SECONDI FINI - NON È CHE LA FONDAZIONE “LIBERADESTRA” SERVE A FINI PER TORNARE IN POLITICA, SFRUTTANDO LE DIVISIONI DEGLI EX AN?

Tommaso Ciriaco per "la Repubblica"

In pensione, anzi no. Gianfranco Fini è tornato, dopo mesi trascorsi in cima alle macerie della destra, silente a contemplare il disastro. La scintilla è stata un libro, scritto per lenire l'horror vacui post elettorale. Poi una Fondazione, un tour per presentare Il ventennio
- oggi fa tappa a Roma - interviste tv, incursioni alla stampa estera, mille tweet.

Il cammino, insomma, è ripreso. Per andare dove, ancora non si sa. Molto dipenderà dai "gioielli" ospitati nella cassaforte della Fondazione An. Un immenso patrimonio - ancora congelato - attorno al quale orbitano tutti gli eredi missini. Nel cda ci sono tutti, dai finiani a La Russa, da Alemanno a Gasparri e Matteoli.

Da un patto tra le correnti arriverebbe benzina utile a far ripartire le schegge della destra che fu. E a breve, nel consiglio d'amministrazione, farà capolino anche Giorgia Meloni.
Piegata dal berlusconismo, la galassia finiana ha ripreso lentamente fiato. In fondo, il Cavaliere è ormai pregiudicato e la sua decadenza a un passo.

Per adesso, Fini fa leva soprattutto sulla Fondazione Liberadestra. Non promette un partito, solo un «megafono» per formare «leader di domani». E sul web fa scouting: «Chi ne vuol sapere di più ci contatti - è l'appello lanciato nelle ultime ore - almeno la risposta è garantita».

In realtà la Rete finiana non si è mai del tutto sciolta. Ad accompagnarlo nella nuova sfida è l'amico di una vita, l'avvocato Giuseppe Consolo. Con lui, nel board della Fondazione c'è Mario Ciampi (già in FareFuturo) Pierluigi Scibetta e Antonietta Masino, che sull'ex leader Fli ha scritto una tesi. Tutti gli altri ex parlamentari sono banditi dal timone di Liberadestra.

Eppure, anche altri finiani sono in movimento. Uno è Daniele Toto, a capo dell'associazione Blu. Un altro è Roberto Menia, con Francesco Storace e Antonio Buonfiglio impegnato nella costruzione del "Movimento per An". E poi c'è Italo Bocchino. Collabora con l'imprenditore Alfredo Romeo, ma è stato "selezionato" per assegnare le risorse - un milione di euro - che la Fondazione An destinerà a nuovi progetti "di destra".

Il simbolo di An, si diceva. Lo reclamano Storace e Menia, non intende concederlo Meloni. Piuttosto, Fratelli d'Italia potrebbe inserirlo nel proprio logo in occasione del congresso. Si terrà il prossimo 27 gennaio, data che rievoca la fondazione di An nel 1995. Berlusconi, per ora, osserva.

Spesso ha soffiato sul fuoco della frammentazione, da sempre è sponsor del ritorno all'antico tandem FI-An. Alcune settimane fa ha ricevuto Storace, facendo fibrillare il resto della galassia di destra. «Il Cavaliere - ricorda Fabio Rampelli, regista di Fratelli d'Italia - ha rifatto FI, gli farebbe senz'altro comodo che nascesse una nuova An, legittimerebbe la sua operazione nostalgia. Ma non accadrà, anche se Fini stesso lo vorrebbe».

 

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