UNA NUOVA HILLARY SI PREPARA ALLE PRESIDENZIALI 2016 - ADDIO PUNITIVI TAILLEUR DA LESBO-PROF, CAPELLI SCIOLTI DOPO DECENNI DI TAGLI SPORTIVI E MASCHIETTI, HILLARY CLINTON NON E’ PIU’ LA “BITCH IN CHIEF”, LA BISBETICA IN CAPO TUTTA CASA (BIANCA) E LAVORO - COME UNA QUALSIASI CASALINGA HA RISCOPERTO IL GUSTO DI UN BUON BICCHIERINO (ANCHE DUE O TRE) E DI PARLARE MALISSIMO DI PUTIN MENTRE IL MARITO BILL SE LA SPASSA A NEW YORK…
Vittorio Zucconi per Repubblica
La sua famosa risata, che sembrava spenta, ha ritrovato la musicalità da ragazza, sonora e cristallina: a 64 anni, a pochi mesi dall'addio al governo, una nuova Hillary Clinton è nata e sembra fare quello che non faceva più da quando era all'università , divertirsi.
La secchiona a molti odiosa, la «Bitch in Chief», la bisbetica in capo, come l'avevano sgarbatamente ribattezzata i funzionari del Dipartimento di Stato, e prima di loro alla Casa Bianca, quando Obama la costrinse ad assumere la guida della politica estera americana, si è dissolta per ricomparire come nessuno se l'aspettava. E se in una donna, pur carica di intelligenza, di preparazione, di titoli e di esperienze non sempre piacevoli, l'immagine di sé che essa proietta è ancora più importante che per un uomo, l'immagine di Hillary Clinton è radicalmente cambiata.
Si è sciolta i capelli oggi lunghi dopo decenni di tagli sportivi e maschietti, ha abbandonato la sua collezione di deprimenti tailleur pantalone da preside per un guardaroba decisamente più soft e femminile. Si unisce ai suoi «boys and girls», ai ragazzi e alle ragazze delle delegazioni ufficiali per uno, o due, Bellini allo Harry's Bar di Roma o per una conga al Cafè Havana di Cartagena, in Colombia, per buttare giù qualche birretta ghiacciata, indifferente allo scandalo e all'indignazione per le avventure con prostitute locali del Servizio Segreto.
Come se lei, maritata Clinton, veterana della battute di caccia alle stagiste sotto il tetto e sotto le scrivanie della propria casa, sopravvissuta a legioni di Monica, Paula e le altre, potesse scomporsi se qualche poliziotto va a puttane in Colombia.
Da «Bisbetica in Chief», i funzionari, che oggi la adorano dopo gli anni di Bush nei quali erano stati trattati come impiegati dell'ufficio corrispondenza, hanno dovuto ripensare i soprannomi, inventare il nuovo «Sillary», da «silly», pazzerella, a «Swillary», da «swill», buttare giù boccali di birra e cocktail.
Persino i dispeptici senatori repubblicani in Congresso, sempre pronti a fustigare le scostumatezza altrui, sono stato costretti ad ammettere, come Lindsey Graham, che «è un eccellente Segretario di Stato, che sta rappresentano benissimo l'America e i suoi interessi nel mondo». Ora che ha smesso di fingersi più giovane di quello che è, che ha abbandonato il trucco che cominciava a sfiorare pericolosamente la pesantezza della ex soubrette al tramonto, per tornare quella che era a Yale, i capelli sciolti, un poco di rossetto, qualche colpetto di rimmel agli occhi, nessun intonaco su rughe e pieghe e zampe di gallina, è più bella.
Non fingersi più giovane, l'ha fatta tornare giovane. E, dicono, molto meno permalosa. Quando ha intercettato una serie di messaggini che i suoi si scambiavano
prendendola in giro, anzichè spedire i reprobi in consolati in Mongolia, è intervenuta di persona: «Ha ha. Very funny. Adesso tornare a lavorare». Gli sms si sono prontamente interrotti.
Se la metamorfosi di Hillary sia un effetto della sua nuova personalità politica, o se l'avere raggiunto la pienezza della propria autorità come Segretario di Stato l'abbia ispirata nella trasformazione di immagine, è questione da uovo e da gallina. Ma il punto sicuro è il che il Capo della diplomazia americana ha trovato, negli ultimi mesi, e nel gorgo delle crisi che ruotano attorno all'America - «la nazione che non può risolvere tutti i problemi del mondo, ma senza la quale non si risolve nessun problema» ha detto - un passo che non aveva mai avuto.
La timidezza, la reticenza che aveva accompagnato la sua ascesa al settimo piano di Foggy Bottom,il palazzo dello State Department, l'allergia a un incarico ministeriale e amministrativo che lei non aveva mai ricoperto e l'aveva spinta a dozzine di telefonata a Obama per fare il «gran rifiuto » hanno lasciato il posto a una voce forte. Ieri è andata a Kabul per una visita a sorpresa, comunicando personalmente al presidente Karzai che l'Afghanstan è diventato il 15° Paese ad acquisire lo «status di maggiore alleato non Nato».
Sulla Russia e su Putin, che lei personalmente detesta come donna e come Segretario di Stato considerandolo un «bullo machista » (off off off the record) non esita a far sapere che considera la sua elezione una truffa e l'appoggio ad Assad che cannoneggia gli oppositori come una vergogna da combattere in ogni sede. E Soprattutto all'Onu, spalleggiata da un'altra donna e amica, Susan Rice che viene indicata come possibile sua erede a Foggy Bottom, se Obama fosse rieletto.
Ha saputo incrociare la spada con i cinesi, che lei ammira, corteggia, ma non adora e dei quali diffida, per il desolante trattamento delle minoranza, dei diritti civili e della donne, non sempre uscendo bene.
Ma sempre camminando leggera, sorridente, seria, secchiona, sicura sopra i cocci della diplomazia, sopra le crepe delle crisi. Visitando una clinica di ostetricia e ginecologia in Uzbekistan si è commossa, ricordando un suo viaggio 16 anni or sono, quando era una miseranda baracca frequentata quasi clandestinamente. Quel giorno, in un tour in chiave «diritti umani» e «diritti delle donne» pronunciò 26 discorsi, perchè la capacità di lavoro di questa donna resta mostruosa.
La sua è stata una metamorfosi in meglio, forse aiutata dalla ormai quasi totale lontananza dal marito, lei sempre a Washington nella sua casa in un cul de sac accanto all'ambasciata italiana, o in giro per mondo, lui a New York, a fremere guardando il Partito Democratico, il suo, che zoppica verso le elezioni. La certezza di non tornare alla guida del Dipartimento, che lei ha garantito, la solleva dal pensiero e dall'incubo di altri quattro anni in quel tritacarne burocratico e lavorativo.
Neppure la periodica e fantasiosa voce che la vorrebbe compagna di viaggi per Obama alle prossime elezioni la sfiora: «Sono un po' sciocchina - ha detto dopo qualche Mojito al Cafè Havana - ma non pazza». Semmai, è la Casa Bianca del 2016, quando comunque Obama sarà fuori gioco o ci sarà Romney nello Studio Ovale a tentarla. Per allora avrà sessantotto anni, dunque sarà molto più giovane di adesso, la Hillary che ha imparato a rovesciare il tempo.
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