTARELLA FRANCESCO COSSIGA cossigacossigacossiga berlinguer cossiga e craxiCossiga Reagancossiga e pertinicossiga siouxfrancesco cossiga nilde iotti francesco cossigaFrancesco Cossiga in via Caetani, davanti alla R4 con il cadavere di Aldo Mororenato rascel, francesco cossiga e aldo moro francesco cossiga 9gianfranco funari e francesco cossiga Cossiga e Fabiano Fabianibettino craxi francesco cossigacossigaMASTELLA COSSIGACOSSIGA E NAPOLITANO FRANCO COPPI E COSSIGA d'alema cossiga