HOLLANDE, FESTINA LENTE - PASSATI 100 GIORNI DALL’INSEDIAMENTO, È TEMPO DI BILANCI - DOPO GLI ECCESSI BLING BLING DEL SARKONANO, A PARTE I TWEET DELLA COMPAGNA, “BUDINO” È STATO VIVACE COME UN SEMOLINO - LA SUA “NORMALITÀ” NON SI SPOSA CON LA GRANDEUR TIPICA DEI FRANCESI, E IN UN MOMENTO DEL GENERE CI SI ASPETTEREBBE UNA REAZIONE PIÙ VIVACE - MA IN POLITICA ESTERA SI È FATTO SENTIRE, ROMPENDO L’ASSE CON BERLINO…
Bernardo Valli per "La Repubblica"
Chi arriva dall'Italia, in guerra con gli speculatori e con i propri radicati difetti, e assillata dai bollettini finanziari, non trova in Francia la stessa palpabile angoscia.
Avverte piuttosto, col tempo, una specie di torpore inquieto, venato di incertezza, come se il Paese sentisse pericoli in arrivo, senza poterli o volerli precisare. La stabilità politica parigina, l'efficienza delle strutture statali, impongono un certo rispetto ai mercati. Servono a tenerli a bada, a contenere la loro aggressività , che non risparmia i Paesi del Sud. Ne è la prova il fatto che gli interessi sul debito si mantengono a livelli tedeschi, anche se la contabilità nazionale non si differenzia troppo da quella italiana.
Alcuni osservatori d'Oltremanica ricorrono alla storia per spiegare la situazione francese: ricordano curiosamente, non senza perfidia, la linea Maginot: il sistema difensivo di cui la Francia era fiera, e dietro il quale si sentiva al sicuro di fronte alla Germania nazista, ma che le truppe tedesche sfondarono o aggirarono con un'improvvisa offensiva nel 1940. Insomma, stando ai cinici sguardi britannici, la Francia immersa in un tormentato torpore si illuderebbe di essere al riparo, mentre rischia di essere investita in pieno dalla bufera finanziaria. In realtà l'inquietudine c'è. La si può toccare. La senti. Ed è inevitabile che raggiunga la figura del monarca repubblicano, che ferisca la sua immagine, che influisca sulla sua popolarità .
Per cinque anni, grazie al mandato affidatogli dal suffragio universale diretto, egli detiene vasti poteri. E quindi su di lui si scaricano, come su un parafulmine, le preoccupazioni dei cittadini della Quinta Repubblica. Eletto lo scorso sei maggio, François Hollande è arrivato al suo centesimo giorno di presidenza. E rientra nella tradizione che si faccia in questa occasione un bilancio. Va detto subito che il risultato non conduce né alla gloria né all'ignominia. E' dignitoso.
In fondo è proprio quello che Hollande si proponeva succedendo al vulcanico Nicolas Sarkozy. In un'ottica francese, i suoi primi cento giorni non sono stati esaltanti, ma appunto dignitosi, per certi aspetti scoloriti; ma sono stati senz'altro più che dignitosi, per tanti aspetti positivi, in un'ottica europea. Che è in definitiva la nostra.
Non si deve dare troppo credito a chi sostiene che la luna di miele con il paese di cui gode di solito il presidente neo eletto sia finita. François Hollande non ha mai conosciuto una vera luna di miele con la sua opinione pubblica. Come François Mitterrand, il solo presidente di sinistra prima di lui ad essersi insediato nel Palazzo dell'Eliseo, ha costruito il successo con la tenacia, con la resistenza di un fondista, e offrendo un'immagine opposta a quella di Nicolas Sarkozy. La sua elezione non è avvenuta tuttavia con lo slancio del 1981, l'anno della vittoria di Mitterrand.
Nella primavera del 2012, né il personaggio, né il suo programma, hanno suscitato una vasta adesione popolare. Sostenere che è stato eletto dalle circostanze (ad esempio il suicidio politico di Strauss-Kahn, che ha eliminato quello che sembrava il candidato ideale della sinistra) non significa ridimensionare il valore della presidenza attuale, conquistata con un risultato netto, incontestato, che la sinistra europea ha accolto come un grande evento.
Ma un risultato non certo trionfale (51,63 %). Anche se poi confortato dal risultato
delle legislative in cui la sinistra ha conquistato la maggioranza assoluta dei seggi all'Assemblea nazionale. Tanti successi elettorali sono dovuti più alle sconfitte degli avversari che ai meriti dei vincitori. Presentandosi come un presidente «normale» François Hollande ha adottato una tattica che si basava, con intelligenza, sull'immagine negativa di Nicolas Sarkozy, più che su un progetto o su una speranza.
