ENRICO LETTA SI È RISVEGLIATO! SERVIVA IL SUO ANNUNCIO DI "PENSIONAMENTO" (E UN LIBRO DA PROMUOVERE): "MATTEO NON METTA LA FIDUCIA SULL'ITALICUM, DEL PD RESTEREBBERO MACERIE" - OGGI SI VOTANO LE PREGIUDIZIALI, LA MINORANZA DEM PROMETTE BATTAGLIA
1.ITALICUM: CAMERA, OGGI I PRIMO VOTI, REBUS FIDUCIA
(ANSA) - L'Italicum affronterà il suo primo scoglio alla Camera ad ora di pranzo. Poco prima delle 13 sono previste nell'Aula della Camera le votazioni sulle pregiudiziali di costituzionalità e di merito presentate dalle opposizioni sulla legge elettorale. Votazioni delicate, visto che si terranno a scrutinio segreto. Se le pregiudiziali fossero approvate, equivarrebbero all'affossamento dell'Italicum.
Fin dalla prima mattinata alla Camera fervono gli incontri tra la maggioranza e la minoranza del Pd. A lungo sono stati visti discutere passeggiando per il Transatlantico il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini e Andrea Giorgis, il costituzionalista della minoranza che non intende sostenere l'italicum. Non è ancora chiaro se e quando il governo deciderà di blindare con la fiducia la legge elettorale. Secondo la 'Velina Rossa', l'agenzia di Pasquale Laurito, potrebbe essere posta direttamente nel pomeriggio.
2.PREMIER OFFENSIVO, MEDIARE SI PUO’
Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
Nell’anticipo della battaglia sull’Italicum, fatto a colpi di lettere e documenti, la minoranza pd tiene a far notare che alla missiva in cui Renzi affida alla legge elettorale la dignità del partito, hanno risposto con solerzia solo i segretari regionali. Molti di quelli provinciali si sono rifiutati (nessuna controlettera è stata pubblicata a loro nome). E anche quello della Basilicata, fedele al dimissionario Roberto Speranza, non ha voluto firmare. «Dignità è un concetto profondo ed è offensivo usarlo a fini di polemica interna», scrive in un documento Sinistradem, invitando a uno sforzo ulteriore perché «la mediazione è ancora possibile».
«È una conta che dimostra l’assenza di cultura politica dello stare insieme», dice il bersaniano Nico Stumpo. E continua: «Hanno evitato la vergogna della fiducia sulle pregiudiziali, metterla sulla legge sarebbe di una violenza inaccettabile».
Sono in molti a pensarla così: Rosy Bindi lo dice in aula, Enrico Letta va ad Otto e mezzo. Ma nella minoranza continuano i distinguo: ieri il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, bersaniano, ha ricordato come la riforma elettorale sia molto migliorata grazie al lavoro dei non renziani, e si è augurato che il Pd sia compatto nel chiudere la partita. Mentre Ileana Argentin, cuperliana, ha annunciato il suo sì (invitando tutti a «pensare agli altri problemi degli italiani»).
Premio Guido Carli Dario Ginefra Laura Ravetto
Come avevano già fatto Dario Ginefra, Elena Carnevali. E come ha lasciato intendere Cesare Damiano, pur invitando ad evitare la fiducia. In Transatlantico, si parla di possibili offerte proprio a Damiano o a Enzo Amendola come prossimi capigruppo. «Un tentativo di dividerci che è solo un segnale di debolezza», dicono gli altri. «Loro non si presterebbero mai», sostiene sicuro Davide Zoggia. Ma già nel pomeriggio, su un divanetto della Camera, ancor prima che il vicecapogruppo reggente Ettore Rosato annunciasse che l’assemblea per il nuovo capogruppo si terrà dopo il voto sull’Italicum, Enzo Lattuca e Giuseppe Lauricella alludevano a quella casella lasciata appositamente vuota per chi si mostrerà fedele.
