giovanni tria

IL MINISTRO TRIA E’ TENTATO DALLE DIMISSIONI! POTREBBE LASCIARE A FINE DICEMBRE - LE VOCI DI PALAZZO LO DESCRIVONO STANCO SUL PIANO FISICO E MENTALE MA SOPRATTUTTO “STUFO” DI SUBIRE DAL GOVERNO QUELLI CHE CONSIDERA COLPI ALLA SUA CREDIBILITÀ… - NON HA MANDATO GIU’ ESSERE STATO SCAVALCATO DA SALVINI E DI MAIO CHE HANNO RIPOSTO IN CONTE LA LORO FIDUCIA PER LA TRATTATIVA CON LA COMMISSIONE SUI CONTI PUBBLICI - LE TENSIONI CON CONTE, LE POSSIBILI MODIFICHE A REDDITO E QUOTA 100. LO SCENARIO

GIOVANNI TRIA VALDIS DOMBROVSKIS

Federico Fubini per il “Corriere della Sera”

 

Non lo aveva neanche preso in considerazione a metà settembre quando Rocco Casalino, portavoce di Palazzo Chigi, aveva orchestrato un' aggressione senza precedenti ai suoi uomini. Non ci aveva pensato più di qualche ora a fine settembre, quando i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini ignorarono la sua proposta sul bilancio.

 

Ora però Giovanni Tria, ministro «tecnico» dell'Economia in un governo politico, è tentato dalle dimissioni più che in qualunque altro momento da quando venne chiamato a sorpresa nel governo sei mesi fa. Lo è così tanto da avere già segnato mentalmente un momento nel quale potrebbe passare la mano: durante la pausa di fine anno, quando la legge di Bilancio sarà stata approvata in Parlamento.

 

luigi di maio giuseppe conte matteo salvini giovanni tria

Non si tratta di una decisione già presa - sottolineano varie persone che lo conoscono - quindi Tria potrebbe restare al suo posto come del resto è già successo dopo vari incidenti politici del passato. Una figura dell' amministrazione precisa che il ministro certo non lascia, «per adesso». Ma chi ha parlato con lui racconta di averlo trovato stanco sul piano fisico e mentale ma soprattutto «stufo» di subire dal governo quelli che considera colpi alla sua credibilità.

 

Ultimo in ordine di tempo, il comunicato di Salvini e Di Maio domenica scorsa nel quale i due leader politici ignorano Tria e sottolineano solo la loro fiducia nel premier Giuseppe Conte quale protagonista della trattativa con la Commissione Ue sui conti pubblici. Il dettaglio decisivo di quel comunicato arriva quando i vicepremier rimarcano il ruolo di Conte nel rapporto con colui che sarebbe l' interlocutore istituzionale del ministro dell' Economia: il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici. Proprio come se Tria non esistesse o il suo ruolo non fosse apprezzato nel governo.

il ministro giovanni tria (2)

 

In effetti, a quanto pare, non lo è molto. E non solo per l'estraneità politica e culturale del ministro, coinvolto in circostanze un po' rocambolesche entro una compagine populista e euroscettica. Né solo per l'amarezza di questo economista universitario di 70 anni, che la cui proposta di un deficit all'1,9% del prodotto lordo (Pil) era stata scartata in settembre a Palazzo Chigi eppure ora sembra la sola praticabile per Bruxelles. Pesano in realtà anche gli incidenti più recenti e il loro significato politico-istituzionale.

 

I meno cruenti, ma più significativi, sono le divergenze con Conte stesso. Non sono mai degenerati in uno scontro personale, ma le discussioni fra i due uomini sono state ripetute perché il premier non ha condiviso alcune delle proposte che Tria aveva avanzato per provare a far accettare la manovra di Bilancio alla Commissione Ue.

luigi di maio giovanni tria

 

Il ministro di recente aveva suggerito di nuovo di correggere i saldi di Bilancio con aumenti mirati del gettito sull'Iva, ma Conte ha respinto l'idea con un certo fastidio. Il ministro aveva anche proposto di lasciare l'obiettivo di deficit del 2019 al 2,4% del Pil - troppo per Bruxelles - ma di provare a far accettare la manovra spostando tutte le spese su investimenti che aumentino il potenziale di crescita dell'Italia. Anche qui, il premier ha risposto che il contratto vincola il governo a lavorare sulle pensioni e sul reddito di cittadinanza.

