“MI TRASFERIRÒ IN ITALIA PERCHÉ LÌ ESISTE IL GARANTISMO” – EVA KAILI, L’EX VICEPRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO FINITA INVISCHIATA NELLO SCANDALO QATARGATE, È ANCORA IN ATTESA DI CAPIRE COSA LE SUCCEDERÀ: DOPO UN ANNO E MEZZO LE INDAGINI SONO ANCORA AL PUNTO DI PARTENZA, SENZA ACCUSE DEFINITE, E LEI DI FATTO NON PUÒ CANDIDARSI, PERCHÉ I GIUDICI BELGI LE VIETANO DI PARLARE DEL CASO – LA SEPARAZIONE CON LA FORZA DALLA BAMBINA E L’ACCUSA AI VERTICI DELL’UE: “STO FACENDO CAUSA AL PARLAMENTO EUROPEO CHE HA VIOLATO IL MIO DIRITTO DI ESSERE ASCOLTATA E DIFENDERMI COME HO RICHIESTO UN ANNO FA”
Estratto dell’articolo di Giuseppe Guastella per www.corriere.it
Come un macigno, il Qatargate ha bloccato la carriera politica degli europarlamentari coinvolti. Nessuno si presenterà alle prossime elezioni di giugno. Non che Eva Kaili, Andrea Cozzolino, Marc Tarabella e Maria Arena non possano, perché tecnicamente nulla lo impedirebbe, ma le indagini che sono sempre al punto di partenza senza un’accusa definita, non consentono loro di difendersi e di esporre le proprie ragioni agli elettori per togliere, dopo un anno e mezzo, il velo di sospetto che sta ancora lì.
E con un provvedimento assurdo che in Italia sarebbe incostituzionale, il giudice istruttore ha vietato a Kaili, parlamentare in carica arrestata per una fantasiosa flagranza di reato, di poter parlare dell’inchiesta pubblicamente. A margine dei lavori a Strasburgo racconta al Corriere i mesi passati. E i piani per un futuro tutto da scrivere.
[…] il Parlamento non ha certo dimostrato coraggio nel difendervi, non dalle accuse, ma da una procedura che lascia perplessi in quanto a rispetto delle prerogative degli eletti.
«Trovo oltraggiosa l’omertà di tutto il Parlamento europeo su una restrizione così incostituzionale del mio diritto di difendermi e di parlare di tutto ciò che è stato fatto trapelare ad arte ed è stato architettato contro di me.
Sperando in un vantaggio politico, la presidente Roberta Metsola e il mio partito S&D invece di difendere le istituzioni hanno cercato, prima delle elezioni, di nascondere la loro incapacità di rispettare i principi dell’Unione e di salvaguardare le libertà e le prerogative dei deputati.
È stato creato un precedente pericoloso che consente alla magistratura di interferire nella politica minando irreparabilmente l’integrità dell’istituzione europea. E di recente, il governo belga, ritenendosi guardiano non si sa di cosa, si è sentito in diritto di interrompere a Bruxelles un evento organizzato dai conservatori e riformisti europei».
Non ci sono le condizioni per una sua candidatura?
«Io speravo che i cittadini dell’Ue potessero vedere la verità prima di votare a giugno, ma il divieto di parlare di questo caso mi rende impossibile anche solo essere candidata».
Cosa farà?
«Mi concentrerò sulla politica tecnologica, e se le cose andranno come prevedo, vedo il mio futuro nell’impegno a favore delle donne e dei bambini vittime dei fallimenti del sistema».
Alla fine del mandato resterà in Belgio o tornerà in Grecia?
«Probabilmente mi trasferirò in Italia».
Perché il suo compagno è italiano?
«Perché è un Paese che considero casa per diversi motivi e perché in Italia esiste una bella parola come “garantismo” che dovrebbe essere tradotta in tutta Europa. In Italia ci sono alcuni partiti che si oppongono ai processi a sfondo politico e chiedono il rispetto della presunzione di innocenza indipendente dal partito della persona accusata».
Dall’Italia si sono anche levate alcune voci che hanno criticato le indagini.
«Sarò sempre grata all’onorevole Deborah Bergamini di Forza Italia, l’unico politico di un partito diverso dal mio che ha messo in discussione questi metodi ed è venuta a trovarmi nei miei tempi più bui, e a Riccardo Nouri, di Amnesty International Italia, che ha osato paragonare il Belgio alla Bielorussia per i metodi usati contro mia figlia. Sono riuscita finalmente a incontrarla il giorno dopo la pubblicazione del loro articolo».
La strada giudiziaria è ancora lunga, però. E lei ha fatto più ricorsi.
«A varie Corti superiori. In Belgio sulle violazioni contro i diritti dei parlamentari e, sul mio arresto ingiustificato e sulla parzialità del giudice istruttore. Un altro appello riguarda il divieto di parlare alla stampa, che è una libertà fondamentale, e poi sto facendo causa al Parlamento europeo che ha violato il mio diritto di essere ascoltata e difendermi come ho richiesto un anno fa.
Ho anche avviato una procedura alle Nazioni Unite per la violazione della convenzione sui diritti dei bambini poiché le autorità belghe mi hanno separato con la forza da mio figlia di due anni. […]”».
KAILI MINOGUE - BY CARLI eva kaili lascia il carcere di bruxellesEVA KAILI EVA KAILI CON IL VELO EVA KAILI EVA KAILI