LIBIAMO? MA ANCHE NO - LA MORTE DI GHEDDAFI APRE LE PORTE AD UNA PACIFICAZIONE LACRIME E SANGUE - ALLA RIVOLTA CONTRO IL REGIME HANNO PRESO PARTE ANCHE GRUPPI ESTREMISTI CHE ORA PASSERANNO ALLA CASSA - COME SE NON BASTASSE, GLI 007 DEL RAIS AVREBBERO VENDUTO A GRUPPI QAEDISTI 12.500 MISSILI SAM 7 DI FABBRICAZIONE SOVIETICA - MENO MALE CHE SILVIO C’È: LA TORTA DELLA RICOSTRUZIONE È GIÀ IN MANI ANGLO-FRANCESI, ALLA FACCIA DELL’ITALIA DEL BUNGA…

Gianni Cipriani per Globalist.ch

Si avvicinano i dieci anni dalla liberazione o, meglio, dall'occupazione dell'Afghanistan, dove le forze occidentali andarono per portare la democrazia (che non è ancora esattamente arrivata.) ma soprattutto per liberare il paese dai talebani, che a loro volta proteggevano Al Qaeda.

In questi dieci anni, di fronte all'evidente fallimento delle missioni e dopo ogni morte di un soldato, il ritornello era: stiamo in Afghanistan per impedire il ritorno del terrorismo internazionale. Bugia utile per disinformare un'opinione pubblica che, giustamente, poco o nulla sa delle dinamiche dei network terroristici e crede più all'uomo nero che alla verità.

Peccato che, proprio mentre i nostri soldati muoiono in Afghanistan per prevenire il ritorno di Al Qaeda (almeno questo si continua a dire) la Nato e le forze occidentali, inseguendo il miraggio di nuovi business e nuovi appalti per la ricostruzione, nella guerra libica stanno sostenendo una "liberazione" all'interno della quale giorno dopo giorno trovano sempre più spazio i gruppi filo-qaedisti e salafiti, ossia proprio coloro additati come il pericolo numero uno dopo l'11 settembre. Ed infatti il futuro della Libia è tutt'altro che certo. Democratica? Non sarà semplice. Unità? Non sarà semplice. Libera da un nuovo fondamentalismo? Non sarà semplice. Un nuovo Iraq? Potrebbe non essere una possibilità remota.

Il giallo dei missili spariti. Secondo la Cnt e secondo le analisi degli esperti militari, all'appello mancherebbero 12.500 missili Sam 7 di fabbricazione sovietica che dovevano essere nei depositi militari di Gheddafi. Dove sono finiti? L'ipotesi principale è che alcuni 007 di Gheddafi, vista l'imminente fine del regime, abbiamo pensato bene di fare cassa e li abbiano venduti ad alcuni gruppi legati ad Al Qaeda del Niger. Una vendita last minute, prima di scappare.

Il rapporto ambiguo Cnt-salafiti. Tra coloro che hanno preso le armi contro Gheddafi ci sono anche numerosi combattenti che si ispirano al salafismo e che fanno parte di gruppetti che al momento sono rimasti fuori sia dal governo provvisorio sia dai governi locali. Utili prima e pericolosi adesso. Tra questi c'è il capo dei salafiti di Tripoli, Suffian detto al Gomma, che è stato recentemente arrestato dagli uomini della Cnt e portato a Bengasi per essere interrogato.

Lo sospettavano di avere la disponibilità di alcuni di quei missili, che sarebbero stati nascosti nella zona di Darnah, cittadina della parte orientale del paese. L'interrogatorio di Suffian non ha portato a nulla di utile sulla risoluzione del giallo. Ma l'uomo ha detto che, se lasciato libero, andrà via dalla Libia per combattere in Afghanistan.
Dentro la Cnt si interrogano: qualcuno vorrebbe uccidere Suffian e quelli come lui. Altri si oppongono temendo una accelerazione di una nuova guerra civile che sembra alle porte.
Nel frattempo le nuove autorità libiche stanno dietro a un altro capo militare, Abdal al Faragiani, altro sospettato di avere alcuni di quei missili.

Il gruppo filo-qaedista di Tripoli. Con il silenzio-assenso della Cnt, a Tripoli si è formata una milizia irregolare incontrollabile e ben armata composta da circa 200 uomini, alcuni dei quali veterani dell'Afghanistan. La Cnt ha di fatto delegato a questo gruppo il controllo dell'ordine pubblico in alcune aree di Tripoli. Ma non mancano i rischi: i 200, per quanto filo qaedisti, cercano di dissimulare la loro posizione. E l'allarme (inascoltato) lanciato dagli osservatori più attenti è che esponenti dei gruppi filo-qaedisti e salafiti cerchino di entrare, anzi di infiltrarsi, nei nuovi ranghi dell'esercito e dei servizi segreti. Se così avvenisse ci verificherebbe una situazione modello Pakistan, dove una parte dell'Isi è alleata dell'occidente e l'altra la combatte. Situazione potenzialmente esplosiva.

Business e servizi segreti. Per l'Italia, perdonate la metafora post-gheddafiana - la nuova Libia significa Bunga Bunga. Colpa di un leader screditato a livello internazionale, Berlusconi e di un ministro degli Esteri altrettanto non stimato e considerato, Frattini e del fatto che l'Italia è diventata la barzelletta internazionale, tanto che Obama ha ringraziato tutti meno che noi. Francia e Gran Bretagna hanno stretto una sorta di "patto libico" per spartirsi i bocconi più prelibati.

Per l'Italia solo botte e un memorandum di cooperazione che Jalil non ha nemmeno firmato, dal momento che non poteva concedere a noi quello che ha già venduto agli altri. Anche gli 007 sono molto più impegnati a fare la guerra all'Italia che ad Al Qaeda (gli affari prima di tutto) e l'unica fortuna viene dal fatto che, nonostante Berlusconi e Frattini, negli ultimi tempi c'è stata una netta ripresa delle attività operative italiane sul campo, che al momento stanno scongiurando il tracollo. Ma l'intelligence senza alle spalle un governo autorevole e forte è comunque indebolita e circondata.

Ad ogni modo, come appare chiaro ogni giorno, prima gli affari, poi la democrazia e la sicurezza. E se Parigi valeva bene una messa, i pozzi petroliferi valgono bene il ritorno di Al Qaeda. Al massimo si potrà fare l'invasione-bis della Libia per "liberarla" dal fondamentalismo islamico. E poi spartirsi una nuova ricostruzione. Tuttavia la speranza di una Libia unita e democratica non è ancora del tutto svanita. Ma ci sarebbe bisogno di un deciso cambio di rotta, che al momento nessuno vede.

 

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