
IL MASOCHISMO SOCIAL DELLA NUOVA GENERAZIONE DI POLITICI-INFLUENCER – FILIPPO CECCARELLI: “DAGLI APPUNTI DI MELONI A SCHLEIN CHE SUONA LA CHITARRA, DA SALVINI CHE ANNUSA SALUMI A GUALTIERI CON CASCHETTO DA OPERAIO: L’ETICA DEL BENE COMUNE TRASFORMATA NELL’ESTETICA DEL CONSENSO. I POLITICI COME PURI SOGGETTI APPARENTI, INVOLUCRI CLIMATIZZATI, SCATOLE VUOTE. I SOCIAL COME PALCOSCENICO DELLA DISSOLUZIONE. E L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE DEVE ANCORA ARRIVARE…”
Filippo Ceccarelli per la Repubblica - Estratti
Dove può finire la politica con i social, in realtà c’è già finita. In un cupo sprofondo e insieme sospesa fra le nuvolette; le tengono compagnia lo smaltimento, il riciclaggio e la dissipazione di parole e visioni in formato minimo, palinodie per tifo tribale, smancerie da divano, nanomachie bimbominkia, frammenti di fuorionda, abbagli cospirativi, spettri, pazzi e ruffiani ormai in regime di monopolio. Dove altro vivrebbe del resto la post-politica se non dentro Facebook, X, Instagram e Tik-tok?
Chi diffida di questa allucinata ricognizione è pregato di aprire una piattaforma a caso e scrollare per un quarticello d’ora con sovrano distacco. Chi lo fa da qualche anno non riesce a togliersi di testa gli appunti di Giorgia al posto delle conferenze stampa, le bimbe di Conte e il merchandising di tazze e magliette con l’immagine di “Sugar Daddy”, Grillo sul carro funebre, Vannacci e Lubamba in trasferta, l’uomo di Musk in Italia, Stroppa, che fa il gesto del pollicione con i ministri e poi dà ordini al governo, il sindaco di Roma Gualtieri, con caschetto da operaio, che si fa meme inaugurando mille opere, quello di Milano Sala che si alza il pantalone per mostrare il calzino arcobaleno, Tajani impacciato fra due pupazzoni, Zaia che litiga con il congiuntivo o accende una pira votiva, Renzi che si fa il selfie con i giovani di Azione, sarà la centesima volta, lo si è visto invecchiare lì dentro, adesso ha i basettoni e porta al dito una diavoleria di anellone tecnologico.
Schlein suona la chitarra e mostra il cagnolino, ma deve essere un’immagine vecchia. Per via dei social, che impongono la più ludica semplicità, ha dovuto cambiare lingua, il Presidente del Coniglio, le borsette e le bollette, roba da scuola elementare, da un eccesso all’altro.
Non c’è leader che non venga deriso per il suo aspetto fisico (...) Capitan Bandecchi solleva un’Ape per mostrare la sua forza, Bonelli& Fratoianni, i rosso-verdi, tagliano un’anguria, Nordio, con un berretto “Orgoglio italiano”, chiede uno spritz, mentre Santanchè intreccia una danza con Pulcinella e quando non solleva minatoria il dito medio, può anche aprire le braccia in segno di accoglienza: “Ed eccoci qui con la Santa cucina, stasera zuppa di cipolle!”.
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Così, in attesa della catastrofe, si cercherebbe di individuare nell’evoluto paesaggio social le antiche tracce dell’identità italiana, la commedia, le novelle (oggi gossip), il melodramma, il particulare, l’espressività, la vita come rappresentazione della realtà, arrivando alla conclusione che questi politici che fluttuano e annaspano nel cyberspazio non sono rappresentativi di un paese, tantomeno di una nazione, semmai di un sogno. Ma sono elucubrazioni.
Testi seri e meditati dicono cose ben più gravi, per esempio che l’algoritmo spinge verso contenuti sempre più estremi scatenando, nell’ordine: crollo della fiducia, regressione democratica, polarizzazione sovranista, radicalizzazione populista, complottismi, menzogne e – Dio ce ne scampi e liberi - violenza.
Però è difficile staccarsi da quel che di ipnotico continua a passare il convento: buongiornissimi, bamboline, peluche, coroncine di fiori, giocattoli, torte, candeline, “Forza Trump!” grida Salvini quando non annusa salumi, canta la canzone di Marinella o dialoga con mucche di passaggio. Tutto si mischia in rete, anche il tempo, niente più passato, niente futuro, Berlusconi sembra che non sia mai morto, è sempre lì, si reclamizzano magliette e felpe con le sue frasi, il sonoro solennizza gadget d’oltretomba, le voci si alzano, si rincorrono, si sovrappongono confondendosi nello spazio virtuale.
FILIPPO CECCARELLI IN UN RITRATTO DI RICCARDO MANNELLI
Tramonti, leccornie, champagne, lacrime, mozzarelle, canzonette, la chiave d’oro di Pompei, la finta e la vera gravidanza, lo sbrego sulla capoccia del ministro: dove mai, se non sui social, poteva consumarsi il sacrificio umano e istituzionale dell’affare Boccia-Sangiuliano? Ancora e ancora: tatuaggio (o trasferello?) con il volto di De Luca, Lollobrigida in bermuda mimetici, Boschi bambina che fa marameo, Cicalone ad Atreju, scontro Salvini-Brasiliano, Valeria Marini presenta “Baci stellari” al Senato, Fabrizio Corona vuole fondare un partito, chi l’avrebbe mai detto venti o trent’anni fa?
L’etica del bene comune trasformata nell’estetica del consenso. I politici come puri soggetti apparenti, involucri climatizzati, scatole vuote. I social come palcoscenico della dissoluzione. E l’intelligenza artificiale deve ancora arrivare.
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