SETTEMBRE, ANDIAMO. E' TEMPO DI DESALVINIZZARE LA LEGA – GIORGETTI, L’EMINENZA GRIGIA DI ZAIA, SI È MESSO SULLA RIVA DEL FIUME AD ASPETTARE CHE IL CADAVERE DEL CAPITONE PASSI E PROSPETTA UN TRACOLLO SOCIALE: “L'AUTUNNO SARÀ DRAMMATICO. POTRÀ SALVARCI SOLO UNA SCELTA BIPARTISAN” – POI TORNA A FAR FISCHIARE LE ORECCHIE A DRAGHI: “PENSO NON CI SIA ALTRA VIA PER EVITARE CHE SALTI TUTTO” (LO VEDETE L'EX PRESIDENTE DELLA BCE CHE SI METTE A DISCUTERE CON QUELLE NULLITA' DI ZINGA, DI MAIO E RENZI?) – A SALVINI CHE CHIEDE IN PIAZZA IL VOTO, GIORGETTI LO PERCULA: “VORRÒ VEDERE CHI NEI PROSSIMI ANNI AVRÀ VOGLIA DI GOVERNARE SULLE MACERIE…”
Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"
Dice di sé: «Mi sono messo in tribuna». Ma la decisione di Giancarlo Giorgetti non è conflittuale con Matteo Salvini. Nel senso che l'ex sottosegretario alla Presidenza i conflitti li previene eclissandosi.
Perciò se il leader della Lega si è messo in testa di far cadere Conte con una spallata in Senato, Giorgetti certo non lo ostacola anche se non ci crede: perché ogni qualvolta un grillino arriva nelle file dell'opposizione, stranamente c'è un forzista che passa nelle file della maggioranza.
E comunque i giallo-rossi non gridino allo scandalo: le colpe per la condizione di degrado in cui versa la politica non stanno mai da una sola parte.
Quando Salvini pronunciò in Parlamento il nome di Mario Draghi, i partiti di maggioranza lo irrisero. Ora che non sanno cosa fare e riconoscono che il governo così non può durare, non possono accusare il suo segretario di voler cavalcare il disastro. Il fatto è che Giorgetti non vede approssimarsi la rivincita di una fazione sull'altra.
Pronostica piuttosto un tracollo collettivo: «I fondamentali dell'economia sconsiglierebbero oggi la propaganda. L'autunno sarà drammatico e sarebbe già un successo se l'Italia riuscisse a salvare la pelle».
Con autorevoli esponenti del Pd condivide due preoccupazioni: la tenuta del tessuto produttivo e il rischio che il Paese reale si stacchi dalle istituzioni, con quali conseguenze è immaginabile. Per evitare questa deriva servirebbero «senso di responsabilità» e «collaborazione bipartisan», ed è convinto - al pari dei suoi interlocutori - che quando la situazione si aggraverà, sarà tutto più chiaro e «la soluzione» per certi versi più semplice.
Nei conversari riservati nessuno chiede più al dirigente leghista quale sia «la soluzione», siccome tutti la conoscono: un gabinetto guidato dall'ex presidente della Bce. «Non è per impuntatura o per chissà quale disegno», ripete sempre: «Io penso non ci sia altra via per evitare che salti tutto».
Pertanto tempo al tempo, e quando sarà il tempo Giorgetti immagina che un contributo alla «soluzione» arriverà anche dalle massime istituzioni, per rispettare gli impegni che l'Italia ha assunto con l'Europa e con altri partner. D'altronde non aveva bisogno dell'incarico di responsabile Esteri della Lega per coltivare rapporti con tedeschi e americani.
giuseppe conte riccardo fraccaro giancarlo giorgetti
Dalla «tribuna» intanto osserva il campo: certi schemi di gioco si notano meglio dall'alto. Ma ritiene che i movimenti di chi pensa al dopo - al dopo Conte, al dopo Berlusconi, allo spacchettamento di partiti che dovrebbero lasciar spazio a forze nuove - siano inficiati dall'incapacità di percepire quanto sta per accadere. Ecco perché ha deciso di non sedersi nemmeno in panchina.
Tempo addietro un gruppo di senatori grillini si era rivolto a lui, l'aveva scelto come punto di riferimento, ed era pronto ad abbandonare il Movimento per seguirlo.
giancarlo giorgetti e giovanni toti alla berghem fest
Poi però hanno perso le sue tracce. Giorgetti è fatto così: non cerca. Può succedere ad esempio che per giorni non si senta nemmeno con Salvini, se Salvini non lo chiama.
Poi magari il «capitano» gli dà appuntamento al ristorante, dove si fa trovare in compagnia di Verdini, non si sa se nelle vesti di suocero o di spin-doctor. E allora, dopo una fugace conversazione, l'ex sottosegretario alla Presidenza saluta e va. D'altronde ciò che doveva dire l'ha già detto: al partito, agli alleati e anche agli avversari, che gli ridevano alle spalle.
DENIS VERDINI MATTEO SALVINI GIANCARLO GIORGETTI
Adesso è lui a ridere amaramente, immaginandoli snervati ed esausti mentre Conte è immerso nella lettura delle carte e li lascia appesi ad attendere decisioni che non arrivano. È una situazione che ha vissuto fino all'agosto di un anno fa, e che avrebbe voluto interrompere prima. Ma il passato non conta. È in autunno che si verificherà se la politica avrà un sussulto, e se qualcuno - magari il premier - pensa alla scorciatoia elettorale all'inizio del prossimo anno, significa che non si rende conto di quanto sta accadendo dentro e soprattutto fuori dal Parlamento.
Per Giorgetti le urne non sono una soluzione, se prima non si affrontano i problemi economici, e se i partiti nel frattempo non riscrivono le regole e non varano finalmente una legge elettorale condivisa, «smettendola di inventarsi sistemi che servono ad avvelenare i pozzi per chi viene dopo». In caso contrario, «vorrò vedere chi nei prossimi anni avrà voglia di governare sulle macerie».
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