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TUTTI A BERLINO! IL VICE DELLA MERKEL, SIGMAR GABRIEL, LA SPARA: “POSSIAMO ACCOGLIERE OGNI ANNO 500 MILA PROFUGHI” - LA MERKEL CHIEDE PERÒ QUOTE VINCOLANTI ALL'UE - OGGI JUNCKER PRESENTA IL SUO PIANO PER LA RIPARTIZIONE DEI MIGRANTI MA I PAESI DELL’EST NON NE VOGLIONO SAPERE

Tonia Mastrobuoni Marco Zatterin per “la Stampa”

 

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Il contrasto non potrebbe essere più grande. Nelle stesse ore in cui Angela Merkel e Stefan Lofven, capi di governo di Germania e Svezia, due dei Paesi più generosi con i profughi, facevano sapere che la crisi dei rifugiati «va risolta nello spirito della solidarietà europea», Viktor Orban accelerava la costruzione del muro lungo la frontiera con la Serbia. Soprattutto riferendosi al premier ungherese e al quartetto dei Paesi dell’Est – Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia oltre appunto all’Ungheria, il quartetto del gruppo «Visegrad» – che frenano sulle quote obbligatorie, Merkel ha ribadito la necessità che l’onere venga «distribuito equamente e obbligatoriamente» tra tutti i Paesi Ue.

 

Un piano per la ripartizione di 120mila rifugiati da Grecia, Italia e Ungheria c’è già e toccherà al presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker illustrarlo oggi a Strasburgo al Parlamento europeo riunito in sessione plenaria.

 

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SIGMAR GABRIEL SIGMAR GABRIEL

Quote necessarie anche perché, come ha sottolineato ieri Angela Merkel, «né l’Italia né la Grecia possono prendersi tutti quelli che attraversano il Mediterraneo». Se Renzi, in un colloquio telefonico lunedì con la Merkel, aveva parlato di «un cambio di passo e di segno significativo» nelle politiche sull’immigrazione europee, ieri la cancelliera - con al fianco Lofven, ha ripetuto la necessità di «quote vincolanti, che siano distribuite equamente» ed evidenziato «come «al momento siamo lontanissimo da questa divisione».

 

MEZZO MILIONE ALL’ANNO

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Mentre da una parte si prepara al duello europeo che inevitabilmente il piano Juncker innescherà, dall’altra la Germania, a conferma della generosità dimostrata negli ultimi giorni, ha fatto sapere che potrà assorbire fino a 500mila profughi all’anno. «Credo che possiamo farcela ad accogliere mezzo milione di persone per alcuni anni», ha sottolineato il capo della Spd e vicecancelliere Sigmar Gabriel.

 

Quest’anno, secondo le dichiarazioni della stessa cancelliera, Berlino si prepara ad assorbire 800mila profughi. Tuttavia sia il governo tedesco sia quello austriaco hanno ribadito ieri che gli enormi flussi di profughi arrivati in Austria e Germania in questi giorni devono rimanere un’eccezione: «Passo dopo passo, dobbiamo passare da misure di emergenza a una normalità che sia compatibile con la legge», ha precisato il cancelliere austriaco Werner Faymann.

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LA STRATEGIA DI JUNCKER

A Strasburgo è tutto pronto per lo «stato dell’Unione europeo» di questa mattina. Juncker ci arriva con l’approvazione, ieri pomeriggio da parte della Commissione Ue, del nuovo pacchetto di proposte per affrontare il dramma delle migrazioni. Nessuna sorpresa rispetto alla indiscrezioni. Viene proposta la ripartizione d’emergenza fra gli Stati di 120 mila rifugiati aventi diritto alla protezione internazionale (siriani ed eritrei, in particolare), prelevati da Grecia, Italia e Ungheria. Il totale dei riallocati sale così, con le decisioni di luglio, a 160mila (39.600 verranno dall’Italia).

 

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Avanza la riforma del regolamento di Dublino sull’asilo, passo destinato a rendere permanente il meccanismo di ripartizione vincolante. Viene previsto che i paesi non disposti ad accogliere i migranti, possano scamparla versando lo 0,002% del Pil in uno speciale fondo: la formula, accusata di «finanziarizzare il principio della responsabilità», ha raccolto critiche in collegio. Via libera pure al manuale che accelera i rimpatri, alla lista dei paesi sicuri in cui rispedire chi non ha diritto di restare, al rafforzamento di Frontex e al Fondo da 1,7 miliardi per cercare di bonificare le rotte della migrazione nel Sahel e nell’Africa subsahariana.

 

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IL FRONTE DEGLI SCETTICI

Nel suo primo discorso sullo «stato dell’Unione», Juncker vuole dare il tono politico più alto alla sfida con cui invita a gestire la marea umana che fugge dalle guerre. Poi il pacchetto di misure volerà sul tavolo degli sherpa dei Ventotto a Bruxelles, quindi ai ministri degli Interni che si vedono lunedì. Una nota del Consiglio ricorda che c’è già un altro incontro fissato per l’8 ottobre. Come dire, «non abbiate fretta».

 

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Difficile un’intesa rapida, salvo miracoli. Il blocco di Visegrad osteggia con forza ogni ripartizione vincolante. Si parla di un vertice dei leader Ue a breve, ma il capo del Consiglio, il polacco Tusk, vuole evitare di convocare una riunione senza soluzione già definita o quasi. Lo terrorizza, raccontano fonti diplomatiche, l’idea di un’altra notte di discussioni infinite dalla quale l’Ue perderebbe la faccia come in giugno. Lui è cauto, la Merkel spinge. È un potenziale braccio di ferro politico con pochi precedenti.

 

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