
PRIMARIE FATTE A MAGLIE/1 - TUTTE LE SPINE DI HILLARY: SCEGLIERÀ LA POPULISTA ELIZABETH WARREN COME VICE, IN UN TICKET ROSA CHE MOLTI NON MANDEREBBERO GIÙ? SARÀ INCRIMINATA PER LE EMAIL? SARÀ BERSAGLIATA PER LE PERCOSSE AL TROMBATORE BILL? - IL CASO-BENGASI RIASSUNTO E SPIEGATO, PER CHI SI È PERSO TRA INCHIESTE E SERVER NEL CESSO
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
Finirà incriminata Hillary Clinton perché il sistema è più forte di qualunque potente pressione, fosse pure quella del presidente in carica? Riusciranno invece a insabbiare tutto, gli arricchimenti intrecciati alle scelte politiche, le mail sottratte al pubblico controllo e in parte distrutte, la sciagurata campagna di Libia e la strage annunciata e non evitata di Bengasi, gli scoppi di ira e di violenza fisica verso il marito presidente, documentate in n libro di prossima uscita ma già un best seller on line?
elizabeth warren hillary clinton
Scivolerà alla fine su una buccia di banana, cedendo alla sinistra di Sanders e nominando vice Elisabeth Warren, quella sì una vera populista, altro che Trump, ma soprattutto un'altra donna, il ticket rosa che molti americani non manderebbero giù?
Sono giorni apparentemente noiosi, la corsa alle primarie lascia poca adrenalina, in qualche modo si riparte da capo, i candidati e i loro investigatori si scatenano a caccia di dossier che inchiodino l'avversario. Le eventuali malefatte del candidato repubblicano andranno cercate nell'attività controversa di imprenditore miliardario, del cattivo carattere si è detto e ridetto, i veri nemici continua ad averli in casa repubblicana, una pattuglia di irriducibili che trama pensando alla convention di Cleveland. Vedremo.
elizabeth warren hillary clinton
I problemi di Hillary invece sono già tutti sul tavolo, come sospesi ed irrisolti. Erano passati pochi minuti dall'endorsement molto atteso di Barak Obama via Facebook, che il suo capo ufficio stampa, Josh Earnest, ha dovuto tenere una vivace conferenza stampa alla quale non ha per la verità cercato di sottrarsi ma che ha lasciato molti dubbi, dalla quale è venuto fuori che: si tratta di inchiesta penale, “ a criminal inquiry”, e non semplicemente una inchiesta di routine sulla sicurezza, come sostenuto dalla Clinton anche mercoledì scorso; il presidente Obama non se ne occupa, figuriamoci se intende interferire, investigatori federali e procuratori hanno naturalmente piena libertà di giungere alle conclusioni dovute.
Per quale ragione, ha chiesto allora il giornalista di Fox news, il presidente ha ritenuto di affermare nel video di appoggio alla Clinton, che “non credo che ci sia nessuno come lei in grado di svolgere questo compito”? Non si tratta di un segnale indiretto ma esplicito al Dipartimento di Giustizia perché chiuda e in gran fretta l'indagine? Domanda inevitabile, risposta zoppicante, il presidente ha detto la sua opinione “sapendo che coloro che sono a capo dell'indagine non si faranno condizionare da nessuna forza politica”.
L'ipotesi è suffragata dal recente esito dell'audit del Dipartimento di Giustizia, che ha confermato le pesanti responsabilità della Clinton, la quale , da Segretario di Stato, nel 2009, appena nominata, al 20013, quando ha lasciato l'incarico ha trasferito su un indirizzo personale di email, Clintonemail.com, una quantità enorme di materiale riservato del Dipartimento, che è stato così esposto alla violazione da parte di governi stranieri e di pirati informatici.
Qui in Italia un governo e dei ministri si possono vendere per affari e tangenti dei militari, nascondere le prove e fare carriera, come per i due marò in India, ma in Usa non si scherza con lo Espionage Act, anche la semplice negligenza, e qui c'è ben altro, costa dieci anni di prigione.
Dopo aver rifiutato di farlo per un anno, la Clinton ha consegnato duemila documenti ma ne ha distrutti trentaduemila, sostenendo che erano personali. La cosa non si sarebbe mai saputa se nel 2013 un hacker, tale Guccifer non avesse tirato fuori le mail di una assistente alla Clinton sulla situazione in Libia. Nel maggio 2014, la Camera dei Rappresentanti vota la creazione di una Commissione sull'attacco terroristico del 2012 a Bengasi in cui perse la vita l'ambasciatore Chris Stevens con altri tre funzionari americani.
Ad agosto la Casa Bianca comunica al Dipartimento di Stato che le ricerche della Commissione includono mail governative indirizzate all'account personale di Hillary. Finalmente il 5 dicembre la Clinton consegna le mail del Dipartimento di Stato che il suo team aveva etichettato come “lavorative” ma non sensibili. Sette mesi dopo, il 23 luglio 2015, gli ispettori incaricati dai giudici riferiscono al Congresso di aver trovato quattro email contenenti informazioni riservate, e due con dettagli “top secret”.
hillary clinton depone sulla strage di bengasi in libia 6
Il mese seguente, dopo aver provato ancora a rifiutarsi, e dopo che gli ispettori hanno formalmente sollevato preoccupazioni per l'esistenza di informazioni riservate al di fuori del controllo governativo, la Clinton consegna i suoi server all'Fbi. Dov'è la ciccia in questo vuoto informativo? Semplice, anche se sembra dannatamente difficile da far venire fuori: la guerra in Libia è stato un errore, la Clinton ha mentito su situazione, alleanze e prospettive per convincere la Casa Bianca all’intervento per rovesciare Gheddafi;
chris stevens e i militari morti durante l attacco al consolato di bengasi
Stevens e i suoi colleghi avevano inviato più di seicento richieste di allarme nelle quali spiegavano che i teroristi da alleati si erano trasformati in minaccia e chiedevano rinforzi, ma non erano stati ascoltati, tanto da far sospettare che la Clinton avesse interferito, esponendoli all’aggressione; la Clinton sostenne che l’assalto era nato come reazione violenta a un video che insultava Maometto, negando categoricamente che fosse un attentato premeditato di Al Qaeda, mentì perché Obama era ameno di due mesi dalla rielezion e sosteneva in campagna la sconfitta totale dell’organizzazione di Bin Laden.
hillary clinton depone sulla strage di bengasi in libia 2
Lei però in una e-mail mandata alla figlia aveva scritto che Al Qaeda era responsabile dell’assalto, salvo smentirsi nella testimonianza alla Commissione e rispondere che l’intervento in Libia era necessario perché Gheddafi sterminava gli oppositori, che l'iniziativa era voluta e appoggiata dagli alleati europei , che con Stevens non parlava personalmente lei ma i professionisti del settore nel governo, che infine la sera dell’attacco erano arrivate informazioni di intelligence contraddittorie.
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La verità? Comunque vada a finire con il Fbi che dovrebbe esprimersi entro la metà di luglio, per molto meno un aspirante candidato alla Casa Bianca sarebbe stato ritenuto unfit to run, non nelle condizioni di credibilità per aspirare alla candidatura. I precedenti, molto più lievi, abbondano, e in questo caso alla debolezza dei notabili del Partito Democratico, alla complicità obiettiva della Casa Bianca, va pesantemente aggiunto il ruolo di cover up dei media americani.