Su questo terreno, arrivato al potere, è stato coerente. Non ha dato spettacolo come il predecessore. Ha rovesciato l'immagine del presidente nella Quinta Repubblica. Si individua in Hollande una traccia mitterrandiana; ma il comportamento ricorda anzitutto quello di Pierre Mendès-France, personaggio esemplare, per la riservatezza e la competenza, della passata società politica parigina; e in lui è evidente anche il senso morale del suo maestro, il socialista cristiano Jacques Delors.
Hollande ha adottato un profilo non basso ma rispettoso. Lascia governare il primo ministro, l'altrettanto dignitoso e riservato Jean-Marc Ayrault; i suoi interventi sono puntuali ma non precipitosi, sono precisi e avvengono dopo profonde consultazioni; rispetta il protocollo, non si comporta come un monarca capriccioso; non usa il palazzo dell'Eliseo come una reggia dove i sudditi repubblicani vanno a inchinarsi davanti al principe; non convoca le telecamere quando si rivolge al paese, va di persona nello studio televisivo; insomma si muove senza pompa, con discrezione, ma senza venire meno alle regole inerenti alla funzione presidenziale.
Dopo la droga Sarkozy, il suo comportamento ha suscitato consensi. à stata come una cura di disintossicazione. Ma col tempo la sua pacatezza può avere un effetto anestetizzante (dice il sociologo Denis Muzet). Rischia di annoiare o di apparire un sintomo di passività , in una società severa verso gli eccessi e l'esibizionismo, ma che affida allo Stato, e dunque alla sua massima espressione quale è il presidente, un ruolo particolare. Compreso quello di rappresentarla con una certa prestanza, con gagliardia, anche sulla ribalta internazionale.
Persino a sinistra capita di raccogliere critiche sullo stile «troppo normale» del presidente. Lo si definisce «pépère», cioé tranquillo. Troppo tranquillo in una situazione di crisi interna, economica e finanziaria, con la Banca di Francia che annuncia la recessione; e di crisi internazionale, con la guerra civile siriana che rischia di far esplodere il Medio Oriente.
In questo contesto il presidente dovrebbe sprigionare più energia, infondere dinamismo, promuovere iniziative, non apparire prigioniero di un attendismo demoralizzante per il paese. Non essere la semplice espressione dell'inquieto torpore nazionale. Insomma, dopo l'insopportabile esibizionismo di Nicolas Sarkozy, la riservatezza di François Hollande non garba a tutti.
Ho dato la parola agli avvocati del diavolo che giudicano i primi cento giorni di François Hollande non abbastanza incisivi. Ma la loro requisitoria non vale per quel che riguarda la politica europea, dove il presidente francese ha compiuto un'operazione di grande rilievo: ha spezzato l'asse Parigi-Berlino in cui Nicolas Sarkozy si trovava in una posizione subordinata, e ha contribuito in modo determinante, insieme all'Italia e alla Spagna, a far adottare ad Angela Merkel una linea di crescita economica, che si spera sarà confermata nel vicino futuro. Anche grazie a Hollande i rapporti tra gli europei sono cambiati.
Il 57 per cento dei francesi riconosce che François Hollande ha mantenuto gran parte degli impegni elettorali. Ma sono più severi nel giudicare la sua capacità di combattere la disoccupazione (10,1%), di ridurre il debito sovrano (non lontano dal 90% del pil), e di combattere l'immigrazione clandestina.
Come promesso, i salari dei ministri e del capo dello Stato sono stati ridotti del 30 per cento; quelli dei dirigenti di aziende pubbliche non dovranno superare 450 mila euro all'anno; l'età della pensione, per chi ha un importante passato di contributi, è stata ricondotta a sessant'anni; sono stati assunti mille insegnanti per le scuole elementari, dove il precedente governo aveva ridotto gli effettivi; molti provvedimenti dell'epoca Sarkozy, giudicati favorevoli alle classi privilegiate, come il ribasso delle imposte di successione o l'aumento « sociale » dell'Iva, sono stati aboliti. Ma il bing bang fiscale è previsto in autunno, quando saranno aumentate le imposte sui redditi, fino a portare al 75% quelle sui redditi superiori a un milione.
Inoltre, per promuovere le riforme, Hollande ha lanciato una grande conferenza sociale, cominciata con sette riunioni, ciascuna con una tema particolare e presieduta da un ministro. L'obiettivo è di avviare un dialogo sul modello tedesco, tra le organizzazioni padronali e i sindacati, in una Francia dove è soprattutto lo Stato che adesso determina le condizioni di lavoro. à stato un primo lento passo verso l'equilibrio tra giustizia sociale e competitività che Hollande si propone di realizzare. E che è la sua grande ambizione.