 

C'è però un livello più profondo - potenzialmente più carico di conseguenze - in queste tensioni interne al governo sul rapporto da tenere con la Commissione europea. Perché Tria si sente trattato sempre di più come il capro espiatorio di tutto ciò che non ha funzionato fra Roma e Bruxelles: lui e la sua squadra del ministero dell' Economia, quella che già Casalino aveva aggredito verbalmente quando ancora i piani di Bilancio erano ancora da scrivere.

 

giovanni tria a porta a porta 4

La versione dei vertici politici del governo - fanno notare alcuni nell' amministrazione - è che l' Italia oggi rischia una procedura europea per deficit eccessivo soprattutto perché i tecnici dell' Economia non avrebbero preparato il terreno in modo adeguato, né avrebbero difeso abbastanza la logica della legge di Bilancio.

 

Vista dai palazzi delle istituzioni, non da quelli della politica, la realtà sembra diversa: Tria e la sua squadra finora non hanno potuto scongiurare la minaccia della procedura, perché l' obiettivo di deficit fissato dai politici è troppo alto e i tecnici non hanno ricevuto dal governo un mandato negoziale preciso. La posta in gioco qui è la qualità del processo politico-istituzionale che dovrebbe permettere al Paese di maturare una posizione e difenderla in Europa.

 

giovanni tria a porta a porta 1

A Tria questo ingranaggio sembra ormai diventato disfunzionale, o assente. Il ministro teme di diventare il capro espiatorio per ciò che non ha funzionato, ora che l' accordo sembra possibile ma tutt' altro che scontato. Di qui la tentazione delle dimissioni, sempre che alla fine non svaniscano nell' aria di Roma anche stavolta.

 

2 - REDDITO E QUOTA 100, TRIA APRE A MODIFICHE

Mario Sensini per il “Corriere della Sera”

 

«Qualunque accordo si dovesse trovare con l' Unione europea è subordinato al fatto che non si toccano le priorità del governo e il mantenimento dell' impianto della legge di Bilancio che state discutendo». Il ministro dell' Economia, Giovanni Tria, tenta di rassicurare il Parlamento, dove cresce l' agitazione in attesa dell' eventuale modifica della manovra in funzione di una possibile intesa con la Ue.

conte salvini di maio

 

La soluzione passa per una revisione di Quota 100 e Reddito di cittadinanza, «ma per il momento ci sono solo delle opzioni possibili per un accordo, ma la decisione finale, oltre che tecnica è politica, e ancora non c' è» ha detto Tria, ammettendo tuttavia che il «dialogo con la Ue è sempre più costruttivo».

 

Alla Camera è stato un incontro teso, che ad un certo punto ha rischiato pure di saltare, e che si è concluso con l' abbandono della Commissione da parte del Pd, Forza Italia, FdI e Leu, in pratica tutta l' opposizione. Tria ha prima dovuto attendere una buona mezz' ora che la commissione Bilancio finisse di votare i pareri. Poi si è accesa una discussione sulla natura del suo intervento del ministro, sollecitato da tutti i gruppi.

 

luigi di maio giuseppe conte matteo salvini giovanni tria

«Ho dato disponibilità per un' informativa, non sono in grado di fare un' audizione. Se non siete d' accordo me lo dite e io, non vi offendete, me ne vado» ha detto il ministro, giunto in Parlamento appena sbarcato dall' aereo che da Bruxelles, dove si è svolto un nuovo round sul negoziato, lo ha riportato a Roma.

 

Nel merito del confronto con la Ue Tria ha opposto il massimo riserbo, «anche in accordo con la Commissione». Ma ha confermato che i margini di una possibile intesa possono essere trovati in una riconfigurazione di quota 100 e del reddito di cittadinanza. «Per ora c' è un fondo per il finanziamento di queste misure, ma i loro meccanismi devono essere ancora definiti.

 

Stiamo cercando di capire, attraverso le simulazioni dell' Inps e del ministero se, dettagliandone meglio il funzionamento, queste misure richiedono meno risorse di quelle stanziate nel fondo» ha detto Tria. Aggiungendo che nella possibile revisione della manovra entreranno altre misure, «come le privatizzazioni», e che alcune voci potranno essere modificate, attribuendo ad alcuni investimenti la natura di spesa eccezionale, escludendoli dal deficit.

 

SALVINI CON IL PUPAZZO DI DI MAIO

«Il vostro lavoro non è affatto inutile. Le modifiche, se ci saranno, non lo intaccheranno» ha detto Tria. La commissione ha approvato ieri alcuni emendamenti, elevando a 5 mila euro il tetto di spesa oltre il quale le amministrazioni pubbliche devono ricorrere agli acquisti centralizzati, oggi fissato a mille euro.

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