MESTO SAN GIOVANNI - INSIEME A PENATI TREMA ANCHE LA “STALINGRADO” ITALIANA - IL PD, CHE TRAMITE IL SINDACO USCENTE GIORGIO OLDRINI (ANCHE LUI INDAGATO) CANDIDA MONICA CHITTÒ, SI INDEBOLISCE SEMPRE DI PIÙ, VITTIMA DELLE LOTTE INTESTINE CHE VEDONO PROTAGONISTA PROPRIO PENATI (MA IL PDL NON NE APPROFITTA) - AL MOMENTO IL CENTROSINISTRA È TRA IL 51% E IL 54% - FINORA NON SI È MAI ARRIVATI AL BALLOTTAGGIO…

Giuseppe Salvaggiulo per "la Stampa"

Dopo tutto, Sesto San Giovanni medaglia d'oro nella Resistenza, un tempo quinto polo industriale nazionale e Stalingrado d'Italia, solo sindaci comunisti nel dopoguerra resta un posto speciale. Dove se nel comitato elettorale del centrosinistra chiedi dell'inchiesta giudiziaria che ha travolto il «sistema Sesto», due anziani militanti (uno partigiano, l'altro operaio) socchiudono gli occhi, prendono fiato e rispondono: «Come diceva Togliatti, anche nel crine del miglior cavallo di razza si nasconde un pidocchio».

Dieci mesi fa, lo tsunami giudiziario travolgeva la classe dirigente di sinistra che ha comandato nella seconda repubblica, gestendo business miliardari sulle aree dismesse e secondo la Procura di Monza instaurando un sistema di potere blindato a cui gli imprenditori erano costretti a sottomettersi.

Protagonista Filippo Penati, funzionario di partito di estrazione Legacoop, sindaco negli anni ‘90 poi presidente della Provincia di Milano e braccio destro di Pierluigi Bersani nel Pd. Si è autosospeso dopo la richiesta di arresto rigettata dal gip, ma resta consigliere regionale e negli ultimi tempi è tornato a farsi vedere a Sesto, anche politicamente. Il suo gruppo si è battuto per stoppare la candidatura di Monica Chittò, sostenuta da Giorgio Oldrini, successore di Penati come sindaco, anch'egli indagato sia pure per vicende minori.

Penati e Oldrini si detestano cordialmente e non potrebbero essere più diversi. Il mite Oldrini, il cui padre sopravvissuto al campo di concentramento fu primo sindaco dopo la Liberazione, viene definito dalla candidata del Pdl Franca Landucci «la reincarnazione di Peppone» e non solo per i baffi d'altri tempi. Per otto anni corrispondente in Sudamerica dell'Unità («quando vendeva un milione di copie la domenica»), nel 2002 scriveva di cultura per Panorama quando un vecchio compagno del padre gli telefonò: «Se non ti candidi, rischiamo di avere La Russa vicesindaco». Una chiamata alle armi.

Oldrini aveva appena conosciuto la Chittò, che faceva l'editor a Longanesi lavorando all'ultimo libro di Tiziano Terzani. Oldrini le chiese di scrivere il programma sulla cultura, poi di candidarsi consigliere, infine di fare l'assessore. Ora, la lancia come sindaco. Faccia pulita e fuori dalla nomenclatura di partito, ma nella continuità amministrativa.

Chi si aspettava una corrida elettorale con tintinnio di manette, resta deluso. In libreria va esaurito il volume «La caduta di Stalingrado» di Luca Martinelli (Castelvecchi) che radiografa le vicende urbanistiche e giudiziarie sull'area dismessa Falk - 1,4 chilometri quadrati, case per 20 mila nuovi abitanti, 4 miliardi di euro - con incroci pericolosi tra politica, imprese e banche su cui ha aperto gli occhi la Procura.

Ma nelle piazze e nei dibattiti pubblici, atmosfera moscia. Una benedizione per il Pd, che cerca di «rimarginare le ferite», dice pudicamente la Chittò. Profilo basso, partito nelle retrovie. Primo comizio con Giuliano Pisapia, ultimo con Piero Fassino. «Due sindaci: di Milano, a cui siamo legati, e di Torino, che per noi è un modello urbanistico. Leader di partito? No, grazie». Bersani non s'è visto, D'Alema nemmeno e nessuno se ne duole.

Dovrebbe essere il centrodestra ad accendere le polveri. Invece no. Imballati e divisi, giocano di rimessa. La battagliera candidata Pdl Landucci per farsi dare dal partito 10 mila euro per i manifesti ha dovuto minacciare di andare in Procura «perché sono soldi delle nostre tessere». Rivendica «di aver denunciato la cricca di Sesto per prima», ma ammette che finora il centrodestra «aveva presentato candidati a perdere, organici al sistema». A partire dal costruttore Giuseppe Pasini: prima sodale di Penati, ora grande accusatore. Perfino i grillini sono morbidi. E allora l'unico guastatore viene da sinistra: Orazio La Corte, verde messo alla porta da Oldrini nel 2009 proprio perché ostile ai piani urbanistici.

I sondaggi danno il centrosinistra tra il 51% e il 54%. Qui non si è mai visto un ballottaggio, sarebbe un evento. Negli ultimi mesi, la Procura ha lavorato sottotraccia sul ruolo delle coop rosse, si attendono sviluppi. La prossima giunta dovrà anche occuparsi dell'area Vulcano, di proprietà Caltagirone. «Mia madre non voleva che mi candidassi», racconta la Chittò. E lei come l'ha rassicurata? «Non l'ho rassicurata».

«Noi ci abbiamo sempre messo la faccia», spiega Oldrini. Che chiude il secondo mandato approvando definitivamente il piano di riconversione ex Falck, con una prudente retromarcia su un ulteriore aumento di volumi. E spera che nelle prossime ore il governatore Roberto Formigoni decida di localizzare su quell'area la «città della salute»: due poli d'eccellenza con diecimila persone tra lavoratori e pazienti. Il migliore spot per l'ammaccato modello Sesto. Firmato centrodestra.

 

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