UN PAESE SENZA (TURISTE): ‘’L’INDIA E’ UN PAESE A RISCHIO MOLESTIE”
Alessandra Muglia per "Il Corriere della Sera"
L'India paga il conto dello sdegno internazionale suscitato dai recenti casi di violenza sulle donne. Negli ultimi tre mesi, quelli di alta stagione per il subcontinente, si è verificato un fuggi fuggi di turiste straniere: il 35% in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, rileva un'indagine dell'associazione delle Camere di commercio indiane Assocham che ha interpellato 1.200 operatori turistici di diverse città .
In caduta libera anche i viaggiatori uomini, la flessione totale è del 25%. E non è tanto effetto della crisi: secondo la stessa indagine molti turisti vengono «dirottati» verso altri Paesi asiatici come Malaysia, Indonesia, Thailandia e Vietnam. La destinazione più evitata è New Delhi, ma la percezione di pericolo è alta anche nelle altre principali città (Mumbai, Chennai, Pune, Bangalore e Hyderabad) oltre che nelle tradizionali mete turistiche, Agra con il suo Taj Mahal e la «città rosa» di Jaipur nel Rajasthan.
La violenza nei confronti delle donne in India non è certo un fenomeno recente: da tempo si stima che vi si verifichi uno stupro ogni 40 minuti. Ma è come se il mondo se ne fosse accorto dopo il clamore suscitato dalla violenza di gruppo che ha portato alla morte di una ragazza di 23 anni lo scorso dicembre a New Delhi. Nirbhaya (così l'hanno ribattezzata i giornali locali) si trovava su un bus di linea con un amico quando è stata aggredita da sei ragazzi ubriachi.
Una violenza uscita dall'anonimato delle statistiche, che ha mobilitato le coscienze portando nelle piazze migliaia di donne (e uomini) ed è rimbalzata sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Così la reputazione del Paese dalla straordinaria crescita economica è stata gravemente danneggiata.
Di fronte a questa emergenza, il governo e la magistratura indiani hanno cercato di correre ai ripari, istituendo tribunali speciali in tutti gli Stati dove i responsabili di violenze sessuali verranno processati per direttissima per violazione dell'articolo 176 del codice penale indiano che, appunto, punisce il reato di stupro. Il governo ha depositato un progetto di legge che prevede fino a vent'anni di reclusione e la pena capitale in caso di morte della vittima.
Ci sono stati i primi arresti, ed è stato squarciato il velo dell'impunità in un Paese dove a nascondersi, finora, erano soprattutto le vittime. Dopo Nirbhaya altre storie di violenza sono emerse. L'ultima a marzo, con una campeggiatrice svizzera violentata da un gruppo di giovani in un villaggio a Madhya Pradesh.
Oltre alla reputazione, a essere danneggiato è un settore chiave dell'economia del Paese: il turismo rappresenta il 6 per cento del Pil e assorbe il 10 per cento della forza lavoro (in regola). Nonostante la crisi mondiale nel 2012 i 6,6 milioni di visitatori stranieri hanno portato nelle casse indiane 17,7 miliardi di dollari. E se all'indomani del clamore, mentre si moltiplicavano gli allarmi delle ambasciate e i «travel advisory» (avvertimenti per il viaggio) emanati online da molti Paesi, il ministero del Turismo indiano negava ogni impatto ed escludeva «cancellazioni nelle prenotazioni», le cose sono poi andate diversamente.
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