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I MISTERI DI UNA STRAGE - A GENNAIO LE AUTORITA’ TUNISINE DEFINIVANO IL MUSEO UN “OBIETTIVO SENSIBILE”: PERCHÉ NESSUN GOVERNO É STATO ALLERTATO? PERCHÉ A PROTEGGERE IL "BARDO" C’ERA SOLO UNA GUARDIA ARMATA?

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Marco Imarisio per il “Corriere della Sera”

 

Alina è tornata al mattino presto. Era fuggita dalla porta principale, lasciandosi dietro le urla, gli spari, e quei turisti italiani che stava accompagnando attraverso le meraviglie dell’antichità. Ha 23 anni, è una ragazza di quella primavera del 2011 ormai così lontana. Ora guarda l’ingresso transennato del Bardo, il «suo» museo, che conosce così bene perché vive di questo, facendo la guida culturale. «Non sapremo mai la verità».

 

Il giorno dopo è sempre quello dell’unità nazionale e dei dubbi. Stavolta ce ne sono così tanti che vale la pena metterli in fila, non per fare dietrologia, ma per capire meglio l’attentato di Tunisi, che si porta dietro il peso di 23 morti e una serie di punti oscuri che rivelano la fragilità degli apparati di sicurezza, esorcizzata a mezzo stampa evocando infiltrazioni e forze lontane, quasi a negare nemici e fronti interni. 
 

attacco al museo del bardo a tunisi, strage di turisti 9ec05cattacco al museo del bardo a tunisi, strage di turisti 9ec05c

Gli obiettivi
Gli autori della strage non hanno mai davvero provato a entrare all’Assemblea dei rappresentanti del popolo, il Parlamento tunisino dove mercoledì si discuteva della legge anti-terrorismo. Wafel Bouzi, la guida di un gruppo di turisti spagnoli che viaggiavano sulla Splendida di Msc, dice di aver visto nel parcheggio del museo un giovane sui vent’anni, in abiti civili, senza barba, che teneva in mano un Kalashnikov.

 

«Credevo scherzasse. Poi si è messo a sparare sulla gente che scendeva dal pullman». Sono le 12.30, così ha dichiarato a stampa e forze dell’ordine. Quella è l’ora delle comitive straniere, quando le guide cominciano la giornata di lavoro. In quel momento la deputata Sayda Ounissi in un tweet racconta che un uomo armato è stato visto vicino al Parlamento. Cinque minuti dopo, quando la strage al museo è in corso, un altro tweet. «Panico enorme, ci stanno evacuando» . 
 

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I controlli
Non c’era nessuno, o quasi. Il Bardo, 124 stanze nella ex residenza del bey, il sovrano del XIX secolo, principale attrazione tunisina, a 100 metri dalla sede del Parlamento e di fronte a quella dei servizi segreti, era sorvegliato da una sola guardia armata. Quando i terroristi hanno cominciato a sparare, lo hanno fatto in perfetta solitudine. Nel piazzale che separa l’Assemblea del popolo dal Bardo ci sono due casupole con scritto Polizia. La prima, più vicina al Parlamento, è abbandonata.

 

Sembra un deposito di oggetti da lavoro e giardinaggio. La seconda era vuota anche ieri. Questo potrebbe spiegare come sia stato possibile per i terroristi entrare dalla porta principale portando in spalla due sacche di armi. Secondo le testimonianze il travestimento da poliziotti non sarebbe avvenuto all’esterno ma dentro, dopo una prima sparatoria al pianterreno. 
 

Stato d’allerta
La Tunisia del 18 marzo 2015 avrebbe dovuto essere un Paese a nervi tesi. Dalla primavera 2011 ci sono stati 28 attacchi terroristici per 28 vittime. Il penultimo un mese fa. Era il 18 febbraio, assalto di un gruppo armato alla residenza privata del ministro dell’Interno, uccisi 4 agenti.

 

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Due giorni prima dell’attentato al museo era apparso un messaggio del gruppo Katibet Okba Ibn Nafaa, sostenitore del Califfato islamico: prometteva uno «choc per i falsi devoti, in particolare i più marci tra loro, gli uomini di cultura». Nella relazione governativa sulla sicurezza presentata al Parlamento a gennaio il museo del Bardo era definito come «obiettivo altamente sensibile». Ma nessuna comunicazione di questo genere è mai giunta ai governi stranieri e alle compagnie che organizzano viaggi turistici a Tunisi. 
 

Uno strano documento
A leggerlo fa impressione. «I due sono scesi dall’autobus, passando davanti al commissariato di Polizia degli infedeli e al centro dei servizi segreti tirannici. Si sono seduti, per riflettere. Hanno depositato la valigia con le armi e le bombe nel deposito bagagli della stazione. Sono andati per una prima perlustrazione del luogo. Sono tornati a prendere la valigia. Hanno lanciato contro i poliziotti una bomba a mano e poi hanno diretto il loro mitra contro gli infedeli originari.

 

spari dentro al museo bardo di tunisispari dentro al museo bardo di tunisi

Così è cominciata l’epica azione». È apparso su un sito di simpatie jihadiste, anonimo, da prendere con le molle. Ma molto informato. L’autore sottolinea che è stata un’azione spontanea, armi a prezzo accessibile, nessun addestramento particolare. Come a dire che può rifarlo chiunque, in ogni momento. Volevano dimostrare che la Tunisia è vulnerabile. Ci sono riusciti. 

un sostenitore isis esulta per la morte di francesco caldara vittima a tunisiun sostenitore isis esulta per la morte di francesco caldara vittima a tunisi

 

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