cesare damiano manifestazione cgil
Una cosa è certa: oggi, quando si voterà sulle pregiudiziali, le minoranze pd saranno compatte nel respingerle. «Non regaleremo alibi a Renzi», spiegano. «Non cerchiamo risse — dice Zoggia — anche se la lettera del premier cerca di dividere il partito, noi lavoreremo fino all’ultimo perché non accada». In aula, Rosy Bindi attacca: «Sento parlare di voto di fiducia, come per la legge Acerbo o la legge truffa. Sento addirittura parlare di fiducia sulle pregiudiziali, come su un decreto fiscale degli anni ‘80. Questo è un vulnus terribile nei confronti del Parlamento, pericoloso per la qualità della democrazia ».
Sono le stesse parole di Stefano Fassina. Mentre Letta, a Otto e mezzo, definisce la fiducia un errore: «È nella responsabilità del premier creare la condizione di evitare le macerie. Non è una vittoria approvare la riforma con le opposizioni fuori dall’aula». Il suo voto dipenderà «dall’atteggiamento sulla fiducia e dal merito della riforma». Poi rivela quel che si rimprovera riguardo alla caduta del suo governo: «Un po’ di ingenuità».
3.LETTA: SARO’ A MONTECITORIO. MATTEO EVITI LE MACERIE
Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
«La fiducia sarebbe un errore, spero che Renzi non la metta». Il monito di Enrico Letta piove su Palazzo Chigi con il temporale della sera, quando arrivano le anticipazioni dallo studio tv di Lilli Gruber. «Penso sia nella responsabilità e nell’interesse di Renzi evitare le macerie» avverte l’ex premier, evocando il rischio di conseguenze irreparabili: «Non mi sembra una gran vittoria approvare la riforma con tutte le opposizioni fuori dall’Aula». E poi, richiamando il successore ai compiti del suo doppio ruolo: «Il problema è nelle mani del premier e leader del Pd, che se vuole può vincere. Su un passaggio così delicato dovrebbe avere una maggioranza larga. Tre volte si sono fatte le riforme a colpi di maggioranza ed è stato un fallimento».
Letta giudica una forzatura l’aut aut sulle regole del gioco. Non diserterà l’Aula, ma il suo sì non è scontato: «Come voterò? Dipende dall’atteggiamento sulla fiducia e dal merito della riforma». C’è anche il tempo per fare una «profonda autocritica» e ammettere che avrebbe dovuto guardarsi le spalle per non cadere: «L’errore più grave è stato non capire che c’era stato un cambio di fase e che anch’io avrei dovuto cambiare. Sono stato ingenuo».
RENZI E LETTA ALL ASSEMBLEA NAZIONALE PD
È una critica a tutto campo quella dell’autore di Andare insieme, andare lontano , scritto per marcare la distanza da un premier «audace», aiutato dalla fortuna. «Letta e Prodi mi criticano perché hanno due libri in uscita», aveva bacchettato Matteo. Ed ecco la replica di Enrico: «Una frase del genere qualifica chi la fa. Applica le sue categorie mentali». Se ha paragonato Renzi al metadone non è stato per togliersi sassolini dalla scarpa, ma per usare «il linguaggio che gli italiani capiscono».
RENZI E LETTA ALL ASSEMBLEA NAZIONALE PD
E non si è pentito: «Non bisogna esagerare con il reale percepito. Sulla scuola si fanno tante promesse e poi il 5 maggio c’è sciopero». La sfida è appena iniziata e Letta rettifica i tempi dell’uscita dal Parlamento. Per sentirsi ancor più libero di fare il controcanto a Renzi si dimetterà «nelle prossime settimane». Lascerà il Pd? «No, no, no. Non mi dimetto dalla politica. Ma non mi candido a nulla». Da quando non sente Renzi? «Non ricordo». E perché aveva annunciato le dimissioni per il 1° settembre? «È la data in cui andrò a dirigere la scuola di affari internazionali Sciences Po». E a chi ha insinuato che volesse maturare il vitalizio, risponde col sorriso: «Tutte stupidaggini».