METODO GOFFO - GLI “ALFANO’S” FANNO LE VITTIME E ATTACCANO SALLUSTIONI (NON TOLLERANO L’INSULTO DEGLI INSULTI, IL PARAGONE CON FINI)

1-LE COLOMBE ATTACCANO "IL GIORNALE" - NO AL METODO BOFFO CONTRO DI NOI
Liana Milella per "La Repubblica"

Adesso la "macchina del fango" non è più una definizione di sinistra. È di Alfano in persona la paura della "macchina del fango". Sì, proprio lui, l'ormai ex ministro dell'Interno, legge l'editoriale di Sallusti sul Giornale e salta sulla sedia. Il riferimento a «quel genio di Gianfranco Fini» gli apre un solo scenario possibile. Alfano ci vede l'inizio di una pesante campagna di stampa.

Come quella che colpì l'ex presidente della Camera, e prima di lui un altro ex, l'allora direttore dell'Avvenire Dino Boffo, e ancora il giudice Mesiano, e poi il giudice Galli, per finire con un'altra toga, Antonio Esposito, l'origine di tutti i mali di Berlusconi, il magistrato che l'ha condannato per Mediaset e che rischia di far perdere a Silvio lo scranno di palazzo Madama.

Alfano vede, come in un film, passargli davanti le immagini delle vittime della "macchina del fango". Boffo, un direttore costretto alle dimissioni, tuttora provato emotivamente da quella vicenda al punto da non volerne neppure parlare. Fini, sappiamo com'è andata a finire. Neanche lui vuole parlarne. I giudici, forse i più "resistenti" perché temprati negli anni dalle accuse di Berlusconi. Certo l'Alfano di ieri non aveva mai definito quelle campagne delle "macchine del fango".

Le chiamò così Giuseppe D'Avanzo su Repubblica quando scrisse del caso Boffo. Adesso che l'Alfano di oggi si è imprudentemente definito «diversamente berlusconiano» e si ritrova attaccato dal Giornale, può condividere quella geniale definizione. Gli altri protagonisti della rivolta contro i falchi, Quagliariello, Lupi, Lorenzin, De Girolamo, non hanno dubbi. È macchina del fango.

L'idea è chiara, associa inevitabilmente Alessandro Sallusti - che reagisce con un «sono allibito, neppure io ho paura» - alla compagna di Sallusti medesimo, il super falco Daniela Santanchè. Dunque una campagna «non giornalistica» dicono le "vittime", ma un'aggressione politica, in cui si spende appositamente il nome di Fini, l'uomo e il politico che, non a caso, proprio Santanchè detesta per i passati trascorsi dentro An. Si fa presto ad arrivare alle conclusioni, Alfano è «un traditore» come Fini, va «silenziato» con il gruppetto che gli sta intorno, se non capisce c'è la "macchina del fango".

Lei, Santanchè, si sdegna. «Questa storia non la voglio neppure percepire». Sta per chiudere il telefono. «Questo è un argomento che non c'è. Sarebbe come dire che nevica rosso. Basta conoscere Alessandro, lui fa il suo lavoro, io il mio, niente interferenze ». Sallusti non risponde neppure al cellulare, affida la sua reazione alle poche parole della mattina, «ho già pagato con la detenzione squallide minacce alla libertà d'espressione». Stop. Eppure, nel gruppo dei ministri alfaniani c'è chi ricorda come proprio all'epoca del caso Boffo il partito fu attraversato dal rifiuto di quella campagna che aggredì l'ex direttore sul piano più strettamente intimo.

Pure Alfonso Signorini, il direttore del settimanale Chi, ricorda oggi che definì allora «irresponsabile » la campagna contro Boffo perché «la sfera privata, i discorsi sulla sessualità e sulla religione, sono strettamente tutelati dalla privacy». Sul banco degli accusati per aver pubblicato un servizio sullo shopping natalizio del pm Ilda Boccassini, vissuto anch'esso come una "macchina del fango" contro il magistrato protagonista del caso Ruby, Signorini pronuncia subito un secco "alt".

