MATTATOIO MONTECITORIO: PARTITI COME TRIBÙ PER REGOLARE I CONTI

Filippo Ceccarelli per "la Repubblica"

Mattatoio Montecitorio. Alla seconda votazione le schede bianche e la stanchezza cancellano le tracce ematiche dell'esecuzione del mattino, spariscono le frattaglie di staff e consiglieri, i residui ossei del Pd, i lacerti degli altri candidati immolati sull'altare di una politica fatta a brandelli con pertiche uncinate e appesa ai ganci del Palazzo. Dispiace qui indulgere a un'immagine pulp.

Ma la giornata, quel che si è visto alla Camera e dintorni, non butta sull'elegiaco, né sull'opera buffa, tantomeno concede di sperare nel professionismo, nella prudenza, nella misericordia o nel senso di responsabilità. E se Montecitorio, già Curia Innocenziana, tribunale dello Stato Pontificio e sede delle estrazioni del Lotto, luogo intermittente e variabile quant'altri mai, è stato negli anni paragonato a una basilica, a un teatro, a un museo, a una casa da gioco, a un mercato o suk, beh, ieri si è rivelato un macello, nel doppio senso di rovinoso caos, ma anche di edificio preposto all'abbattimento per ricavare carne e pellami.

Il sole e l'aria della primavera romana rendevano tutto più crudele. La piazza deserta della Città Proibita, le belle donne fasciate da abiti estivi nel Transatlantico, i deputati grillini con le loro borse a tracolla, i gazebi nel cortile, i rampicanti in fiore, la chioma leonina dell'onorevole Verdini, che neanche a farlo apposta proviene dal ramo della macellazione - e anche per questo forse ispira ed esercita una particolarissima forma d'autorità.
Il povero Marini non meritava certo il trattamento infertogli prima esponendolo sul bancone alla scelta di Berlusconi e poi alla ferocia dei suoi stessi compagni: è vecchio, è stato bocciato a casa sua, non conosce le lingue, ha salvato Previti, non ci sente bene.

Dopo anni e anni di battute, spiritosaggini, melliflui ammiccamenti e allegre buffonate da talk-show la lotta per il potere si riscopre di colpo muta, sorda e selvaggia. Molto più di quando era regolata dalle passioni ideali, o dai codici non scritti della convivenza dentro i partiti.

Via Marini, via Finocchiaro, via Amato. I veri protagonisti sono tutti o quasi fuori dal Palazzo: Prodi, D'Alema, Grillo, Renzi. Dentro, si dilata la mappa dei rancori. Tutti contro tutti. Le stesse ridicole denominazioni di origine giornalistica - le Amazzoni, i Giovani Turchi - rimandano a un orizzonte bellico o mitologico, comunque privo di cautela e pietà. Renzi attacca da un programma televisivo che ha il sintomatico nome di "invasioni barbariche". I franchi tiratori non lo sono più, procedono a volto scoperto, un po' carnefici e un po' facchini.

Sembra davvero che non ci siano più partiti, ma tribù. I sociologi da tempo studiano il fenomeno, è un passaggio complesso, contraddittorio, ma i clan hanno logiche tutte loro, e rituali a loro modo anche un po' cannibaleschi e regolamenti di conti che prevedono sacrifici e altre poco graziose operatività al tempo stesso arcaiche ed evolute.

Mattatoio 2.0. Sui telefonini arriva un video con uno che fuori Montecitorio dà fuoco alla tessera del Pd. Su Bersani, le sue improvvide scelte e arronzate, le sue incaute effusioni con Alfano, s'abbattono colpi tanto più forti quanto più rinviati per mesi, forse per anni, quindi inflitti con maggior vigore.

Alla buvette con straziante sarcasmo c'è chi ti spiega che Marini gli serviva per «far fuori» Amato, il suo vero nemico, l'uomo del governissimo e delle più arcane consorterie; nella scintillante tabaccheria ti fanno venire il dubbio che il sanguinoso siluramento di ieri sia l'esito di un complicato processo psicologico attraverso cui il segretario del Pd si è finalmente liberato del suo tirannico capo, cioè di D'Alema.

L'altra sera Bersani, quest'uomo anche simpatico e perfino amabile che fino a qualche mese fa duettava con Crozza, è dovuto uscire da una porta secondaria del Capranica. I giornalisti anziani cercano precedenti: la rivolta anti-fanfaniana cosiddetta «degli autisti» al Consiglio nazionale Dc del luglio 1975; il Comitato centrale della svolta di Occhetto, novembre 1989. Ma invano, perché nulla di quanto accade assomiglia al passato, a parte le zaffate pestilenziali di sigaro toscano e l'emozione delle matricole - i «novizi » li chiamava Andreotti - alla loro prima elezione presidenziale.

«Sventrate intere famiglie/ oggi/ giovedì di intensa macellazione». E di nuovo si vorrebbe poter richiamare qualche saggio di politologia o magari una commedia o un romanzo di fantapolitica, mentre invece ci si sorprende davanti ai versi straordinari, ma terribili di un poeta, Ivano Ferrari, che ha lavorato effettivamente in un mattatoio, a Mantova, e li ha raccolti in un libro dal titolo, appunto: «Macello» (Einaudi, 2004).

E quanto è accaduto ieri un po' rischia oggi di rispecchiarvisi: «Eppure la santità del sacrificio/ avvolge ogni spazio del carnaio/ muscoli domati, nervi di scarto/ certamente troppo per un dio/ con la puzza al naso». Nei corridoi sotto la luce artificiale e al suono ansiogeno del cicalino che segnala la chiama in aula, drappelli di onorevoli passeggiano pallidi e intossicati di potere, il cellulare all'orecchio, inseguiti da sms e rincretiniti dai twitter. Alla seconda votazione della Terza Repubblica lo spettacolo del Palazzo non è più avvincente, ma fa già un po' paura.

 

 

CHIAMATA A MONTECITORIO FRANCO MARINI ESCE DI CASA ANNA FINOCCHIARO E IL MARITO MELCHIORRE FIDELBOGIULIANO AMATO ROMANO PRODI FOTO LAPRESSE MASSIMO DALEMA GRILLO RENZI E BERSANI PDBERSANI RENZI

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, SERGIONE AVEVA INFATTI SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSAGGI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA COLLABORATORI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....