«Una cosa è il caso Boffo, ben altro un servizio, come ne pubblichiamo tanti, su un personaggio famoso di cui abbiamo commentato delle foto. Quanto ad Alfano, gli fa onore che prenda le distanze adesso da una storia da cui io le ho prese non appena è accaduta. Ma il buon senso non ha né tempo, né colore». E il riferimento a Fini? Qui Signorini sta con Sallusti: «Quella fu una "signora inchiesta", non c'era accanimento, l'avrei fatta pure io». Mentre su Boffo «la pressione psicologica fu devastante».

Una risata scappa invece a Maurizio Belpietro, il direttore di Libero. «Sì, mi fa ridere questa storia della "macchina del fango", basta che uno fa una critica e subito scatta una definizione che non condivido affatto. È una stupidaggine, e comunque Alfano se ne sarebbe potuto accorgere anche prima. Quella di Sallusti è solo un'opinione politica, anche se scritta con passione. Sai che ti dico? Qui c'è una sola questione, Alfano e gli altri non sopportano il paragone con Fini, perché quella è una ferita tuttora aperta nel centrodestra». Boffo, Fini, Mesiano, Boccassini, Galli, Esposito... I nomi degli obiettivi del Giornale vengono citati da uno dei cinque ministri che dice: «No, con noi non faranno lo stesso».


2-FELTRI: "NESSUNA MINACCIA AI MINISTRI, SONO TROPPO NERVOSI"
Rodolfo Sala per "La Repubblica"

«Metodo Boffo, ma contro di noi non funziona», dicono i ministri del Pdl. Ce l'hanno con voi del Giornale, che cosa replica Vittorio Feltri?
«Quando i politici si riducono a litigare coi giornali, vuol dire che ormai hanno raschiato il fondo del barile. Ma posso capire... ».

Che cosa?
«Nel Pdl, o Forza Italia o come cavolo si chiama adesso, c'è un grande nervosismo, e mi sembra perfino normale che alle critiche si reagisca in maniera esagerata. Però non ho capito a che cosa si riferiscono Alfano e gli altri ministri: il fondo di Sallusti è lì da leggere, non mi sembra contenga minacce nei loro confronti».

Dunque nessun metodo Boffo?
«Com'è ovvio, tutti gli articoli possono essere apprezzati o criticati. Anche quello di Sallusti. Ma lasciare immaginare che dietro ci sia chissà che cosa è davvero grottesco».

Però volano gli stracci tra le colombe del Pdl e il Giornale.
Alfano ricorda a Sallusti che lui era al Corriere quando nel 1994 il quotidiano di via Solferino sparò la notizia dell'avviso di garanzia a Berlusconi...
«Ma che cosa vuol dire? Chissenefrega. Io ho cambiato una dozzina di giornali, e saranno fatti miei. Capita la stessa cosa quando accusano qualcuno di essere stato comunista da giovane... Mi sembrano un po' tutti matti. Ma qualche attenuante questi qui ce l'hanno».

E cioè?
«Stanno in un partito il cui leader verrà sottoposto a misure restrittive dopo la condanna, un partito di per sé molto anomalo...Non sanno bene che cosa fare».


Gliel'ha detto Berlusconi, li ha fatti dimettere.
«Io non sono così convinto che alla fine tutti i parlamentari daranno le dimissioni ».

Disobbediranno al capo?
«Quando uno ha un seggio in Parlamento, ci pensa bene prima di lasciare. E questo riguarda tutti, anche il movimento Cinquestelle. Difficile mollare, quando non sai se sarai ripresentato».

Addirittura?
«Una situazione così io non l'ho mai vista, è difficile farmi un'idea precisa di quel che accadrà. Sì, sono esterrefatto. Anche se non più di tanto».

In che senso?
«In questo casino è normale che qualcuno vada fuori di matto».

Sallusti che cosa dice?
«L'ho incontrato prima in corridoio, non mi sembra per nulla turbato. Per tanti anni io ho fatto il direttore, me ne sono successe tante, ma non mi sono mai preoccupato».

Dunque dovrebbe stare tranquillo, dopo gli attacchi di Alfano e soci?
«Un giornalista ha un contratto di lavoro, se lo cacciano pazienza, ti tieni il contratto e ti cerchi un altro posto, se ci riesci».

 

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